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Omelia pronunciata dal Prelato nella cerimonia di ordinazione sacerdotale di diaconi della Prelatura, celebrata nella Basilica di Sant’Eugenio, a Roma, il 15-IX-1995.

Carissimi fratelli e sorelle che gremite questo tempio in festosa testimonianza di amore alla Chiesa. Carissimi diaconi, che vi apprestate a ricevere il dono incomparabile del sacerdozio di Cristo. E voi, genitori cristiani, che, con la vita, avete collaborato alla crescita della loro fede, preparandoli così a rispondere a questa nuova sublime chiamata di Dio. Attorno a quest’altare si consumerà oggi uno dei misteri più insondabili nella vita della Chiesa, e le cui radici affondano nell’infinito amore della Trinità per l’uomo: questi nostri fratelli diaconi saranno consacrati come veri sacerdoti del Nuovo Testamento, per continuare l’opera santificatrice di Cristo. La via migliore per accostarci a questo mistero ce la mostra Gesù stesso: è la sua Madre Santissima.

Et ex illa hora accepit eam discipulus in sua[1]: «E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa»: nell’ora, dolorosa e cruciale, della propria morte sul Calvario, Gesù stesso ha manifestato in modo solenne la volontà di stabilire per sempre un profondo legame materno-filiale fra la Madonna e ciascuno di noi, che siamo e ci confessiamo discepoli di Cristo.

Carissimi diaconi: la contemplazione dell’amore sofferente, silenzioso e forte, della Madonna sul Calvario suscita certamente in voi —come in noi tutti— risonanze interiori di una commozione che aspira a tradursi in fatti di coerenza cristiana. Stabat Mater dolorosa iuxta Crucem lacrimosa dum pendebat Filius[2]: mentre il Figlio sulla Croce apre le braccia all’umanità intera[3], in gesto di Sacerdote Eterno, la Madre non solo assiste al sacrificio redentore, ma vi prende parte attiva, vi aderisce e vi si unisce strettamente.

In forza della grazia specifica del Sacramento dell’Ordine, che sta per riversarsi nella vostra anima, da oggi —festa della Madonna Addolorata— sarete ancora più intimamente immersi nella realtà del Calvario, giacché, per la prima volta, verrete associati come sacerdoti alla celebrazione sacramentale dei misteri della morte e della risurrezione di Gesù. Coltivate dunque sempre l’anelito sincero di stringervi accanto a Maria ai piedi della Croce, sereni e gioiosi, nella certezza che solo in questo luogo privilegiato —iuxta Crucem et Matrem— potrete attingere la forza necessaria a svolgere il ministero pastorale come sacerdoti di Cristo.

Quest’espressione, “ministero pastorale”, racchiude il significato del dono sacramentale che state per ricevere mediante l’imposizione delle mani e l’orazione di ordinazione. «La funzione dei presbiteri —insegna il Concilio Vaticano II—, in quanto strettamente unita all’ordine episcopale, partecipa dell’autorità con la quale Cristo stesso fa crescere, santifica e governa il proprio Corpo. Per questo motivo, il sacerdozio dei presbiteri, pur presupponendo i sacramenti dell’iniziazione cristiana, viene conferito da quel particolare sacramento per il quale i presbiteri, in virtù dell’unzione dello Spirito Santo, sono segnati da uno speciale carattere che li configura a Cristo Sacerdote, in modo da poter agire in nome e nella persona di Cristo Capo»[4].

Il sacerdozio ministeriale è scaturito dalla volontà di Cristo, quale fonte permanente di doni soprannaturali al servizio della santità della Chiesa e della salvezza di tutti gli uomini. Di qui che il sacerdote venga ordinato ad serviendum, come amava ricordare il Beato Josemaría: per servire l’opera della redenzione in qualità di fedele amministratore[5] —nulla di più e nulla di meno— dei beni conquistati per noi dal Sangue di Cristo[6].

Quasi a sintetizzare il proprio insegnamento sulla vita ed il ministero sacerdotale, il Concilio Vaticano II afferma che tutta l’esistenza del presbitero deve orientarsi alla ricerca di un fine esclusivo: la gloria di Dio[7]. Con il nostro santo Fondatore anch’io oggi voglio ripetervi: Deo omnis gloria![8], Regnare Christum volumus![9]: Per anni, quest’anelito di adorazione della mente, del cuore e delle opere ha rappresentato l’unico ideale del vostro impegno professionale di fedeli cristiani nell’Opus Dei. Sono dunque certo che, con l’aiuto della grazia, anche nel ministero sacerdotale saprete consumarvi in quest’altissima aspirazione.

«La vita e il ministero del sacerdote —ha scritto il Santo Padre Giovanni Paolo II— sono continuazione della vita e dell’azione dello stesso Cristo. Questa è la nostra identità, la nostra vera dignità, la sorgente della nostra gioia, la certezza della nostra vita»[10]. La Chiesa ha bisogno di sacerdoti innamorati di Cristo, felici di seguire il Maestro che percorre la terra alla ricerca di anime da salvare, palpitanti di carità pastorale e di un illimitato anelito evangelizzatore. «Oggi, in particolare —aggiunge il Papa—, il prioritario compito pastorale della nuova evangelizzazione, che investe tutto il Popolo di Dio e postula un nuovo ardore, nuovi metodi e una nuova espressione per l’annuncio e la testimonianza del Vangelo, esige dei sacerdoti radicalmente e integralmente immersi nel mistero di Cristo»[11].

