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Assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi per l'Europa

«Ut testes simus Christi qui nos liberavit»

Proemio

Alle soglie del terzo millennio, l'Europa sta vivendo eventi straordinari, attraverso i quali tocchiamo con mano l'amore e la misericordia di Dio Padre verso tutti gli uomini, suoi figli. Il Santo Padre Giovanni Paolo II ha voluto perciò convocare questa Assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi per l'Europa affinché, dopo tanti anni di forzata separazione, Vescovi dell'Est, del Centro e dell'Ovest dell'Europa potessero, in comunione collegiale con lui e tra loro, riflettere sulla portata e sulle conseguenze di quest'ora storica per l'Europa e per la Chiesa[1].

Grati di quest'iniziativa e pieni di gioia, siamo convenuti nella casa del Successore di Pietro per dare gloria a Dio e narrare le grandi cose che Egli, sempre presente e operante nella storia, ha fatto per noi. A nome della Chiesa che è in Europa, arricchita di tanti nuovi martiri e confessori, dei quali alcuni presenti tra noi, abbiamo reso grazie a Dio Padre per la potenza e la sapienza del Signore crocifisso (cfr. 1 Cor 1, 24), che ci ha sostenuti in questi anni nelle prove della persecuzione attraverso il conforto e l'assistenza dello Spirito Santo, e per il nuovo spazio di libertà di cui ora godono molti popoli in Europa. Abbiamo gioito anche per la presenza fra noi dei «Delegati fraterni» delle altre Chiese e comunità cristiane che hanno partecipato alla nostra preghiera e ai nostri lavori. Anche il Simposio su cristianesimo e cultura è stato molto utile alla nostra Assemblea sinodale[2].

Siamo convenuti anche per chiedere perdono a Dio e ai fratelli delle nostre colpe e mancanze, pronti a perdonare a nostra volta. In quella concordia e reciproca comunione che scaturisce dalla vita stessa della SS. Trinità, abbiamo potuto offrirci a vicenda quegli innumerevoli tesori di sapienza e di esperienza di cui Dio ha arricchito le nostre Chiese particolari, affinché ne facessero dono a tutte le altre nell'unica ed universale Chiesa di Cristo. Dopo tanti anni di forzato silenzio, le Chiese dell'Est hanno finalmente potuto porgere liberamente a tutti la loro testimonianza di vita spesso eroica. E quelle dell'Ovest hanno offerto a loro volta i germi di rinnovata vitalità e le nuove esperienze fiorite dalle prove che anche ad esse non sono mancate: così lo stesso evento sinodale è stato per noi come un frutto dello Spirito Santo.

Uniti nel nome di Cristo (cfr. Mt 18, 20) abbiamo pregato affinché potessimo ascoltare ciò che lo Spirito dice oggi alle Chiese d'Europa (cfr. Ap 2, 7. 11. 17) ed esse sappiano discernere le vie per la nuova evangelizzazione del nostro continente. Consci delle immani sfide ma anche delle grandi opportunità dell'ora presente, e in dialogo e cordiale collaborazione con tutti in nostri fratelli e sorelle d'Europa e del mondo, vogliamo offrire il nostro apporto all'edificazione della nuova Europa, «affinché siamo testimoni di Cristo che ci ha liberati» (At 1, 8; Gal 5, 1). Consideriamo questo Sinodo come il primo passo di un cammino che intendiamo continuare senza posa.

I. Il significato dell'ora presente

nella prospettiva della fede cristiana e della storia d'Europa

1. L'ora storica che sta vivendo l'Europa

La nostra Assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi si è svolta due anni dopo l'inizio del crollo così repentino e realmente straordinario del sistema comunista, nel quale grande parte ha avuto la testimonianza eroica delle Chiese cristiane. Anche molti non credenti hanno visto in questi eventi quasi un «miracolo». Alla luce della fede e sotto la guida dello Spirito Santo, vogliamo discernere in quest'ora i veri segni della presenza e del disegno di Dio[3]. Per i cristiani in questi eventi si è manifestato un autentico «kairòs» della storia della salvezza e una grande sfida a continuare l'opera rinnovatrice di Dio, dal quale in ultima istanza dipendono i destini delle nazioni.

Senza dubbio il crollo dei regimi totalitari dell'Europa centro_orientale ha avuto delle ragioni di carattere economico e socio_politico. Ma, più in profondità, ha avuto una motivazione etico_antropologica e, in definitiva, spirituale. Alla radice del marxismo vi è infatti «un errore di carattere antropologico»[4], nel senso che in esso la persona umana è ridotta alla sola sua dimensione materiale ed economica. Da un'antropologia distorta e riduttiva come questa non potevano non conseguire un'economia e una politica profondamente ingiuste e contro la persona umana, e per questo destinate inevitabilmente al fallimento. Elemento caratteristico, ed anzi intrinseco, di tale ideologia e, di conseguenza, anche del sistema comunista sul piano pratico era l'ateismo programmatico e coercitivo.

Oggi in Europa il comunismo come sistema è crollato, ma restano le sue ferite e la sua eredità nel cuore delle persone e nelle nuove società che stanno sorgendo. Le persone hanno difficoltà nel retto uso della libertà e del regime democratico; i valori morali radicalmente sovvertiti debbono essere rivivificati. Allo stesso tempo la Chiesa, resa povera nelle sue strutture e nei suoi mezzi, ha imparato più profondamente a confidare soltanto in Dio.

Il crollo del comunismo mette in questione l'intero itinerario culturale e socio_politico dell'umanesimo europeo, segnato dall'ateismo non solo nel suo esito marxista, e mostra coi fatti, oltre che in linea di principio, che non è possibile disgiungere la causa di Dio dalla causa dell'uomo.

Dall'esame della situazione religiosa e socio_culturale dei Paesi democratici dell'Europa occidentale emergono sia luci che ombre. In un quadro politico e istituzionale di democrazia e di libertà si sono ottenuti grandi risultati sotto il profilo dello sviluppo scientifico e tecnico, sociale ed economico. La Chiesa stessa manifesta una nuova vitalità, specialmente nel rinnovamento biblico e liturgico, nell'attiva partecipazione dei fedeli alla vita parrocchiale, nelle nuove esperienze di vita comunitaria come nella riscoperta della preghiera e della vita contemplativa, e nel moltiplicarsi di generose forme di servizio ai più poveri e agli emarginati.

D'altra parte però, si diffondono una mentalità e dei comportamenti che privilegiano in modo esclusivo la soddisfazione dei propri desideri immediati e degli interessi economici, con una falsa assolutizzazione della libertà del singolo e con la rinuncia a confrontarsi con una verità e con valori che vadano al di là del proprio orizzonte individuale o di gruppo. Benché il marxismo imposto con la forza sia crollato, l'ateismo pratico e il materialismo sono molto diffusi in tutta l'Europa: senza essere imposti con la forza, e per lo più nemmeno esplicitamente proposti, essi inducono a pensare e a vivere «come se Dio non esistesse».

Allo stesso tempo persiste la ricerca dell'esperienza religiosa, sebbene in una molteplicità di forme non sempre coerenti tra loro e che spesso conducono lontano dall'autentica fede cristiana. Soprattutto i giovani cercano la propria felicità in molti simboli, immagini e anche in cose vane, e sono così facilmente inclini verso nuove forme di religiosità e sette di diversa origine. In realtà, tutta l'Europa si trova oggi di fronte alla sfida di una nuova scelta di Dio.

