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Nell’apertura dell’anno accademico 1995-96 al Pontificio Ateneo della Santa Croce, il Gran Cancelliere ha pronunciato il discorso che qui riportiamo (25-X-1995).

Dopo aver ascoltato la prolusione del professore Valentín Gómez-Iglesias e la relazione annuale del Segretario Generale non posso fare altro che ringraziare di cuore il Signore, ben sapendo che quella cornice racchiude le singole e quotidiane attività delle lezioni, dei seminari, degli incontri per la preparazione delle tesi e delle tesine, e tutte le altre attività riguardanti la parte amministrativa e tecnica, sia in questa sede che nella biblioteca. Tutte queste attività vedono coinvolte tante carissime persone —lo dico di cuore— nell’unica comunità accademica, che comprende anche l’Istituto Superiore di Scienze Religiose all’Apollinare. Ringrazio il Signore e ringrazio anche voi per l’impegno evidente, confermato da risultati ben tangibili, in quest’opera così importante al servizio della Chiesa universale, insieme agli altri atenei e università pontificie di Roma.

L’inizio dell’anno accademico è un’occasione direi di festa e di speranza nei frutti che il Signore attende da noi nella nuova tappa che stiamo per intraprendere. Sono questi i miei sentimenti nel vedervi qui riuniti e preparati per il lavoro che ricomincia.

Ma c’è un motivo particolare di gioia e di ringraziamento, palese a tutti. L’inizio del nuovo anno accademico coincide con la recente lieta notizia della concessione, da parte di Sua Santità Giovanni Paolo II, del titolo di Pontificio al nostro Ateneo. Come ho avuto modo di manifestare in una mia lettera al Rettore Magnifico, il nuovo titolo con cui adesso la nostra istituzione accademica si vede onorata rappresenta un “segno della fiducia e del paterno affetto con cui il Papa segue il nostro impegno di servizio alla Chiesa”. Vorrei esprimere a nome di tutti la nostra più profonda gratitudine filiale verso il Santo Padre, nella consapevolezza che il suo gesto, mentre ci incoraggia a proseguire con più dedizione questa nostra impresa, iniziata ormai undici anni fa, nello stesso tempo conferma ancor di più la responsabilità del nostro compito dinanzi alla Chiesa e dinanzi alle attese del Romano Pontefice nei nostri confronti.

Il nuovo titolo di Pontificio esprime senz’altro un particolare legame dell’Ateneo al Romano Pontefice e, insieme a lui, a tutto il Collegio episcopale. Ciascuno di voi cercherà di rinsaldarlo, di renderlo più forte, a tutti i livelli, attraverso il vostro lavoro in queste aule. Sogniamo per un attimo, come era solito fare il beato Josemaría Escrivá, pensando alle future schiere di alunni che anno dopo anno usciranno da quest’Ateneo ed alle ripercussioni che esse avranno, a livello scientifico e pastorale, in tutte le diocesi del mondo: costituiranno un solido fondamento teologico, filosofico e canonico, per contribuire all’efficacia e all’estensione dell’evangelizzazione. Pensate all’ importanza di questa vicinanza anche fisica al Santo Padre, voluta da Dio e rinsaldata dal vostro passaggio per queste aule universitarie.

Stiamo gettando le basi per creare, con l’aiuto del Signore, nel nostro Ateneo tradizioni vive di serietà nello studio, di costanza nella ricerca scientifica, di sensibilità pastorale, di collaborazione fraterna e generosa tra i professori, gli alunni e le Facoltà; tradizioni, in definitiva, di unità ben salda, e, proprio per questo, naturale, creativa, aldilà dei doveri formali intesi in senso troppo ristretto. Gli undici anni compiuti dall’Ateneo sono il fondamento sul quale dobbiamo costruire per poter diventare anche noi fondamento ampio e sicuro per molti altri.

In questo mio saluto vorrei che tutti, anche gli studenti e il personale docente e non docente arrivato quest’anno, sentiste il Pontificio Ateneo come qualcosa che vi appartiene, come una cosa propria. Che lo sentiste, voglio dire, non solo come un’istituzione dalla quale si riceve una formazione a livello universitario, ma anche come una comunità, con un suo stile di famiglia, pienamente compatibile con la serietà professionale e con tutti i necessari canali amministrativi, tesi ad assicurare un funzionamento ordinato e giusto dell’intero corpo accademico. Ma questo non è solo un sentimento. Comprendete bene che mi riferisco a una realtà spirituale, soprannaturale, ecclesiale, che risponde alla nostra tradizione di questi anni e allo spirito con cui l’Ateneo è nato. L’Ateneo non soltanto intende servire la Chiesa, ma fa parte della realtà misteriosa, affascinante, della Chiesa di Cristo.

Quest’anno sia, dunque, per voi un anno di proficuo lavoro nel Signore e un’occasione di crescita interiore, come Gesù Cristo che cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini (Lc 2, 51).

Invocando, pertanto, l’assistenza dello Spirito Santo, l’intercessione di Maria Santissima, Sedes Sapientiæ, e la protezione del beato Josemaría, dichiaro inaugurato l’anno accademico 1995-1996. Grazie.

Romana, n. 21, Luglio-Dicembre 1995, p. 379-380.

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