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Nell’apertura dell’anno accademico 1995-96 del Pontificio Ateneo della Santa Croce (25-X-1995), il Gran Cancelliere ha pronunciato la seguente omelia.

Apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro; ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere di esprimersi[1].

Sono molto lieto di trovarmi accanto a voi in questa celebrazione eucaristica per l’inaugurazione dell’anno accademico del nostro Ateneo. Meditiamo ora su questo evento della Pentecoste, proposto dalla liturgia della Parola.

L’effusione dello Spirito Santo sulla prima comunità cristiana fu un momento decisivo nella vita degli Apostoli, il grande avvenimento a partire dal quale prese inizio l’inarrestabile espansione evangelizzatrice della Chiesa di Cristo, nel suo prolungamento fedele fino ai nostri giorni. Fu quello il momento in cui gli Apostoli compresero pienamente la verità di Cristo e si riempirono dei doni dello Spirito, con l’energia soprannaturale adatta ad uno slancio apostolico duraturo, sacrificato e fecondo. Tutti noi partecipiamo adesso, per la grazia battesimale ricevuta, a questo grande evento della Chiesa nascente. Tutti noi abbiamo nei nostri cuori quelle lingue di fuoco che devono bruciare e illuminare la nostra vita e quella di molti altri.

È logico, carissimi studenti, professori e personale amministrativo e tecnico del nostro Ateneo, rivolgersi allo Spirito Santo in questo nuovo inizio dell’anno accademico, ed in modo particolare ora che il nome della nostra istituzione è stato sigillato dal Santo Padre con l’appellativo di Pontificio, e vogliamo essere riconoscenti nel lavoro che ci aspetta quest’anno.

Affidatevi allo Spirito Santo! Affidate a Lui l’anno che incominciamo, un anno di studio per voi studenti e studentesse, un anno di servizio alla Chiesa per ciascuno di voi nei vostri incarichi specifichi, con lo sguardo sempre rivolto ben in alto, verso Dio stesso.

La permanenza a Roma, per voi che siete arrivati da altri Paesi, è un’occasione voluta da Dio affinché possiate romanizzarvi, come voleva il Beato Josemaría Escrivá per i suoi figli e per tutti. «Essere romano —insegnava— non racchiude nessun significato di particolarismo, bensì di ecumenismo autentico; presuppone il desiderio di allargare il cuore, di aprirlo a tutti con l’ansia redentrice di Cristo, che tutti cerca e tutti accogli, perché tutti ha amato per primo»[2].

Il Pontificio Ateneo della Santa Croce sia per voi un luogo sereno di studio, svolto non semplicemente per compiere un dovere o per ottenere un grado accademico, ma soprattutto per diventare più idonei nel servizio ai rispettivi Vescovi, le cui attese e preghiere per voi vorrei adesso accogliere in questo Sacrificio eucaristico. L’Ateneo è un luogo di studio delle scienze ecclesiastiche, studio nella fede, e proprio per questo è anche un luogo di maturazione della vostra vocazione e un momento importante di preparazione per il lavoro fecondo che vi aspetterà quando sarete ripartiti verso tutte le vostre possibili destinazioni.

Non perdete di vista questi grandi orizzonti che danno senso persino alle più piccole cose richieste dall’impegno di studio e di permanenza in questa Città di Roma. Lo sviluppo della vostra vita spirituale presuppone in ciascuno di voi la ricerca di uno stretto intreccio tra lo studio e la vita interiore, perché l’uno si deve alimentare con l’altra: ciò che veramente importa è innamorarsi sempre più di Cristo e rendersi strumenti più efficaci per il servizio della Chiesa, in tutto ciò che Dio vorrà chiederci in ogni momento della vita. Sono orizzonti di grazia, di virtù anche umane, che renderanno gradevoli tutti i piccoli, o talvolta grandi, sacrifici che comporterà per ciascuno di voi la permanenza a Roma in questi anni, il raggiungimento di tanti traguardi parziali e l’adempimento dei vostri doveri quotidiani.

Vorrei in modo particolare che vi affidaste anche all’intercessione del Beato Josemaría Escrivá e di Mons. Álvaro del Portillo. Il Beato Josemaría ebbe il desiderio di creare a Roma quest’Ateneo e a lui si rifà lo spirito profondamente apostolico con cui cerchiamo di costruirlo; e S.E. Mons. Álvaro del Portillo ne è stato il fondatore e guida nei suoi primi dieci anni di vita. Ma non è soltanto per questi motivi, di per sé importanti, che vi consiglio di invocare spesso il loro aiuto dal cielo. Lo faccio soprattutto perché sono certo della loro soprannaturale premura per tutti coloro che si avvicinano, a qualsiasi titolo, a questo Centro di approfondimento della dottrina cristiana, nel cuore della Chiesa Cattolica. Vanno a nostro vantaggio gli innumerevoli sacrifici nascosti, l’orazione perseverante, i lunghi tempi di lavoro spesi da entrambi per molti anni, con il pensiero rivolto in definitiva a voi studenti di questo Ateneo.

