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Intervista concessa dal Prelato dell'Opus Dei al quotidiano "Corriere della Sera", di Milano, e pubblicata il 7 dicembre 1985:

1. Si parla spesso del "potere" dell'Opus Dei e della sua "organizzazione". Che cos'è l'Opus Dei? Quali finalità ha?

Sì, è vero, abbiamo molto "potere", ma in un senso che può deludere qualcuno. Quanto a noi, non siamo nulla, ma con noi —che vogliamo essere membra vive della Chiesa— c'è l'efficacia redentrice di Cristo, c'è l'"onnipotenza supplicante" di Maria, c'è l'intercessione del nostro Fondatore che dal Cielo veglia sull'Opera che Dio gli ha ispirato il 2 ottobre 1928. Con questo "potere" realizziamo il fine della Prelatura Opus Dei.

2. Che cos'è una Prelatura personale?

E' una struttura gerarchica della Chiesa che raduna sacerdoti e laici sotto la giurisdizione di un Prelato, per un determinato fine apostolico, pastorale. Nel caso dell'Opus Dei, il fine è di promuovere la santità fra i cristiani che vivono in mezzo al mondo, insegnando a trasformare il lavoro in orazione, in luogo di incontro con Dio. Qualunque "potere", qualunque fine o mezzo temporale è dunque estraneo, incongruente, con il fine della Prelatura.

3. Entrare nell'Opus Dei è difficile?

E' un cammino vocazionale, è la libera risposta all'invito di Cristo a seguirlo da vicino, santificando la quotidianità professionale, famigliare, sociale, e dedicandosi ad accendere in altre anime il fuoco che Cristo è venuto a portare sulla terra.

4. Come ci si accorge della vocazione?

Avviene nell'anima qualcosa di analogo a ciò che succede nell'anima di un uomo, di una donna, quando matura la decisione di sposarsi, e proprio con quella persona, e nessun altra. Naturalmente occorre che l'altra persona sia d'accordo, e pertanto non basta la libera decisione dell'interessato, ma si richiede l'accettazione da parte del Prelato che valuta l'idoneità all'incorporazione.

5. Come si sviluppa il vostro apostolato? E quali sono le attività?

L'apostolato essenziale è quello che ogni membro svolge nel proprio ambiente, lavorando gomito a gomito con gli altri cittadini, aprendo loro, con l'esempio, l'amicizia, il consiglio, gli orizzonti della vita cristiana.

Talvolta, alcuni fedeli della Prelatura, sempre con altri amici, colleghi, ecc. —perché il lievito non deve far grumo in sé, ma far fermentare tutta la pasta per trasformarla in qualcosa che non è più né lievito né pasta, ma pane— prendono iniziative educative, culturali, o di promozione umana e sociale, e affidano all'Opus Dei l'orientamento dottrinale e spirituale di tali attività. Queste opere hanno un'impostazione prettamente professionale e civile, con un chiaro contenuto cristiano pur non essendo di solito istituzionalmente cattoliche.

6. C'è chi sostiene che l'Opus Dei sia poco trasparente: perché non fa conoscere i suoi statuti, e perché non si sa chi sono i suoi membri. Come risponde a questi interrogativi?

Gli Statuti che la Santa Sede ci ha dato sono sul tavolo dei Vescovi di tutte le diocesi in cui lavoriamo. Gli indirizzi dei nostri Centri, i nomi dei Direttori e dei sacerdoti, si trovano negli annuari e nei repertori. Ma c'è di più: i membri dell'Opus Dei impegnano la loro vita a diffondere l'ideale della santificazione del lavoro che essi stessi si sforzano di raggiungere. Le sembra possibile che questo slancio apostolico sia compatibile col segreto? Del resto, nessuna diocesi o parrocchia si sente in dovere di distribuire l'elenco alfabetico dei propri fedeli. Non per questo si può dire che li nasconda o che sia poco trasparente.

7. Qualcuno dice che il rapporto dell'Opus Dei con il mondo politico e sociale è continuo anche se silenzioso. Ci sono uomini dell'Opus Dei che in questi campi seguono una linea dell'"organizzazione"?

Alcuni ragionano così: non vedo l'attività dell'Opus Dei in politica, nel mondo economico, ecc.; dunque, l'Opus Dei lavora occultamente, in silenzio. La verità è tutt'altra: il lavoro dell'Opus Dei in questi campi non si vede, per il puro e semplice motivo che non esiste. Non c'è e non può esserci alcuna "linea" della Prelatura perché la giurisdizione del Prelato non riguarda campi che sono oggetto delle libere scelte di cristiani responsabili, in sintonia col Magistero ecclesiastico, quali sono i membri dell'Opus Dei. Chi bussasse alla porta dell'Opus Dei con scopi politici o temporali si renderebbe immediatamente conto di aver sbagliato indirizzo.