2. La religione cristiana e le radici culturali e spirituali dell'Europa

La cultura europea è cresciuta da molte radici. Concorrono a questo complesso quadro d'insieme lo spirito della Grecia e la Romanità, gli apporti venuti dai popoli latini, celtici, germanici, slavi e ugro_finnici, la cultura ebraica e gli influssi islamici. Ma nessuno può negare che la fede cristiana appartenga in modo decisivo al fondamento permanente e radicale dell'Europa. E' in questo senso che parliamo di «radici cristiane dell'Europa», non già per sostenere una coincidenza tra Europa e cristianesimo.

Si può affermare che la religione cristiana ha dato forma all'Europa, imprimendo nella sua coscienza collettiva alcuni valori fondamentali per l'umanità: principalmente l'idea di un Dio trascendente e sovranamente libero ma anche definitivamente entrato per amore nella vita degli uomini con l'incarnazione e la Pasqua del suo Figlio; il concetto nuovo e centrale della persona e della dignità umana; la fondamentale fraternità umana come principio di convivenza solidale nella stessa diversità degli uomini e dei popoli.

Certamente questo comune patrimonio della civiltà europea ha subìto profonde ferite e alterazioni nel corso della storia. Nell'Europa occidentale e centrale, a partire dalle guerre di religione conseguenti alla rottura dell'unità ecclesiale dei secoli XVI e XVII, si è affermata una visione della vita, soprattutto nella sua dimensione pubblica e sociale, che si concepisce in modo diverso e come basata unicamente sulla ragione umana. Non tutti i valori che hanno la loro matrice nella fede cristiana sono stati però messi direttamente in discussione: si è piuttosto tentato di conservarli dando loro una nuova fondazione puramente immanente. Soltanto nel nostro secolo la debolezza di una tale fondazione è emersa anche praticamente, e quei valori sono divenuti oggetto di contestazione in larghe fasce della coscienza collettiva e nelle legislazioni civili.

L'Europa non deve oggi semplicemente fare appello alla sua precedente eredità cristiana: occorre infatti che sia messa in grado di decidere nuovamente del suo futuro nell'incontro con la persona e il messaggio di Gesù Cristo.

II. Il centro vivo

e le molte vie della nuova evangelizzazione

3. Il significato della nuova evangelizzazione dell'Europa

In tale situazione moltissimo dipende dalla testimonianza credibile del Vangelo nell'annuncio e nella vita. Le condizioni sono certamente diverse nelle diverse regioni: in alcune parti del continente, e soprattutto tra le nuove generazioni, la fede cristiana è pressoché sconosciuta a causa di una sistematica propaganda ateistica, o comunque il processo di secolarizzazione è andato così avanti che l'evangelizzazione deve ricominciare quasi «ex novo». Ma anche dove la presenza della Chiesa è ancora forte, soltanto una minoranza partecipa pienamente alla vita ecclesiale, mentre si può notare una spaccatura profonda —a livello più generale— tra fede e cultura, fede e vita.

Perciò è compito urgente della Chiesa offrire nuovamente agli uomini e alle donne dell'Europa il messaggio liberante del Vangelo. Nessun altro infatti è stato l'intento del Concilio Vaticano II e di tutti i successivi sforzi di rinnovamento, se non quello di «rendere la Chiesa del XX secolo sempre più idonea ad annunziare il Vangelo agli uomini di questo medesimo secolo»[5]. La nuova evangelizzazione non è il progetto di una cosiddetta «restaurazione» dell'Europa del passato, ma lo stimolo a riscoprire le proprie radici cristiane e a instaurare una civiltà più profonda, veramente più cristiana e perciò anche più pienamente umana. Questa «nuova evangelizzazione» vive dell'inesauribile tesoro della rivelazione compiuta una volta per sempre in Gesù Cristo. Non c'è un «altro Vangelo». Di proposito si chiama nuova evangelizzazione perché lo Spirito Santo rende sempre nuova la parola di Dio e sollecita continuamente gli uomini nel loro intimo (1 Gv 3, 2)[6]. E' nuova, questa evangelizzazione, anche perché non è legata immutabilmente a una determinata civiltà, in quanto il Vangelo di Gesù Cristo può risplendere in tutte le culture[7].

Il centro di questa evangelizzazione è: «Dio ti ama. Cristo è venuto per te»[8]. Se la Chiesa predica questo Dio, non parla di un Dio ignoto, ma del Dio che ci ha amati a tal punto che il Figlio suo si è fatto carne per noi. E' il Dio che si avvicina a noi, che si comunica a noi, che si fa uno con noi, vero «Emmanuele» (cfr. Mt 1, 23). Questa comunione il Signore l'ha promessa non soltanto per questa vita (cfr. Mt 28, 20), ma soprattutto come vittoria sul peccato e sulla morte attraverso la partecipazione alla sua risurrezione (cfr. Rm 6, 5; 1 Cor 15, 22) e come amicizia senza fine faccia a faccia con Dio (1 Cor 13, 12). Senza questa speranza della vita eterna, nella quale tutti i dolori e i mali sono superati, la persona umana è gravemente mutilata. La certa speranza, donata all'uomo, di vivere in eterno con Dio, non diminuisce l'obbligo dell'impegno terreno, ma gli dà la sua vera forza e il suo valore. Per questo dobbiamo parlare con grande fiducia sia dell'immortalità dell'anima che della risurrezione della carne. Quest'annuncio di gioia non deve mai mancare nella nuova evangelizzazione.

Per la nuova evangelizzazione non è sufficiente pertanto prodigarsi per diffondere i «valori evangelici» come la giustizia e la pace. Solo se è annunciata la persona di Gesù Cristo, l'evangelizzazione si può dire autenticamente cristiana[9]. I valori evangelici infatti non possono essere separati da Cristo stesso, che ne è la fonte e il fondamento e costituisce il centro di tutto l'annuncio evangelico. L'evangelizzazione tende per sua natura alla «plantatio Ecclesiae», che inizia a sorgere attraverso la predicazione della Parola e i sacramenti dell'iniziazione. Essa infatti trae origine dal mandato del Signore che ha detto: «Andate dunque e ammaestrate tutte le genti, battezzandole nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo» (Mt 28, 19).

Perciò chi non conosce il Dio vivo e vero, non conosce veramente l'uomo. In questo senso S. Ireneo afferma: «La gloria di Dio è l'uomo vivente, ma la vita dell'uomo è la visione di Dio»[10]. L'uomo odierno pensa talvolta che la fede rechi gloria e onore a Dio ma umilii l'immagine dell'uomo. Al contrario, la causa di Dio in nessun modo è in opposizione alla causa dell'uomo. Sono piuttosto le promesse puramente terrene che —come mostra la storia recente— in definitiva riducono in schiavitù, in maniera totalitaria, le persone umane.

In realtà, il rinnovamento dell'Europa deve partire dal dialogo col Vangelo. Questo dialogo, promosso per impulso del Concilio Vaticano II, non deve indebolire la chiarezza delle posizioni, e allo stesso tempo deve svolgersi nel reciproco rispetto tra i discepoli di Cristo e le loro sorelle e i loro fratelli di altre convinzioni[11]. Sarà così possibile pervenire a «un vero incontro tra la Parola della Vita e le culture dell'Europa»[12]. L'evangelizzazione infatti deve raggiungere non solo i singoli, ma anche le culture. E l'evangelizzazione della cultura porta con sé «l'inculturazione» del Vangelo. Quest'impegno, nella nuova situazione culturale dell'Europa, caratterizzata non solo dalla modernità ma anche dalla cosiddetta post_modernità, implica una sfida cui dobbiamo rispondere il meglio possibile: per farlo è indispensabile l'apporto degli uomini e delle donne di cultura e dei teologi in cordiale sintonia con la Chiesa.