“Li udiamo annunziare nelle nostre lingue le grandi opere di Dio”[3], commentavano stupefatti gli ascoltatori degli Apostoli, venuti da tutte le parti del mondo. Era il grande miracolo del dono delle lingue.

Il traguardo dell’evangelizzazione è appunto questo: renderci personalmente capaci di compiere questo annuncio a tutte le genti, con la nostra scienza, maturata nella presenza e nell’amore di Dio, e vivificata dai doni dello Spirito Santo; con la nostra prudenza pratica e, soprattutto, con la nostra santità ardentemente cercata. Il traguardo è parlare delle grandi opere di Dio —magnalia Dei— in modo che ci capiscano in tutte le lingue degli uomini, nessuna esclusa, perché il Vangelo è per tutte le genti[4].

Non saremo soli a farlo. «Lo Spirito Santo realizza nel mondo le opere di Dio», afferma il Beato Escrivá in una sua omelia sullo Spirito Santo[5]. Acquistare questo dono delle lingue, il dono di farci capire e di persuadere superando l’insensibilità e la durezza del cuore che sono frutti del peccato, significa riempirsi dello Spirito Santo. È Lui che parla all’interno dell’anima in cui dimora la Santissima Trinità. Invocatelo spesso nei momenti di studio, con umiltà e docilità, seguendo l’esempio della Madonna, Maestra di accoglienza della Parola di Dio, anzi Sede della stessa Sapienza. Imparate la verità di Dio per comunicarla con generosità, con tutto il suo vigore e le sue esigenze, per trasformarla in vita vissuta e in fermento della Chiesa.

Il vostro soggiorno a Roma coincide, per Provvidenza di Dio, con momenti molto importanti della vita della Chiesa e del mondo. Basta seguire soltanto le attività e il magistero più recenti del Santo Padre per individuarli facilmente: dall’Enciclica Ut unum sint all’esortazione post-sinodale sulla Chiesa in Africa; dall’incontro con i giovani a Loreto al viaggio in America con l’importante discorso alle Nazioni Unite; dalla Lettera alle Donne in occasione della Conferenza Mondiale di Pechino agli interventi per la promozione e la salvaguardia della pace. Forse, come racchiudendo tutto ciò, la preparazione spirituale davanti all’avvento del terzo millennio. Con parole del Santo Padre, risulta chiaro che «nel mondo contemporaneo si sente un particolare bisogno del Vangelo, nella prospettiva ormai vicina dell’anno duemila»[6]

Se consideriamo organicamente tutti questi interventi pastorali di Giovanni Paolo II negli ultimi mesi, certamente troviamo il campo e insieme l’orientamento con cui dobbiamo lavorare per condividere queste «ansie degli uomini del nostro tempo», questo «bisogno del Vangelo» —ansie e bisogni di giustizia, di solidarietà, di carità, di rispetto alla vita, di libertà, e soprattutto ansie di eternità, ansie di Cristo—, per redimere e santificare così la nostra generazione di uomini e donne, che è la generazione del passaggio al prossimo millennio.

Mentre deponiamo sull’altare queste nostre preghiere per proseguire la Santa Messa, rinnoviamo il nostro impegno di servizio perseverante, rivolgendoci particolarmente alla Santissima Vergine, Madre nostra, Madre della Chiesa, Sede della Sapienza. Attraverso la sua mediazione di grazia riceveremo sempre più abbondantemente i doni dello Spirito Santo. Amen.

[1] At 2, 3-4.

[2] Beato Josemaría Escrivá, Omelia Lealtà verso la Chiesa, 4-VI-1972, in «La Chiesa Nostra Madre», Ares, Milano 1993, pp. 62-63.

[3] At 2, 11.

[4] Cfr. Mt 28, 19.

[5] Beato Josemaría Escrivá, È Gesù che passa, Ares, Milano 1982, n. 130.

[6] Giovanni Paolo II, Varcare la soglia della speranza, Mondadori, Milano 1994, p. 129.

Romana, n. 21, Luglio-Dicembre 1995, p. 365-367.

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