Io posso attestare, e lo faccio profondissimamente grato al Signore per avermi permesso di osservare a lungo, giorno dopo giorno, la sua progressiva ed inarrestabile crescita nell’unione con Dio, che il Beato Josemaría visse il proprio sacerdozio incarnando fino ad altezze vertiginose le parole del Papa che abbiamo appena letto: completamente immerso nel Signore. «Il suo grande amore per Cristo —disse il Santo Padre nell’omelia pronunciata durante la solenne beatificazione—, dal quale si sente affascinato, lo porta a consacrarsi per sempre a Lui e a partecipare al mistero della sua passione e risurrezione»[12].

Come sacerdoti, dovete nutrire la passione di predicare, di orientare le anime con la direzione spirituale, di amministrare il sacramento della Penitenza.

E, soprattutto, amate la Santa Messa: ricordate sempre che la celebrazione del Sacrificio eucaristico è la vostra principale missione, così come è «il centro e la radice della vita spirituale del cristiano»[13].

Abbiate anche cura, ogni giorno, dei tempi da dedicare all’orazione mentale e vocale, specie alla Liturgia delle Ore. Siate generosi nella mortificazione. E non lasciate che i libri dormano sugli scaffali: inserite nei vostri programmi quotidiani momenti di studio, per l’aggiornamento e la meditazione della teologia e dei documenti del Magistero della Chiesa.

Cercate sempre di compiere tutto il vostro lavoro sacerdotale secondo il modello offertoci dal Beato Josemaría con i suoi insegnamenti e la sua vita santa, come lo fece don Álvaro, suo figlio fedelissimo e primo successore alla guida dell’Opus Dei. Fu proprio il 15 settembre di vent’anni fa che don Álvaro iniziò il proprio ministero di Pastore e Padre dell’Opus Dei. Anche alla sua intercessione tutta la Prelatura oggi affida il vostro cammino nel ministero pastorale. Pure voi, genitori e fratelli dei nuovi sacerdoti, potete e dovete continuare ad aiutarli con la vostra preghiera.

Ma torniamo a volgere lo sguardo al Calvario, dove Gesù ci affida a sua Madre. La maternità spirituale di Maria, dono inestimabile fra i tanti che il Signore ha riversato su di noi, è il cammino più agevole e sicuro per raggiungere Cristo. Ad Iesum per Mariam. A queste parole, il Beato Josemaría aggiungeva una premessa che non dovrete mai disattendere: Omnes cum Petro ad Iesum per Mariam![14]. Con Pietro, con il Papa, in unione di affetti e di intenzioni, in una fedeltà esemplare alla sua persona ed ai suoi insegnamenti, dobbiamo percorrere il nostro cammino di figli di Dio e, certi sempre della protezione della Santissima Vergine, potremo così, nello Spirito Santo, rendere al Padre tutta la gloria. Che la Madonna, Madre dei sacerdoti, come chiedeva per tutti i sacerdoti il Santo Padre Giovanni Paolo II, vi insegni a trasformare il vostro ministero sacerdotale in sacrificio d’amore[15].

[1] Gv 19, 27.

[2] Cfr. Sequenza della Messa nella festa della Madonna Addolorata.

[3] Cfr. B. Josemaría Escrivá, Via Crucis, XI stazione.

[4] Concilio Vaticano II, Decr. Presbyterorum Ordinis, n. 2.

[5] Cfr. Lc 12, 42; 1 Cr 4, 1 ss.

[6] Cfr. Rm 5, 9; Ef 1, 9; Ebr 10, 19; 1 Pt 1, 19; 1 Gv 1, 7; Ap 1, 5; 5, 9.

[7] Cfr. Concilio Vaticano II, Decr. Presbyterorum Ordinis, n. 2.

[8] Cfr. B. Josemaría Escrivá, Cammino, n. 780; Solco, n. 647; Forgia, nn. 611, 639, 1051; Amici di Dio, nn. 12, 114, 164, 196.

[9] Cfr. B. Josemaría Escrivá, Cammino, n. 11; Solco, n. 292; Forgia, n. 639; È Gesù che passa, n. 179.

[10] Giovanni Paolo II, Esort. apost. Pastores dabo vobis, 25-III-1992, n. 18.

[11] Ibid.

[12] Giovanni Paolo II, Omelia nella Messa di beatificazione del Beato Josemaría Escrivá, 17-V-1992.

[13] B. Josemaría Escrivá, È Gesù che passa, n. 87.

[14] Cfr. B. Josemaría Escrivá, È Gesù che passa, n. 139; Cammino, n. 833; Forgia, n. 647, ecc.

[15] Cfr. Giovanni Paolo II, Lettera ai Sacerdoti per il Giovedì Santo, 25-III-1995, n. 3.

Romana, n. 21, Luglio-Dicembre 1995, p. 362-365.

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