4. I frutti del Vangelo: la verità, la libertà e la comunione

Cristo, Dio fatto uomo, è la Verità stessa (cfr. Gv 14, 6), che ci libera (cfr. Gv 8, 32) per mezzo del dono dello Spirito Santo (cfr. 2 Cor 3, 17; Rm 5, 5; Gal 4, 6) e ci introduce nella piena comunione con Dio e tra gli uomini (cfr. Gv 17, 21; 1 Gv 1, 3). In realtà, la ricerca della libertà, della verità e della comunione costituisce l'istanza più profonda, più antica e più durevole dell'umanesimo europeo, che continua a operare anche nella sua fase moderna e contemporanea. Perciò, la proposta della nuova evangelizzazione, lungi dall'opporsi allo sviluppo di questo umanesimo, lo purifica piuttosto e lo rafforza nel momento in cui rischia di perdere la sua identità e la sua speranza di futuro, a causa di spinte irrazionalistiche e di un insorgente nuovo paganesimo.

A questo proposito appare decisiva la questione del rapporto tra libertà e verità, troppo spesso concepito in termini antitetici dalla moderna cultura europea, mentre in realtà libertà e verità sono in tal modo reciprocamente ordinate che non possono essere raggiunte l'una senza l'altra. Egualmente essenziale è il superamento di un'altra alternativa, del resto collegata alla precedente: quella tra libertà e giustizia, libertà e solidarietà, libertà e comunione reciproca. La persona umana infatti, di cui la libertà costituisce la più alta dignità, si realizza non nel ripiegamento su se stessa ma nel dono di sé (cfr. Lc 17, 33)[13].

Sotto l'oppressione del totalitarismo hanno potuto salvare la libertà del cuore e della professione di fede soltanto coloro che si erano legati più intensamente a Dio. La fede, l'adorazione e l'amore hanno un profondo rapporto con la libertà umana. In altro modo, anche nelle «società libere» vi sono delle sottili costrizioni che, come segreti seduttori, occupano la nostra mente, manipolano la nostra sensibilità e mirano a determinare il nostro modo di agire. Chi, nello spirito di adorazione del vero Dio, piega le ginocchia soltanto davanti a quest'unico Signore, è più facilmente in grado di sottrarsi all'attrattiva dei molti idoli.

In realtà, la croce e la risurrezione di Gesù Cristo rivelano e ci donano attraverso la grazia dello Spirito Santo quella libertà che veramente merita questo nome. La storia della vita e della morte del Signore manifestano come il culmine della libertà consista nella donazione sovranamente libera alla volontà del Padre e per la vita del mondo. Solo nel confronto con la piena misura di questa donazione di sé diventa evidente quanto l'uomo possa diventare schiavo di se stesso e consegnarsi a potenze che lo riducono in schiavitù.

Poiché la libertà non si esaurisce nell'«avere», il possesso e il piacere non sono valori ultimi (cfr. 1 Cor 7, 29_31). Per quanto il cristiano riconosca il valore positivo della proprietà, che in ogni caso va sempre vista nella sua connessione col bene comune, e del godimento dei beni di questo mondo, egli sa tuttavia che tutte queste cose non costituiscono delle realtà definitive. La rinuncia evangelica, animata dalla carità, non ci impoverisce dei beni, ma ce li ridona nella loro originarietà ed anzi soltanto così ce li dona veramente: tutto ciò è di grande importanza per la salvaguardia della libertà in una società segnata dal consumismo.

In questo modo abbiamo già cominciato a parlare anche del raggiungimento di un'autentica comunione. Essa può realizzarsi soltanto se ogni singolo rispetta la dignità umana e personale degli altri. Non c'è comunione, quando si impone agli uomini il collettivismo. Ma neppure nascerà un vero impegno verso gli altri, se i singoli coesistono l'uno accanto all'altro nell'indifferenza e perseguono ciascuno unicamente i propri interessi. La vera comunione nasce soltanto quando ciascuno percepisce la dignità inconfondibile e la diversità del prossimo come una ricchezza, riconoscendogli la medesima dignità senza alcuna tendenza all'uniformità, e si dispone allo scambio delle rispettive capacità e dei rispettivi doni.

Per parteciparci la vita divina (cfr. 2 Pt 1, 4), Gesù Cristo ha svuotato se stesso assumendo nell'incarnazione la condizione di servo e si è fatto obbediente fino alla morte di croce (Fil 2, 7 ss). Questa vita divina è la comunione delle tre divine Persone. Il Padre genera eternamente il Figlio consostanziale e il loro amore reciproco è lo Spirito Santo. Il Dio dei cristiani non è perciò un Dio solitario, ma il Dio vivente nella comunione di carità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. E tale carità si è rivelata in modo supremo nell'autoannullarsi (kenosi) del Figlio. Per questo la comunione nella carità e la rinunzia a se stessi appartengono al cuore del Vangelo, che deve essere predicato all'Europa e a tutto il mondo, perché si realizzi il nuovo incontro tra la parola di Vita e le varie culture.

Questa sintesi della verità, della libertà e della comunione, attinta dalla testimonianza della vita e del mistero pasquale di Cristo, in cui Dio uno e trino si è rivelato a noi, costituisce il senso e il fondamento di tutta l'esistenza cristiana e dell'agire morale che, contro un'opinione corrente, non si oppone alla libertà —poiché la legge nuova è la grazia dello Spirito Santo[14] -, ma ne è allo stesso tempo condizione e frutto. Da questa fonte può nascere una cultura del dono reciproco e della comunione, che si realizza anche nel sacrificio e nell'impegno quotidiano per il bene comune.

5. Gli evangelizzatori e le molte vie della nuova evangelizzazione

La nuova evangelizzazione dell'Europa non sarà però possibile se non invitiamo a prendere parte attivamente a questo compito tutti i cristiani consapevoli della propria vocazione profetica. I primi evangelizzatori insieme con i vescovi sono senza dubbio i presbiteri e i diaconi, che portano su di sé il peso del servizio pastorale quotidiano nelle comunità cristiane. I religiosi, a cui si deve in gran parte la prima evangelizzazione del continente, e le loro comunità potranno offrire a tutta l'Europa la testimonianza vitale del radicalismo evangelico, se diventerà ancora più intenso in loro l'appello a ciò che è essenziale nella vita consacrata. Essi possono sostenere con particolare efficacia molte opere educative e di animazione di diverse associazioni. Come fortemente sottolinea l'Esortazione Christifideles laici, anche i laici debbono essere chiamati a prender parte pienamente a questo impegno della nuova evangelizzazione dell'Europa. Essi, con la loro propria vocazione, e partecipando a loro modo del ministero profetico di Cristo[15], possono penetrare in tutti quei campi ai quali i vescovi e i presbiteri non possono avere accesso: soltanto attraverso di loro diventeranno concretamente possibili l'evangelizzazione e l'edificazione della nuova Europa. In modo speciale quest'Assemblea sinodale interpella i giovani perché siano innanzi tutto essi stessi gli evangelizzatori delle nuove generazioni dell'Europa.