8. Siete nel cuore di Papa Wojtyla: e questo credo sia evidente a tutti. Quali relazioni avete con i vescovi delle diocesi?

Ottime. Basti pensare alle molte centinaie di diocesi in cui l'Opus Dei lavora, sempre con l'esplicita approvazione del Vescovo. Abbiamo imparato da Mons. Escrivá ad amare profondamente il Papa chiunque egli sia e ne siamo fieri. E come si può amare il Papa senza essere uniti ai Vescovi? Continuamente ricevo il ringraziamento e la gratitudine di tanti vescovi per il lavoro apostolico dell'Opus Dei nelle loro diocesi. E anche durante le settimane del Sinodo diversi Presidenti di Conferenze episcopali mi hanno chiesto che la Prelatura inizi ad operare nei loro Paesi.

9. In poco più di cinquant'anni, l'Opus Dei si è diffusa ovunque. Con quali finanziamenti va avanti "l'organizzazione"?

Quando sento parlare di organizzazione, mi pare di udire la voce del Fondatore che diceva: "siamo un'organizzazione disorganizzata". Venendo alla sua domanda: ogni membro della Prelatura mantiene sè e la propria famiglia con il proprio lavoro; le attività apostoliche di cui la Prelatura ha la responsabilità dottrinale e formativa, utilizzano i mezzi e gli strumenti messi a disposizione dai membri dell'Opus Dei, e dai nostri cooperatori e amici, anche non cattolici, i quali mantengono la proprietà e l'amministrazione di tali mezzi.

10. Perché, anche all'interno del mondo cattolico, emergono incomprensioni e dissensi nei confronti dell'Opus Dei?

Posso dire, con piena cognizione di causa, che l'Opus Dei è una delle istituzioni più amate, all'interno della Chiesa e fuori. Non si spiegherebbe altrimenti la sua rapida diffusione nei cinque continenti. Alcuni, anche alcuni cattolici, non ci capiscono? Certo, non si può piacere a tutti. Può darsi, inoltre, che qualcuno si infastidisca nel costatare la forza trascinante di chi cerca di vivere coerentemente la fede nel mondo, senza scendere a vergognosi compromessi con atteggiamenti secolaristici.

11. Il pontificato di Giovanni Paolo II: dopo sette anni è possibile un primo bilancio?

E' evidente l'ondata di entusiasmo e di rinnovato slancio per la fede che il Santo Padre sta infondendo in tutto il mondo. Un mondo che —e penso, soprattutto, all'Europa e all'America del Nord— sembrava non ne volesse più sapere di Cristo. E' compito di tutti i cristiani assecondare con vigore il lavoro del Papa, con un'evangelizzazione coraggiosa che non abbia timore di provocare un salutare shock in tante coscienze invischiate in patteggiamenti con una cultura edonista, estranea alla logica di Cristo.

12. Infallibilità e infallibilismo: nell'ultimo editoriale di "Civiltà cattolica" si è voluto sottolineare che il Papa è infallibile soltanto quando si pronuncia "ex cathedra". Che cosa ne pensa?

La dottrina sulla natura e i limiti dell'infallibilità pontificia è definita dal Magistero solenne di due Concilii e pertanto non è, per usare una parola di moda, "negoziabile". Peraltro, mi sembra che se oggi c'è un pericolo, esso non proviene da un "infallibilismo" oltranzistico ma, semmai, dal degrado dell'obbedienza. L'unità col Papa non può mai essere intesa come coazione o limite esterno per la nostra autonomia, ma come fonte di vita: pertanto, è un bene che va potenziato.

13. Torniamo all'Opus Dei: chi sono i laici della Prelatura?

Sono uomini e donne di ogni razza e condizione: celibi e coniugati, intellettuali e operai, sani e malati, giovani e meno giovani. In unità di spirito e di vocazione, si incorporano alla Prelatura con un vincolo contrattuale che definisce con chiarezza la natura dell'impegno cristiano e dell'assistenza pastorale che dall'Opus Dei ricevono.

14. Lei ha vissuto per oltre quarant'anni accanto al Fondatore dell'Opus Dei, Monsignor Josemaría Escrivá de Balaguer. Qual era la sua figura di sacerdote e di uomo?

Era un uomo di Dio, che amava Cristo appassionatamente e, per questo, era attento ai mille particolari della vita quotidiana, alle esigenze anche inespresse di chi gli viveva accanto. Per unanime attestazione era, è, una figura gigantesca che ha inaugurato una pagina nuova nella storia della Chiesa. L'ho visto spendere giorno per giorno tutta la sua vita al servizio della Chiesa e delle anime, con eroismo, con umiltà, amando e perdonando anche chi gli faceva del male e sempre diffondendo una contagiosa allegria. E mi fermo qui, perché avrei tante cose da dire che non basterebbe un libro.

Romana, n. 1, Gennaio-Dicembre 1985, p. 89-91.

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