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Omelia pronunciata il 17 maggio 1996 in occasione del quarto anniversario della beatificazione del Fondatore dell'Opus Dei

1. Udii poi come una voce di una immensa folla simile a fragore di grandi acque e a rombo di tuoni possenti, che gridavano: Alleluia. Ha preso possesso del suo regno il Signore, il nostro Dio, l’Onnipotente. Rallegriamoci ed esultiamo, rendiamo a lui la gloria[1].

Sono trascorsi quattro anni dal giorno in cui, in una assolata mattina di maggio, il Santo Padre Giovanni Paolo II elevò all’onore degli altari Mons. Josemaría Escrivá, Fondatore dell’Opus Dei. Le parole della prima lettura ci hanno ancora una volta ripresentato alla memoria la moltitudine proveniente da tutto il mondo che partecipò a quella solenne cerimonia, mossa dall’unico desiderio di proclamare la gloria di Dio, che è ammirevole nei suoi santi[2].

Anche oggi, in questa chiesa parrocchiale dedicata al Beato Josemaría, vogliamo fare eco all’invito della liturgia: lodate il nostro Dio, voi tutti suoi servi![3]. Sì, sorelle e fratelli carissimi. Lodiamo la Santissima Trinità per i doni che offre costantemente alla Chiesa; benediciamo Dio in modo particolare perché ha donato al mondo questo suo servo al quale affidò la missione di aprire ai cristiani i cammini divini della terra. «Con soprannaturale intuizione» —ricordò il Romano Pontefice il giorno della beatificazione— «il Beato Josemaría predicò instancabilmente la chiamata universale alla santità e all’apostolato. Cristo convoca tutti a diventare santi nelle realtà della vita quotidiana; per questo, il lavoro è anche mezzo di santificazione personale e di apostolato quando si compie in unione con Gesù Cristo»[4].

Nei quattro anni trascorsi, la devozione popolare al Beato Josemaría si è diffusa molto nel mondo intero. Sono milioni le persone che ricorrono abitualmente alla sua intercessione presso il Signore nelle più svariate necessità; nel contempo, la sua figura e il suo messaggio attirano sempre di più le anime, che vedono in lui un modello vivo per la sequela di Cristo. Come tenne ad affermare Mons. Álvaro del Portillo, mio carissimo predecessore, «la santità raggiunta dal Beato Josemaría non rappresenta un ideale impossibile; è un esempio che non si rivolge soltanto a poche anime elette, bensì a innumerevoli cristiani, chiamati da Dio a santificarsi nel mondo: nell’ambito del lavoro professionale, della vita familiare e sociale»[5].

Nell’omelia pronunciata qui poche settimane fa, in occasione della solenne dedicazione di questo tempio, Giovanni Paolo II ha sottolineato come dal 1928 il Beato Josemaría Escrivá abbia testimoniato, con la vita e con la costante predicazione, la grande verità della chiamata universale alla santità, che il Concilio Vaticano II ha fatto risuonare in tutto il mondo. Invitando i fedeli di questa parrocchia a seguire gli insegnamenti del Beato Josemaría, il Papa ha aggiunto: «sappiate fare vostro il suo programma di vita e di impegno pastorale: vivere protesi verso la santità e far comprendere ad ogni persona che s’incontra, uomo o donna, che è chiamata alla piena comunione con Dio»[6].

2. Vivere protesi verso la santità: si tratta di un dovere di ogni cristiano, conseguenza ultima del fatto di aver ricevuto l’acqua battesimale.

Nel Battesimo, sacramento della rigenerazione spirituale, Dio ci ha resi suoi figli, ci ha incorporati al Corpo mistico di Cristo, che è la Chiesa, e ci ha donato il suo Spirito, che inabita in noi come in un tempio[7]. Nella sua visita pastorale, il Santo Padre ci ha voluto ricordare —con parole dell’Apostolo San Pietro— che «la chiesa non è costruita soltanto con i mattoni; ma è costruita soprattutto con le pietre vive. Le pietre vive sono tutti i battezzati»[8]. Perciò, anche se la costruzione materiale di questo tempio è stata ormai ultimata, la sua edificazione spirituale non si concluderà mai: potrete —potremo— crescere sempre nella santità, nell’unione con Dio e nell’unione con i fratelli.

Per corrispondere pienamente alla vocazione cristiana, per tendere efficacemente alla santità, è indispensabile sforzarsi di vivere in Cristo: cioè, che la vita quotidiana di ciascuno di noi si edifichi sulla pietra angolare che è il nostro Redentore, che trovi consistenza in Cristo e in Lui cresca sempre più, sotto l’influsso dello Spirito Santo.