Per essere veri apostoli, noi tutti abbiamo bisogno di una continua evangelizzazione, attraverso la preghiera e la meditazione assidua della parola di Dio, nonché lo sforzo quotidiano di metterla in pratica secondo l'esempio altissimo che ci è offerto dalla Beata Vergine Maria. Solo attraverso il nutrimento della parola di Dio e del Pane eucaristico, e il frequente uso del sacramento della riconciliazione, può avvenire in noi una continua conversione e trasformazione personale, e si potrà efficacemente superare quel fenomeno pervasivo di «soggettivizzazione» della fede, per cui la parola di Cristo e della Chiesa è accolta solo nella misura in cui risponde alle proprie esigenze ed aspettative. E' questa anche la via da percorrere per superare le difficoltà che vengono sollevate, all'interno stesso della comunità ecclesiale, soprattutto circa l'insegnamento della Chiesa nell'ambito della morale. Quanto più, infatti, è radicata nelle persone l'esperienza dell'amore di Dio trasmessa dalla parola e vissuta nella comunione fraterna, tanto più si svilupperà in loro la disponibilità e la capacità di accogliere tutte le esigenze del messaggio di Cristo.

Per ridare vitalità alla Chiesa sono particolarmente importanti le parrocchie, che restano gli strumenti fondamentali della vita e della missione della Chiesa e devono essere rinnovate e fortificate dalla luce del Vangelo, e le associazioni e le nuovi aggregazioni dei fedeli laici, che sono fiorite specialmente in concomitanza dell'evento conciliare[16]. Riponiamo grande fiducia in una nuova pastorale della famiglia come «chiesa domestica»[17], e nel moltiplicarsi, negli ambienti più diversi della società, di piccole comunità di vita cristiana. La catechesi deve essere proposta costantemente non solo ai fanciulli e agli adolescenti, ma specialmente anche ai giovani e agli adulti, in una forma adatta ad alimentare e a far crescere in loro la vita cristiana[18]. Attendiamo con grande speranza il catechismo universale: come sintetica esposizione integrale della dottrina cattolica secondo il vero spirito del Concilio Vaticano II, potrà essere di aiuto riguardo alla preoccupazione verso talune tendenze teologiche. Mentre infatti una teologia radicata nella parola di Dio e aderente al magistero della Chiesa è sommamente utile per il compito dell'evangelizzazione, si deve riconoscere che il «dissenso» teologico costituisce un ostacolo per l'opera evangelizzatrice, in primo luogo per quella che si deve attuare continuamente all'interno della Chiesa stessa[19].

Tutti gli uomini sono invitati ad accogliere il Vangelo di Gesù Cristo. La nuova evangelizzazione dev'essere dunque profondamente missionaria e raggiungere non soltanto quei singoli e quei gruppi che sono già radicati nel cuore della Chiesa, ma anche coloro che la guardano da lontano, non di rado con scetticismo o addirittura con senso di rifiuto.

Affinché gli europei del nostro tempo, che danno valore soprattutto a ciò che si vede e si può toccare con mano, possano accogliere il Vangelo, è necessario che la testimonianza dei singoli e delle comunità accompagni di continuo e confermi l'annuncio della parola di Dio, manifestandone tutta la verità e la forza divina. In fedeltà ai tanti nuovi martiri del nostro tempo, questa testimonianza deve trarre la propria efficacia dalla santità della vita, rendendo visibile nell'esistenza quel mistero di comunione con Dio e fra gli uomini che la Chiesa celebra nell'Eucaristia.

Di grandissima importanza è la testimonianza della diaconia della Chiesa, ossia della carità, verso tutti ma specialmente verso coloro che sia materialmente sia spiritualmente sono più bisognosi. Tale testimonianza, essendo comprensibile da tutti, rende visibile l'amore di Dio per gli uomini e li apre così all'ascolto del Vangelo.

Nello scambio delle esperienze delle nostre Chiese, ci siamo resi conto di quanto sia necessario per l'evangelizzazione valorizzare tutti gli ambienti ai quali possiamo aver accesso: ricordiamo qui in modo speciale l'insegnamento della religione anche nelle scuole pubbliche, la formazione degli adulti, l'azione pastorale sia nel mondo del lavoro sia nel mondo della scienza, della cultura e dell'arte, nonché nei molteplici mezzi di comunicazione che caratterizzano sempre più intensamente la vita moderna e meritano un'attenzione molto maggiore da parte della Chiesa. Nei paesi recentemente liberati dal comunismo è impellente la necessità di creare università e scuole cattoliche. Ma anche in tutti questi contesti, oggi come sempre, di somma importanza è la testimonianza personale e il rapporto a cuore aperto da persona a persona.

C'è, infine, specie nel nostro tempo, una via dell'evangelizzazione che eccelle fra tutte. Le testimonianze della Chiesa nei paesi recentemente liberati dal comunismo ci hanno fatto quasi toccare con mano la fecondità del mistero della croce e della risurrezione di Cristo. Nel momento in cui ci accingiamo ad intraprendere, insieme con tutti i nostri fratelli cristiani, la nuova evangelizzazione dell'Europa, sentiamo la necessità di scegliere nuovamente Colui col quale, nel battesimo, siamo morti e siamo risuscitati a vita nuova (cfr. Rm 6, 3_5; Gal 2, 19_20): in Lui radicati e fondati vogliamo essere per l'Europa autentici testimoni della fede.

6. L'attuazione della comunione e della missione della Chiesa attraverso lo scambio dei doni

Ogni evangelizzazione scaturisce dalla persona e dall'opera di Gesù Cristo e di nuovo a lui conduce. In Cristo, la Chiesa è un solo corpo con molte membra (cfr. 1 Cor 12, 12), «sacramento, ossia segno e strumento, dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano»[20]. Da questo mistero derivano insieme l'unità e la cattolicità della Chiesa di Dio, che, come un solo popolo adunato «dall'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo»[21], è presente fra tutte le genti della terra, raccogliendo nella comunione reciproca le ricchezze delle diverse nazioni[22].

Questo Sinodo ha fatto quotidianamente esperienza della diversità e dell'unità delle nostre Chiese particolari e dello scambio dei loro doni, attraverso un mutuo e fraterno ascolto, che ha permesso l'accoglienza con intima gioia e cordiale partecipazione delle autentiche esperienze delle altre Chiese. La Chiesa afflitta dall'oppressione ha ricevuto dal Signore dei doni di cui tutti noi ora siamo diventati consapevoli in modo particolare: la testimonianza di una fede viva, la fedeltà nelle sofferenze e nella persecuzione, l'ammirevole concordia con la Sede Apostolica. Oggi in molti di questi paesi un gran numero di vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa rende manifeste le ricchezze spirituali sino ad ora nascoste. Per parte loro, grazie alla libertà di cui da tempo hanno goduto, le Chiese particolari nell'Occidente hanno saputo realizzare una prassi pastorale nella situazione di una società complessa e secolarizzata e hanno potuto sviluppare molte conseguenze del Concilio Vaticano II, che ora possono essere comunicate con umiltà di spirito e discernimento dei valori. In realtà dobbiamo far crescere la cooperazione fra le nostre Chiese, soprattutto in vista della nuova evangelizzazione dell'Europa. Per questo sono necessari quei mezzi anche materiali e quegli aiuti di persone, che possono favorire l'edificazione del Corpo di Cristo e che debbono essere offerti secondo le priorità stabilite dalle Chiese che li ricevono.

