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Omelia a Nazaret

Nell’omelia che ha tenuto a Nazaret, il Prelato, fra l’altro, ha ricordato:

«Il Signore è tanto buono che ci ha voluto lasciare questi ricordi della sua vita terrena, della sua venuta al mondo. È sempre un grande privilegio celebrare o partecipare alla Santa Messa, ma qui sembra più facile parlare con Dio, considerare con gioia l’Amore che il Signore coltiva per tutti noi, ed è un privilegio speciale poter celebrare la Santa Messa.

»Quaggiù, in questa grotta, nel luogo segnato dalla scritta, il Verbo si è fatto carne. Pensate: il Dio Onnipotente, infinitamente grande, ha preso carne umana. Dove? In un focolare dove tutto è povertà. E dove nacque? In un’altra grotta, che ora, col passar degli anni, si trova molti metri sottoterra. Lì è nato il Signore. Perché? Per dare a noi la vita. Si è fatto mortale, vivendo in questo modo —e poi, morendo com’è morto— perché noi potessimo vivere.

»Il Signore permette alle volte che sperimentiamo il dolore, la sofferenza, la prova. Ma tutte queste cose sono in realtà carezze che ci debbono portare ancora più vicini a Lui. Oggi, nel contemplare questa scena meravigliosa narrataci dagli evangelisti, è più facile pensare al fatto che il Signore, quando permette le sofferenze, ci trasmette anche il suo Amore in modo ancora più tangibile, per renderci più simili a Lui.

»Qui, intorno all’altare, ci siamo riuniti un piccolo gruppo di sacerdoti e laici dell’Opus Dei per la Santa Messa. E diciamo: Signore, grazie perché sei tanto buono con noi! Grazie perché ti sei degnato di venire al mondo, assumendo la nostra carne umana da quella fanciulla meravigliosa che è la Vergine Maria, affinché noi potessimo essere santi ed imparassimo a lottare e a dirti: Signore, voglio ciò che Tu vuoi; voglio perché Tu lo vuoi; voglio quando Tu lo vorrai!»

Quindi ha pregato per il Santo Padre, per tutta la Chiesa, per l’Opus Dei e per ciascuno dei suoi membri, ricorrendo all’intercessione della Madonna:

«Preghiamo in primo luogo per il Santo Padre e per la Chiesa universale, per la Chiesa cattolica. Preghiamo in modo particolare per il Papa, che ha molto bisogno della nostra preghiera. Il Papa ha molti nemici, ma il Signore lo colma di pace e di gioia. Lui non si preoccupa affatto degli attacchi contro la sua persona; l’unica cosa che gli provoca dolore è la mancanza d’amore che si diffonde un po’ ovunque. Figli miei, c’è poco amore di Dio!

»Questo è anche per noi il momento di fare un esame di coscienza e vedere come va il nostro amore di Dio. Non è forse vero che possiamo dare di più al Signore? Dio ha diritto di chiederci di più, perché ci dona tanta grazia e ci rende capaci di rispondere alla sue richieste. Non è difficile! Quando arriverà il momento, dovremo potergli dire: Signore, ho fatto quanto era nelle mie mani, ho fatto tutto ciò che potevo. E Lui ci riceverà, come il padre della parabola ha ricevuto il figliol prodigo.

»Ma non ripetiamo gli errori del figliol prodigo! Figli miei, dobbiamo essere fedeli, fedeli fino alla morte, che verrà quando Dio vorrà. Dio vi benedica!»


Il terzo giorno del pellegrinaggio è trascorso nelle vicinanze del lago di Genesaret. Nei pressi di Tabga, sulla riva nord-occidentale, si trova la Chiesa della Moltiplicazione dei pani e dei pesci; qui Mons. Alvaro del Portillo si è raccolto in preghiera ed ha voluto mettere il crocifisso, la corona del rosario e la croce pettorale a contatto con la pietra su cui la tradizione dice che il Signore posò il cibo miracoloso.

Quindi si è recato nel tempio, situato sulla riva del lago di Tiberiade, dove si commemora l’apparizione di Cristo risorto a San Pietro e agli altri Apostoli. Nella Chiesa del Primato, i frati francescani, come sono soliti fare con i Vescovi, hanno consegnato anche al Prelato dell’Opus Dei la stola indossata da Paolo VI nel viaggio del 1964, perché impartisse la benedizione ai fedeli. Mons. del Portillo ha accondisceso con gioia, lieto di rendere omaggio a questa reliquia di Paolo VI e di unirsi così spiritualmente al Papa, per le cui intenzioni ha poi recitato il Credo.

Successivamente è giunto alla chiesa che ricorda il Discorso della Montagna, ove ha celebrato la sua seconda Messa in Terra Santa. Al termine della liturgia eucaristica ha spiegato che aveva chiesto al Signore di concedere a tutti i cristiani, ed in particolare i suoi figli della Prelatura, la grazia di adattare integralmente la propria vita al programma tracciato da Gesù nelle Beatitudini.

Mons. Alvaro del Portillo si è quindi incamminato verso la casa di San Pietro, a Cafarnao, con la mente sempre rivolta alla persona e alle intenzioni del Romano Pontefice, per il quale anche qui ha recitato un Credo.