E come raggiungeremo questo obiettivo? Conservando con vigore sempre nuovo la grazia che ci è stata donata; incrementandola attraverso il ricorso assiduo ai sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia; alimentandola con la lettura e la meditazione della Parola di Dio; cercando di trasformare tutti i momenti in occasione d’incontro personale con Cristo, mediante la santificazione del lavoro e l’adempimento dei doveri ordinari. Questo è il programma di vita che il Beato Josemaría, vostro santo intercessore, coltivò in prima persona e trasmise a innumerevoli persone di tutto il mondo, rendendole così capaci —con la grazia di Dio— di rispondere coi fatti e nella verità[9] alla chiamata che tutti noi abbiamo ricevuto.

Compiere santamente i doveri ordinari: è questo il nocciolo degli insegnamenti del titolare di questa chiesa parrocchiale, plasticamente raffigurati nella pala d’altare. Al centro, nell’oculo appositamente preparato, Gesù Sacramentato presiede tutta la vita della parrocchia e dei suoi abitanti. Il tabernacolo risalta come una calamita che attira lo sguardo e ci invita all’adorazione, alla riparazione, al ringraziamento, alla supplica ardente e fiduciosa. Basta contemplare le scene che compongono la pala per scoprire l’invito a santificarsi nelle circostanze ordinarie della vita: il focolare domestico, il posto di lavoro, le mille situazioni della vita quotidiana.

Ascoltiamo ancora una volta il Beato Josemaría: «senza dubbio [la santità] è un obiettivo elevato e arduo. Ma non dimenticate che santi non si nasce: il santo si forgia nel continuo gioco della grazia divina e della corrispondenza umana (...). Pertanto ti dico» —sono ancora parole del Fondatore dell’Opus Dei— «che, se vuoi comportarti da cristiano coerente (...), devi mettere una cura estrema nei particolari più minuti, perché la santità che il Signore esige da te si ottiene compiendo con amore di Dio il lavoro, i doveri di ogni giorno, che quasi sempre sono un tessuto di cose piccole»[10].

3. Seguendo il programma di vita e l’impegno pastorale del Beato Josemaría, il Santo Padre vi esortava inoltre a «far comprendere ad ogni persona che s’incontra, uomo o donna, che è chiamata alla piena comunione con Dio»[11].

Il desiderio di orientare le anime sui cammini che conducono alla vita eterna è connaturale a colui che davvero cerca di essere coerente con la propria vocazione cristiana. A questo proposito, il Fondatore dell’Opus Dei affermava in modo espressivo che «l’apostolato è come il respiro del cristiano: un figlio di Dio non può vivere senza questo palpito spirituale»[12]. E questo perché ognuno di noi, già unito a Cristo attraverso il Battesimo, deve identificarsi sempre più con Nostro Signore, fino a trasformarsi in un altro Cristo o, ancor meglio, nello stesso Cristo. E Gesù è venuto al mondo per salvare tutti, per strappare le donne e gli uomini dalla schiavitù del peccato e condurli al suo regno[13].

Questi sentimenti del Signore si rivelano chiaramente nelle parole del Vangelo che abbiamo appena ascoltato. Gesù è sulla riva del Mare di Tiberiade. Subito si vede circondato da una grande folla che gli faceva ressa intorno per ascoltare la parola di Dio[14]. Quando Gesù passa, le anime non restano indifferenti: lui solo può saziare la fame e la sete di verità che si nascondono in ogni cuore. Ma non pensate che questa scena sia cosa d’altri tempi. Succede anche oggi. Come faceva notare il Beato Josemaría, molte persone «desiderano ascoltare il messaggio di Dio, anche se all’esterno lo nascondono. Alcuni forse hanno dimenticato la dottrina di Cristo; altri —senza loro colpa— non l’hanno mai appresa e pensano alla religione come a qualcosa di strano. Convincetevi, però, di una realtà sempre attuale: presto o tardi arriva un momento in cui l’anima non ne può più, non le bastano più le spiegazioni abituali, non la soddisfano più le menzogne dei falsi profeti. Allora, anche se non lo ammettono, quelle persone sentono il bisogno di saziare la loro inquietudine con l’insegnamento del Signore»[15].