L'affetto collegiale dei Vescovi con il Successore di Pietro e tra di loro, che ha caratterizzato questa Assemblea sinodale, dev'essere alimentato per mezzo della frequentazione personale e dall'amicizia. Con piena osservanza del vincolo di unione con la Santa Sede e dei compiti dei singoli Vescovi e delle Conferenze Episcopali delle diverse nazioni, la cura pastorale nel nostro continente, che ha intrapreso le vie dell'unità, ci invita a realizzare, con l'aiuto del Consiglio delle Conferenze Episcopali d'Europa, il coordinamento e uno sforzo comune per favorire l'evangelizzazione e l'ecumenismo, e a ricercare le strade per altre forme di cooperazione tra le Chiese particolari di questo continente. Inoltre, la necessità della presenza della Chiesa nelle istituzioni civili europee richiede che, in unità con la Sede Apostolica e i suoi Rappresentanti, siano rafforzate e tra loro più strettamente congiunte le attività del Consiglio delle Conferenze Episcopali d'Europa e della Commissione dei Vescovi della Comunità Europea, che negli scorsi anni sono già state altamente benemeriti.

In unità con la Sede Apostolica, le Chiese dell'Europa devono far crescere la propria cooperazione anche con le Chiese particolari degli altri continenti. Eventi di grande significato come la celebrazione del quinto centenario dell'evangelizzazione delle Americhe, la riunione generale ormai prossima del Consiglio Episcopale Latino_Americano e le Assemblee speciali per l'Africa e per il Libano del Sinodo dei Vescovi rappresentano delle occasioni favorevoli per intensificare il reciproco scambio dei doni e il comune servizio della salvezza tra tutte le Chiese del mondo.

In tale servizio va annoverato innanzitutto il dinamismo missionario «ad gentes», che di fatto appartiene alla storia e alla fisionomia cristiana dell'Europa ed è costitutivo della sua identità. Sebbene l'opera missionaria sia talvolta avvenuta non senza commistioni con l'espansione coloniale dei paesi europei e recando in sé il marchio della divisione tra i cristiani, per grazia di Dio le Chiese d'Europa hanno svolto un ruolo provvidenziale nell'annunzio della salvezza di Cristo ai popoli e nell'«implantatio Ecclesiae» in ogni parte del mondo. Anche oggi in nessuna regione la Chiesa può rinchiudersi in se stessa, anche se travagliata da difficoltà e carenze interne, tra cui in particolare la diminuzione delle vocazioni sacerdotali e religiose. Bisogna piuttosto mantenere larghi i propri orizzonti, confidando nella promessa del Signore: «Date e vi sarà dato» (Lc 6, 38). Infatti, «la fede si rafforza donandola! La nuova evangelizzazione dei popoli cristiani troverà ispirazione e sostegno nell'impegno per la missione universale»[23]. L'animazione missionaria deve quindi nutrire e permeare tutta l'opera pastorale e formativa delle comunità, perché cresca sempre di più, sia nei sacerdoti e religiosi sia nei laici, la disponibilità a recarsi là dove la Chiesa ha più bisogno della loro opera per l'evangelizzazione e la promozione umana. Con fiducia preghiamo perciò il Padrone della messe perché mandi operai nella sua vigna, in particolare chiamando dei giovani al sacerdozio e alla vita religiosa.

III. La necessità del dialogo e della cooperazione

con gli altri cristiani, con gli ebrei

e con tutti coloro che credono in Dio

7. L'intima cooperazione con le altre Chiese e comunità ecclesiali

Nell'Assemblea sinodale ci siamo resi conto di quanto la nuova evangelizzazione sia compito comune di tutti i cristiani e di quanto dipenda da ciò la credibilità delle Chiese nella nuova Europa.

Ancora una volta abbiamo costatato quanto l'Europa sia ricca grazie alle sue complementari tradizioni cristiane, identiche in ciò che è essenziale, quella occidentale e quella orientale, con le rispettive peculiarità teologiche, liturgiche, spirituali e canoniche. Le immagini dell'«unica anima che respira con due polmoni», che vogliono descrivere questa realtà ecclesiale, sono state spesso ricordate in questi giorni. Anche in questo caso abbiamo percepito come i diversi doni di ciascuna tradizione possano arricchire e anche correggere l'altra tradizione[24]. Abbiamo parimenti avvertito come anche oggi le divisioni tra i cristiani possano avere delle penose conseguenze.

Intendiamo corrispondere alle esigenze evangeliche della verità e della carità così come sono state esposte dal Successore di Pietro nell'Azione ecumenica del 7 dicembre: «Queste (esigenze) suppongono il leale riconoscimento dei fatti, con disponibilità a perdonare e riparare i rispettivi torti. Esse impediscono di rinchiudersi in preconcetti, spesso fonte di amarezza e di sterili recriminazioni; conducono a non lanciare accuse infondate contro il fratello attribuendogli intenzioni o propositi che non ha. Così, quando si è animati dal desiderio di comprendere realmente la posizione dell'altro, i contrasti si appianano mediante un dialogo paziente e sincero, sotto la guida dello Spirito Paraclito»[25].

Riguardo alle Chiese orientali, dobbiamo chiederci se il dialogo della carità sin qui sviluppato a partire dal Concilio Vaticano II, in rapporto alle recenti difficoltà nuovamente insorte sia stato sempre ben condotto. Ci ha molto addolorati il fatto che alcune Chiese ortodosse abbiano ritenuto di non poter accettare l'invito a partecipare alla nostra Assemblea. Nelle nostre riflessioni e nelle conversazioni con i Delegati fraterni ci siamo persuasi che il dialogo già così fruttuoso deve essere proseguito con tutte le forze e realizzato in modo più profondo, innanzitutto per essere fedeli alla volontà del Signore. Invitiamo di cuore le Chiese sorelle ortodosse a questo dialogo, memori della nostra comune responsabilità per la testimonianza del Vangelo di fronte al mondo e soprattutto di fronte al Signore della Chiesa: il fine di questo dialogo è giungere alla piena unità (cfr. Gv 17, 21). Sappiamo che sono assolutamente necessarie in vista di questo dialogo molta pazienza e comprensione. Coloro che fra di noi appartengono alle Chiese orientali cattoliche, si trovano sotto questo profilo in una situazione di particolare difficoltà. Tutti noi abbiamo riconosciuto in loro un elemento costruttivo per l'incremento del dialogo ecumenico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa. Né possiamo ignorare che proprio queste Chiese, nell'oppressione subita dal comunismo, hanno offerto a noi tutti, e continuano anche oggi a offrirci, una testimonianza sicura di perseveranza nella fede. Così come non vogliamo dimenticare la forte testimonianza di fede che ci hanno dato i nostri fratelli ortodossi e protestanti. Ci auguriamo che la comune esperienza della persecuzione possa creare una nuova base per una più profonda comprensione ecumenica e per una giusta pacificazione.

Con le Chiese della tradizione riformata, a partire dal Concilio e per mezzo di multiformi dialoghi e di molteplici e riuscite iniziative nella comune testimonianza e nel comune servizio cristiano, abbiamo eliminato molte incomprensioni e siamo pervenuti a un grande ravvicinamento. Sappiamo anche però che tuttora non poche cose ci separano dolorosamente, non da ultimo nella comprensione della Chiesa e specialmente del ministero, e che non è possibile prescindere dai problemi dottrinali, se non vogliamo cadere nel pericolo di predicare il Vangelo in modi contraddittori. Ma poiché sappiamo e ancora una volta ci siamo resi conto di quante persone patiscano scandalo da questa separazione ancora persistente, vogliamo proseguire con tutte le forze questo fruttuoso dialogo.