Il Prelato dell’Opus Dei desiderava pregare in barca sul lago di Tiberiade, allo scopo di sentirsi ancora più vicino a Gesù, che tante volte attraversò quelle acque. Nel pomeriggio del 16 marzo, non avendo potuto affittare un’imbarcazione a causa di un contrattempo, ha fatto l’orazione mentale in riva al lago, seduto sul tronco di un vecchio eucaliptus. Come riferisce Mons. Javier Echevarría, «meditò la scena evangelica della pesca miracolosa, nell corso della quale il Signore disse a Pietro: Duc in altum! E, tra l’altro, pregò affinché le sue figlie e i suoi figli, seguendo l’esempio del Beato Josemaría, sentissero sempre la voce di Gesù, duc in altum!, che invita i cristiani a spingersi al largo nel mare del mondo e a rendergli testimonianza audace con la propria vita ordinaria, con la propria vita professionale, vibrando di zelo apostolico».


Il giorno successivo, 17 marzo, Mons. del Portillo si è trasferito da Nazaret a Cana, dove ha visitato la Chiesa delle Nozze. Nell’osservare un antico otre, simile a quelli che venivano usati ai tempi di Gesù per contenere il vino, ha pregato la Madonna di aiutare i cristiani a seguire sempre il consiglio da lei rivolto ai servi di Cana: “fate quello che Lui vi dirà”.

Poi ha proseguito verso il Monte Tabor, luogo della Trasfigurazione del Signore, dove ha concelebrato in una cappella del santuario con i sacerdoti che lo accompagnavano. L’altezza della cima ha suggerito al Prelato l’idea che il Signore abbia scelto quel luogo, impervio e non facilmente accessibile, allo scopo di insegnarci che per arrivare a Dio è anche necessario lo sforzo da parte dell’uomo. Ed ha sottolineato come sia possibile avere un anticipazione della visione di Dio su questa terra se lo si cerca con vero impegno, se lo si frequenta con assiduità e lo si ama con fervore.

Dal Monte Tabor ha quindi seguito il corso del Giordano, verso Gerusalemme. Dopo una breve sosta a Gerico per ammirare un antico sicomoro, come quello su cui era salito Zaccheo per vedere il Signore, è giunto nella Città Santa alla fine dalla mattinata.

Appena possibile, Mons. del Portillo si è diretto alla Basilica del Santo Sepolcro, emozionato di recarsi nel luogo in cui il Signore consumò il dono di se stesso agli uomini. Una volta in chiesa, si è inginocchiato ed ha baciato con devozione la pietra dove, secondo la tradizione, è stato imbalsamato il corpo di Gesù. Quindi, come racconta Mons. Echevarría, si è recato al Santo Sepolcro: «È un luogo molto stretto, dove possono entrare solo sei persone per volta. Ci siamo messi in fila e il Padre ha iniziato subito a fare l’orazione, isolandosi da tutto ciò che avveniva all’intorno ed immergendosi nella contemplazione di tutto ciò cui il Signore è giunto per ciascuno di noi. Quando siamo arrivati all’interno del Santo Sepolcro, abbiamo visto la pietra dove fu posto il corpo di Gesù. Il Padre si è prostrato in ginocchio ed è rimasto a lungo con le mani, le braccia e la testa appoggiate sulla pietra. Non fu facile per noi lasciare quel luogo, perché vedevamo il Padre molto raccolto, completamente immerso in Dio. Ci siamo fermati davvero a lungo».

Uscito dalla chiesa, Mons. del Portillo è andato a visitare i fedeli della Prelatura nei rispettivi Centri di Gerusalemme. Fra l’altro, ha commentato: «È stata una successione di emozioni molto intense, da un luogo santo all’altro. Abbiamo fatto l’orazione in riva al mare di Galilea, seduti su dei tronchi. Com’è stato facile immaginare il Signore mentre percorreva in lungo e in largo quei posti!».


Il 18 marzo, il Vescovo Prelato dell’Opus Dei è rimasto a Gerusalemme. La mattina ha concelebrato la Santa Messa nella Basilica del Santo Sepolcro, all’altare che commemora l’apparizione di Gesù risorto a Maria Maddalena.

Poi si è recato al Dominus flevit, dove il Signore pianse su Gerusalemme e ha concluso la mattinata con una visita al Monte degli Olivi.

Dopo il pranzo, consumato in compagnia di alcuni membri della Prelatura, ai quali ha ricordato le speranze che il Fondatore dell’Opus Dei riponeva nell’attività apostolica in Terra Santa, Mons. del Portillo si è recato all’Orto del Getsemani e si è trattenuto in orazione nella Chiesa dell’Agonia. Anche qui ha voluto mettere alcuni oggetti di pietà a contatto con la pietra sulla quale Gesù perseverò in orazione. I francescani custodi del luogo gli hanno regalato alcuni ramoscelli d’olivo. Egli decise che ne avrebbe inviato in dono uno al Santo Padre nella prossima Domenica delle Palme. Dopo il transito al Cielo del Prelato dell’Opus Dei, il Vicario Generale, Mons. Echevarría, si è premurato eseguire questo desiderio di Mons. del Portillo.

Nel pomeriggio Mons. del Portillo è tornato nei Centri della Prelatura, per trascorrere un po’ di tempo con i suoi figli; ha scambiato con loro le proprie impressioni sulla giornata trascorsa e si è interessato delle persone che sono in contatto con i mezzi di formazione promossi nei Centri.


Il giorno successivo, 19 marzo, solennità di San Giuseppe, egli è partito alla volta di Betlemme. Prima di giungervi, ha sostato nel cosiddetto Campo dei Pastori, dove ha potuto visitare le grotte che ricordano l’annuncio ai pastori della nascita di Gesù. Quindi, nella Basilica della Natività, ha celebrato la Santa Messa all’altare del Presepio e ha pronunciato la seguente breve omelia.

Romana, n. 18, Gennaio-Giugno 1994, p. 104-108.

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