Proprio allora, Gesù viene incontro a tutti costoro, servendosi di cristiani —di gente normale, come voi— desiderosi di essere coerenti con la propria vocazione. Queste donne e questi uomini, proprio perché cercano di rispecchiare nella propria condotta la dottrina di Cristo, attraggono le anime che desiderano trovare la pace. E allora, a casa e nell’ambiente di lavoro, per strada e nei luoghi di svago, dappertutto, risvegliano negli altri mille inquietudini sante. Forse penserete: ma io, che ho questa o quella difficoltà, che non ho tempo; io che manco di qualità, che valgo così poco..., come posso aiutare gli altri? Vi rispondo con parole dell’Apostolo San Paolo, che abbiamo proclamato nella seconda lettura: fratelli, lo Spirito del Signore viene in aiuto alla nostra debolezza[16].

Se rettifichiamo e cerchiamo di migliorare, con l’aiuto che Dio non ci farà mai mancare, nonostante i nostri limiti e i nostri e sbagli, lo Spirito Santo ci trasformerà in strumenti di Gesù Cristo e così potremo portare a Dio molte anime. Come quella vecchia barca su cui il Signore salì per parlare alla folla, come quelle reti che gli Apostoli rammendavano e lavavano. Bastò la docilità di Pietro e dei suoi compagni al comando di Cristo —prendi il largo e calate le reti per la pesca[17]-, per ottenere, dopo una notte di inutile lavoro, un’abbondantissima pesca.

Non perdiamoci d’animo. Possiamo —dobbiamo— fare apostolato; possiamo —dobbiamo—, come ci diceva il Santo Padre, «far comprendere ad ogni persona che s’incontra, uomo o donna, che è chiamata alla piena comunione con Dio»[18]. E questo, semplicemente, perché «è Cristo il padrone della barca; è Lui che prepara il lavoro; è venuto al mondo perché i suoi fratelli trovino il cammino della gloria e dell’amore per il Padre»[19]. Se abbiamo fede, se coltiviamo la vita di preghiera, se ricorriamo abitualmente ai sacramenti, se cerchiamo di fare in modo che anche i nostri amici e colleghi li frequentino, soprattutto il sacramento del Perdono, «anche in questa nuova pesca non mancherà tutta l’efficacia divina: gli apostoli saranno strumenti di grandi prodigi, nonostante le loro personali miserie»[20].

Siamo nel mese di maggio, il mese che la devozione cristiana dedica specialmente alla Madonna. Affidiamo a nostra Madre i desideri di santità e di apostolato risvegliati in noi da suo Figlio e ricorriamo all’intercessione del Beato Josemaría Escrivá, perché ci ottenga da Maria la grazia di essere pietre vive della Chiesa di Dio e, allo stesso tempo, strumenti docili dello Spirito Santo per l’edificazione spirituale di tante altre anime. Così sia.

[1] L. I (Ap 19, 6-7).

[2] Cfr. Sal 67, 36.

[3] L. I (Ap 19, 5).

[4] Giovanni Paolo II, Omelia nella beatificazione di Josemaría Escrivá, 17-V-1992.

[5] Mons. Álvaro del Portillo, Omelia nella solenne Messa in onore del Beato Josemaría, 18-V-1992.

[6] Giovanni Paolo II, Omelia nella dedicazione della chiesa parrocchiale del Beato Josemaría Escrivá, 10-III-1996.

[7] Cfr. 1 Cor 3, 16.

[8] Giovanni Paolo II, Parole nella visita pastorale alla chiesa parrocchiale del Beato Josemaría Escrivá, 10-III-1996.

[9] 1 Gv 3, 18.

[10] Beato Josemaría Escrivá, Amici di Dio, n. 7.

[11] Giovanni Paolo II, Omelia nella dedicazione della chiesa parrocchiale del Beato Josemaría Escrivá, 10-III-1996.

[12] Beato Josemaría Escrivá, È Gesù che passa, n. 122.

[13] Cfr. Col 1, 13.

[14] Vang. (Lc 5, 1-2).

[15] Beato Josemaría Escrivá, Amici di Dio, n. 260.

[16] L. II (Rm 8, 26).

[17] Vang. (Lc 5, 4).

[18] Giovanni Paolo II, Omelia nella dedicazione della chiesa parrocchiale del Beato Josemaría Escrivá, 10-III-1996.

[19] Beato Josemaría Escrivá, Amici di Dio, n. 260.

[20] Ibid., n. 261.

Romana, n. 22, Gennaio-Giugno 1996, p. 40-43.

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