Per promuovere l'ecumenismo è di grande importanza l'apostolato biblico, che nasce dalla nostra comune riverenza per la Sacra Scrittura. Al compito ecumenico appartiene anche la sollecitudine per gli uomini e le società, soprattutto per i poveri, e in particolare oggi il comune impegno che va esercitato per l'edificazione di una vera comunità dei popoli europei.

8. Lo speciale rapporto con gli Ebrei

Nella costruzione del nuovo ordine europeo e mondiale, una grande importanza ha il dialogo tra le religioni, e prima di tutto con i nostri «fratelli maggiori» ebrei, la cui fede e cultura rappresentano un elemento costitutivo dello sviluppo della civiltà europea.

Dopo la tragedia dell'olocausto perpetrata nel nostro secolo, al dolore per il quale la Chiesa intimamente partecipa, nuovi sforzi debbono essere compiuti in vista di una più profonda conoscenza del giudaismo, mentre devono essere rigettate tutte le forme di antisemitismo, che sono contrarie sia al Vangelo sia alla legge naturale. Si raccomandano grandemente tutti quei sussidi che, secondo l'intenzione del Concilio Vaticano II[26], possono far crescere in modo conveniente le relazioni positive con il popolo ebraico attraverso la predicazione e l'opera educativa della Chiesa.

La Chiesa tiene in alta considerazione le comuni radici tra il cristianesimo e il popolo ebraico: basti ricordare che nell'ambito della religione israelitica Gesù stesso ha posto gli inizi della sua Chiesa. Memore del patrimonio spirituale, costituito in primo luogo dalla Sacra Scrittura, che la congiunge con il giudaismo, la Chiesa nell'attuale situazione europea, intende operare perché fiorisca una nuova primavera nelle relazioni reciproche tra le due religioni. Infatti, la comune collaborazione a molteplici livelli tra cristiani ed ebrei nel rispetto della diversità e dei contenuti specifici delle rispettive religioni, può assumere un grandissimo significato per il futuro religioso e civile dell'Europa e per il compito che essa ha nei confronti del resto del mondo.

9. La comune responsabilità con tutti coloro che credono in Dio

Anche il rapporto con l'Islam riveste un'importanza particolare per la religione cristiana e la cultura europea, non solo a motivo del passato, ma anche nella prospettiva del presente e del futuro, legata agli ingenti flussi immigratori dai paesi musulmani e alle strette relazioni già esistenti con essi. Nonostante le note difficoltà, il dialogo con i musulmani si rivela oggi quanto mai necessario; ma deve essere condotto con prudenza, con chiarezza di idee circa le sue possibilità e i suoi limiti, e con fiducia nel progetto di salvezza di Dio nei confronti di tutti i suoi figli. Affinché la solidarietà reciproca sia sincera, è necessaria la reciprocità nei rapporti, soprattutto nell'ambito della libertà religiosa, che costituisce un diritto fondato nella stessa dignità della persona umana[27] e che pertanto deve essere valido in ogni luogo della terra.

Il fenomeno delle migrazioni, di giorno in giorno crescente, esige che le altre religioni siano meglio conosciute, per poter instaurare un fraterno colloquio con le persone che ad esse aderiscono e vivono in mezzo a noi. Insieme con loro intendiamo rispettare e promuovere la giustizia sociale, i beni morali, nonché la pace e la libertà per tutti; con un comune impegno siamo pure tenuti a salvaguardare la creazione donata da Dio a tutti gli uomini e anche alle future generazioni.

D'altra parte, il rispetto della libertà e la giusta consapevolezza dei valori che si trovano nelle altre tradizioni religiose non devono indurre al relativismo, né indebolire la coscienza della necessità e dell'urgenza del comandamento di annunciare Cristo. Nel presente contesto pluralistico, la scelta della Chiesa non è il relativismo, ma un sincero e prudente dialogo, che «lungi dall'indebolire la fede la renderà più profonda»[28]. In realtà, la nuova evangelizzazione esige la formazione di sacerdoti, religiosi e laici pienamente radicati nella propria fede e pertanto capaci di intraprendere questo molteplice dialogo.

IV. L'impegno della Chiesa per l'edificazione

di un'Europa aperta alla solidarietà universale

10. L'impegno della Chiesa per l'edificazione della nuova Europa

La nuova evangelizzazione costituisce una sfida non solo per i singoli cristiani e le comunità ecclesiali, ma anche per la costruzione di una società più umana. La Chiesa, infatti, ha la missione di dischiudere il mistero rivelato in Gesù Cristo per la salvezza del mondo e che riguarda tutti gli aspetti della vita umana. Per questo, mentre annuncia e vive il Vangelo, la Chiesa si fa allo stesso tempo serva degli uomini[29]. Benché questa missione riguardi tutti i fedeli, i laici —sia uomini che donne, sia adulti che giovani— e le loro varie associazioni possiedono in questo campo, in virtù della loro «indole secolare», una missione del tutto particolare. L'Esortazione apostolica Christifideles laici ha descritto in modo accurato questa missione, a cui proprio i laici devono essere specialmente formati. Per il contributo dei laici alla costruzione della nuova Europa hanno principalmente valore la promozione della dignità umana, il rispetto inviolabile della vita, il diritto alla libertà di coscienza e di religione, il matrimonio e la famiglia come campi primari per l'impegno sociale e l'«umanizzazione» della società, il servizio della carità e le opere di misericordia, l'impegno per il bene comune e quello nella vita politica, la responsabilità nella vita economica, l'impegno per la salvaguardia del creato, l'evangelizzazione nel campo della cultura, dell'istruzione e dell'educazione, così come in quello dei mezzi di comunicazione sociale[30].

La Chiesa non può dunque rinunciare a svolgere la propria missione pubblica. Nello stesso tempo deve guardarsi dal ritornare, nell'adempimento della sua missione, a forme del passato, che oggi potrebbero essere dannose per la Chiesa stessa. Sotto l'impulso della rivelazione cristiana e attraverso lunghe vicissitudini storiche, la civiltà europea ha raggiunto quella distinzione senza separazione dell'ordine religioso e dell'ordine politico, che tanto contribuisce al progresso dell'umanità. Benché favorisca decisamente la democrazia, rettamente intesa[31], la Chiesa non è legata a un determinato sistema politico[32]. Ha però una propria responsabilità riguardo alla formazione della società umana, a cui non può rinunciare e che adempie anzitutto per mezzo della sua dottrina sociale, che appartiene al compito della nuova evangelizzazione[33].

Il principio della dignità della persona umana —con i diritti fondamentali che le appartengono antecedentemente ad ogni statuizione sociale, e che pertanto non possono venirle negati o sottratti neppure attraverso una decisione della maggioranza—, il principio della sussidiarietà —che concerne i diritti e le competenze di tutte le comunità— e quello della solidarietà —che postula l'equilibrio tra i più deboli e i più forti—, possono costituire, in verità, come le colonne della nuova società che dev'essere edificata in Europa. Perciò la conoscenza della dottrina sociale è necessaria per tutti coloro che in spirito cristiano sono impegnati nella costruzione della nuova Europa. Il piano degli studi nelle scuole teologiche deve quindi contemplare la formazione alla dottrina sociale e alla promozione della diaconia della carità[34].

Il riconoscimento della positività dell'economia di mercato e della libera impresa e la promozione del loro sviluppo anche nei paesi dell'Europa centro_orientale devono essere perseguiti con lucida consapevolezza. E' necessario orientarli al bene comune e sostenere i legittimi sforzi dei lavoratori per conseguire il pieno rispetto della loro dignità e spazi maggiori di partecipazione nella vita delle aziende in cui prestano la loro opera[35]. L'inizio del «Mercato Unico Europeo» ci interpella e ci provoca: è urgente soprattutto una cultura della solidarietà che sappia individuare le vie di una giusta soluzione per le antiche e nuove povertà.

Nell'attuale società europea è di grande importanza la questione della donna[36]. Solo una cultura della reciprocità tra uomo e donna potrà incanalare nella giusta direzione le legittime aspirazioni delle donne, spingendo le nostre società civili e politiche a passare dal doveroso riconoscimento formale della parità dei diritti al loro pieno esercizio, così che l'inserimento delle donne nelle strutture e nelle istituzioni possa svilupparsi non in alternativa, ma in organico rapporto con la loro specifica missione nella famiglia e nella trasmissione della vita. A queste condizioni le donne potranno dare tutto il loro contributo all'elaborazione di una cultura e di un assetto sociale meglio corrispondenti alla verità integrale, personale e comunitaria, dell'essere umano.

Poiché il diritto alla vita in molte nazioni dell'Europa odierna, sia all'Ovest che all'Est, è gravemente conculcato, soprattutto nel caso dell'aborto e dell'eutanasia, il nostro Sinodo raccomanda alle singole Chiese e in particolare alle Conferenze episcopali la celebrazione annuale in tutte le comunità e le parrocchie di una «giornata o settimana della vita» che, col tempo, potrà essere anche fissata di comune accordo per lo stesso giorno o la stessa settimana.

Dev'essere pienamente difeso il diritto alla salvaguardia della salute e, per quanto possibile, al suo ristabilimento; la sollecitudine di tutta la società e la cura pastorale della Chiesa devono esercitarsi nei confronti di tutti coloro che sono colpiti da malattia, e in modo particolare dalle malattie tipiche del nostro tempo. Tutti gli operatori sanitari devono essere formati anche nel campo della morale e in quello della bioetica.

La Chiesa stima grandemente il valore perenne della famiglia, fondata nel matrimonio, perché è istituita dal Creatore e costituisce una pietra fondamentale per l'edificazione della Chiesa e della società. Chiede pertanto a tutti, specialmente a coloro che hanno una responsabilità nella società, sia in ambito politico e legislativo, sia in ambito amministrativo, sociale ed economico, che difendano la famiglia e la promuovano nei suoi diritti. L'Assemblea sinodale propone perciò nuovamente all'attenzione dei governi la Carta dei diritti della famiglia preparata dalla Santa Sede (1983), anche in relazione al futuro Anno mondiale della famiglia (1994). Le politiche sociali dirette ai settori più deboli delle popolazioni devono essere unificate e rafforzate, anche attraverso l'attiva e responsabile partecipazione delle stesse famiglie e delle loro associazioni. In effetti, hanno grande importanza in Europa le organizzazioni e le associazioni laicali per la famiglia. Chi si impegna per proteggere e favorire l'istituto matrimoniale e la famiglia acquisisce grandissimi meriti per la sorte futura dell'Europa.

Attraverso l'azione comune e coordinata con l'intervento dell'autorità pubblica, occorre tendere all'eliminazione di tutto ciò che è contrario alla dignità umana e realmente dannoso, come la pornografia, il commercio e l'uso della droga e la criminalità organizzata.

Il processo di unificazione in Europa e in modo particolare le Istituzioni Europee e la Conferenza per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa implicano una grande responsabilità per le Chiese. La casa comune europea si può costruire su fondamenta sicure se nasce non soltanto per motivi economici. Anzi, la nuova Europa presuppone sempre nella sua edificazione il consenso e il riconoscimento dei valori fondamentali e richiede una genuina ispirazione ideale. Sotto questo profilo, il contributo della Chiesa per la nuova Europa non rappresenta certo un elemento secondario e deve accompagnare l'impegno dei fedeli laici operanti in campo sociale e politico.

Mentre progredisce il cammino verso l'unità europea, si pone ora di nuovo in modo acuto, in molte parti d'Europa, il problema delle relazioni tra le nazioni. Esse rappresentano delle vitali realizzazioni culturali, che esprimono le ricchezze dell'Europa. Le differenze nazionali pertanto non devono scomparire, ma piuttosto essere mantenute e coltivate come il fondamento, storicamente sviluppatosi, della solidarietà europea. Tuttavia, dopo il crollo del regime marxista, che era collegato a una forzata uniformità dei popoli e all'oppressione delle piccole nazioni, non di rado insorge il pericolo che i popoli dell'Europa dell'Est e dell'Ovest ritornino a suggestioni nazionalistiche. In realtà, la stessa identità nazionale non si realizza se non nell'apertura verso gli altri popoli e attraverso la solidarietà con essi. I conflitti devono essere risolti mediante le trattative e i negoziati e non attraverso l'uso della violenza, in qualsiasi forma, finalizzata ad ottenere la sottomissione degli altri: violenza che anche durante il Sinodo, come hanno testimoniato i vescovi della Croazia, non cessa di distruggere la loro patria. Non bisogna dimenticare i diritti delle minoranze, ma piuttosto conservare e favorire le tradizioni di ogni popolo. La Chiesa cattolica —che riconosce e afferma il valore positivo dell'identità nazionale— in quanto comunità che si compone di molti popoli trascende allo stesso tempo tutti i particolarismi. La stretta comunione con la Chiesa universale —con Pietro e sotto di lui— ha spesso preservato in modo straordinario le Chiese particolari dall'essere assorbite dai diversi sistemi politici nazionali. Anche per la situazione odierna, questo principio della cattolicità deve conservare tutta la sua efficacia.

11. Per un'Europa aperta alla solidarietà universale

L'Europa ha trasmesso a tutto il mondo molte conquiste culturali e tecniche che oggi costituiscono un patrimonio della civiltà universale. Tuttavia la storia dell'Europa conosce anche molti lati oscuri, tra i quali bisogna annoverare l'imperialismo e l'oppressione di molti popoli con lo sfruttamento sistematico dei loro beni. Dobbiamo perciò respingere un certo spirito eurocentrico, di cui possiamo oggi riconoscere tutte le conseguenze.

Ai nostri giorni, grazie al superamento del conflitto tra Est e Ovest, il futuro dell'Europa è aperto come non lo era da lungo tempo. Benché la ricostruzione della società in molte regioni dell'Europa orientale si presenti assai più impegnativa di quanto si attendesse, e richieda la mobilitazione di tutte le forze, per l'Europa è un'urgente necessità saper guardare al di là dei propri confini e del proprio interesse. Il grido del Cristo sofferente giunge oggi a noi con drammatica intensità dal Sud del mondo, dove popoli ridotti alla miseria attendono una solidarietà coraggiosa ed efficace contro la fame, le molteplici sofferenze e le ingiustizie che li affliggono. A questo grido occorre rispondere con concrete scelte concernenti, ad esempio, l'abolizione del commercio delle armi, l'apertura dei nostri mercati, una gestione più equa del debito internazionale, il sostegno a tutto ciò che può favorire in queste regioni lo sviluppo della cultura e dell'economia insieme con la promozione di governi democratici. Del resto, l'Europa stessa può attingere molte ricchezze dai tesori degli altri popoli e delle altre culture.

Tali situazioni di necessità non si manifestano soltanto nelle regioni più povere, ma, con il crescere delle migrazioni, toccano anche sempre più da vicino i confini dell'Europa. La giustizia e la carità esigono che un così gran numero di persone possa trovare nei propri paesi pane, lavoro e rispetto della propria dignità, e che perciò non debba fuggire dalla propria patria verso un luogo sconosciuto di esilio. Va anche ricordato, però, che esiste un dovere di accoglienza e che va promossa una cultura idonea ad esercitarlo, insieme a misure concrete e tempestive che attenuino le difficoltà e consentano piuttosto l'integrazione —nel rispetto della propria legittima identità— di coloro che vengono nei nostri paesi a causa di questi movimenti migratori. Non si può tacere del resto che spesso gli stessi paesi che accolgono gli immigrati hanno bisogno di loro per il proprio progresso.

Le molte forme di indigenza e le grandi sofferenze del mondo ci ricordano le promesse escatologiche di Dio, che non possono trovare piena realizzazione su questa terra. Attraverso l'impegno di solidarietà e di carità possiamo però, nel cuore di un'umanità divisa e lacerata, lanciare degli impulsi e coltivare dei semi per il futuro compimento della perfezione eterna.

Conclusione

San Paolo approdò per la prima volta in Europa durante il suo secondo viaggio missionario (cfr. At 15, 36_18. 22). A Troade, durante la notte, ricevette una visione profetica: «Gli stava davanti un Macedone e lo supplicava: "Passa in Macedonia e aiutaci!". Dopo che ebbe avuto questa visione, subito cercammo di partire per la Macedonia, ritenendo che Dio ci aveva chiamati ad evangelizzarli» (At 16, 9_10). Avvenne così il passaggio all'Europa: lo Spirito di Dio aprì la strada del Vangelo al nostro continente.

E' significativo che già in questo primo inizio della fede in Europa sia presente quella parola —evangelizzazione— che è diventata oggi per noi una parola chiave per la nostra vita e la nostra missione di cristiani. Nella persona del macedone l'Europa si è dichiarata disposta ad accogliere il Vangelo. Sappiamo però anche quanto sia stato arduo per Paolo questo annuncio del Vangelo soprattutto ad Atene e a Corinto (cfr. At 17, 16_34; 18, 1_17). L'esempio e la fede indomita dell'Apostolo ci incoraggiano decisamente ad intraprendere la nuova evangelizzazione.

In questi giorni dell'Avvento, durante i quali ci prepariamo ad accogliere il Signore, preghiamo Dio Padre, per intercessione dei Santi Benedetto, Cirillo e Metodio, affinché gli uomini e le donne dell'Europa, avvertendo la loro più radicale indigenza, sappiano chiedere quell'aiuto che veramente salva e —come il macedone— invitino Gesù stesso e i suoi annunciatori con le parole: «Passa... e aiutaci!».

Maria, Madre del Signore e causa della nostra speranza, ci insegna ad essere aperti agli impulsi di Dio e ad attendere umilmente la salvezza. Ci insegna ad accogliere in noi la Parola di Dio e a metterla in pratica con tutto il cuore: «E sua madre serbava tutte queste parole nel suo cuore» (Lc 2, 51 b). Così ella ha accompagnato, a fianco di suo Figlio, l'inizio dell'evangelizzazione. Anche oggi dimora «concorde nella preghiera», come prima della Pentecoste (cfr. At 1, 14), nel cuore della Chiesa, ed invoca insieme a noi lo Spirito Santo. «Possa ella rifulgere come Stella dell'evangelizzazione da rinnovare sempre»[37], indicandoci come Odighitria la via per giungere a Cristo e alla piena unità tra i suoi discepoli, «affinché il mondo creda» (Gv 17, 21). Così ella, anche in questi giorni, ci prenderà per mano come madre dolcissima e ci condurrà al Bambino nella mangiatoia, a Colui che è insieme il Signore e il Redentore del mondo, mentre il grande coro celeste loda Dio (cfr. Lc 2, 14): «Gloria a Dio nel più alto dei cieli, e pace in terra agli uomini di buona volontà».

[1] Cristianesimo e cultura in Europa. Memoria, coscienza, progetto. Atti del Simposio pre-sinodale (Vaticano 28-31 ottobre 1991), Forlì 1991.

[2] Cristianesimo e cultura in Europa. Memoria, coscienza, progetto. Atti del Simposio pre-sinodale (Vaticano 28-31 ottobre 1991), Forlì 1991.

[3] Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 11.

[4] Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 13.

[5] Paolo VI, Es. ap. Evangelii nuntiandi, 2.

[6] Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 41; Giovanni Paolo II, Omelia nell'inaugurazione del Sinodo (28 novembre 1991) in: "L'Osservatore Romano", 9-10.XII.1991, p. 1.

[7] Paolo VI, Es. ap. Evangelii nuntiandi, 19.

[8] Giovanni Paolo II, Es. ap. Christifideles laici, 34.

[9] Cfr. Paolo VI, Es. ap. Evangelii nuntiandi, 22; Giovanni Paolo II, Es. ap. Redemptoris missio, 5-6; 17-19.

[10] Adv. haer. IV 20, 7.

[11] Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso al Simposio pre-sinodale, 3 (31 ottobre 1991), in: "L'Osservatore Romano", 1.XI.1991, p. 4.

[12] Ibid., 5.

[13] Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 24.

[14] Cfr. S. Tommaso, I-II, q. 106, a. 1.

[15] Concilio Vaticano II, Cost. dog. Lumen gentium, 35.

[16] Giovanni Paolo II, Es. ap. Christifideles laici, 29.

[17] Concilio Vaticano II, Cost. dog. Lumen gentium, 11; Giovanni Paolo II, Es. ap. Familiaris consortio, 53-76.

[18] Giovanni Paolo II, Es. ap. Catechesi tradendae, 19 ss.

[19] Congregazione per la Dottrina della Fede, Istruzione sulla missione ecclesiale del teologo.

[20] Concilio Vaticano II, Cost. dog. Lumen gentium, 1.

[21] Concilio Vaticano II, Cost. dog. Lumen gentium, 4.

[22] Concilio Vaticano II, Cost. dog. Lumen gentium, 13.

[23] Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris missio, 2.

[24] Concilio Vaticano II, Decr. Unitatis redintegratio, 4.

[25] Giovanni Paolo II, Allocuzione nell'Azione ecumenica del 7.XII.1991.

[26] Concilio Vaticano II, Dich. Nostra aetate, 4.

[27] Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae, 2.

[28] Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso — Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, Dialogo e annuncio, 50.

[29] Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 40 e 42; Giovanni Paolo II, Es. ap. Christifideles laici, 36.

[30] Cfr. Giovanni Paolo II, Es. ap. Christifideles laici, 37-44.

[31] Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 46-47.

[32] Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 76.

[33] Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 5.

[34] Congregazione per l'Educazione Cattolica, La dottrina sociale della Chiesa nella formazione sacerdotale. Orientamenti per lo studio e l'insegnamento.

[35] Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 42-43.

[36] Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. ap. Mulieris dignitatem.

[37] Paolo VI, Es. ap. Evangelii nuntiandi, 82.

Romana, n. 13, Luglio-Dicembre 1991, p. 228-245.

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