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Giubileo: Speranza e impegno

Nelle ricorrenze della nascita di Cristo o della sua morte (secondo il ritmo convenzionale di ogni venticinquesimo, cinquantesimo o centesimo anniversario), il Giubileo ci rammenta la scansione cristologica della storia. La Chiesa ricorda periodicamente agli uomini che la salvezza si compie nella concretezza della storia di ciascuno: non è assicurata semel pro semper, mediante un singolo atto di adesione alle verità della fede, ma si fa strada nel dinamismo della libertà che, nel tempo, deve incessantemente confermarsi e rinnovarsi con opere di carità[1]. Ci santifichiamo nel tempo santificando il nostro tempo.

Ogni Giubileo ci ripropone così il perenne paradosso della santità cristiana, che è intreccio di peccato e conversione all’amore, di penitenza e di gioia. Esso ci si offre come un anno di grazia del Signore[2], «anno della remissione dei peccati e delle pene per i peccati, anno della riconciliazione tra i contendenti, anno di molteplici conversioni e di penitenza sacramentale ed extrasacramentale»[3]. Cristo morto e risorto per la nostra salvezza tramuta la consapevolezza della colpa in fremito di speranza. Come ha scritto Mons. Javier Echevarría, Vescovo Prelato dell’Opus Dei: «Il perdono divino, più che al passato, ci induce a guardare al futuro. Il sacramento della penitenza è sacramento della gioia, principio di rinascita, nuovo inizio, invito a riscoprire la speranza di poter vivere davvero una vita nuova, di ricominciare (...). La conversione nasce con il dolore, ma culmina nella speranza e nell’esperienza del bene»[4].

«In baptismo deletur iniquitas, sed manet infirmitas», scrive Sant’Agostino[5]: nel battesimo viene cancellata la nostra malizia, ma resta la debolezza. La misericordia divina, alla quale ci invita ad accostarci la pratica giubilare, viene in nostro soccorso e ci solleva dalla terra fino al cielo. Il Giubileo è caratterizzato infatti dalla concessione più copiosa ed agevole di indulgenze. Al di là delle confuse reminiscenze che questa parola può evocare in qualche mente malsicura, la dottrina teologica fa svanire ogni equivoco: al perdono della colpa l’indulgenza aggiunge la remissione della pena. Essa in certo modo ci restituisce all’innocenza battesimale: sicut modo geniti infantes[6], come bambini appena nati, dinanzi ai quali si dischiude la possibilità di una vita nuova. Ci piace richiamare qui lo slancio appassionato con cui il Beato Josemaría descriveva questo dono dell’infinita misericordia di Dio verso la Chiesa: «Quando un’anima di bambino fa presente al Signore i suoi desideri di ottenere perdono, dev’essere sicura che presto li vedrà esauditi: Gesù strapperà dall’anima la coda immonda che si trascina dietro per le sue miserie passate; toglierà il peso morto, residuo di tutte le impurità, che la fa stare attaccata a terra; getterà lontano dal bambino tutta la zavorra terrena del suo cuore, affinché si innalzi fino alla Maestà di Dio, a fondersi nella fiamma viva d’Amore, che è Lui»[7].

Ogni Giubileo è dunque un invito a coltivare un vero anelito di santità[8], ad aspirare ad un’unione con Dio senza più ombre né residui. L’eccezionale solennità della ricorrenza bimillenaria del prossimo Giubileo deve aiutarci a riprendere il cammino con più matura convinzione: «La conversione è cosa di un istante; la santificazione è opera di tutta la vita. Il seme divino della carità, che Dio ha posto nelle nostre anime, aspira a crescere, a manifestarsi in opere e a produrre frutti che in ogni momento corrispondano ai desideri del Signore. È indispensabile quindi essere disposti a ricominciare, a ritrovare, nelle nuove situazioni della nostra vita, la luce e l’impulso della prima conversione. E questa è la ragione per cui dobbiamo prepararci con un approfondito esame di coscienza, chiedendo aiuto al Signore, per poterlo conoscere meglio e per conoscere meglio noi stessi. Se vogliamo convertirci di nuovo, questa è l’unica strada»[9].

La solennità dell’evento è tale che il Santo Padre ha indetto tre anni di preparazione immediata, il primo dei quali dedicato alla riflessione su Cristo[10]. Anni di preghiera, di meditazione, di sforzo ascetico per coltivare l’intimità con Gesù, imitarlo e, così, giungere a quel «rinvigorimento della fede e della testimonianza dei cristiani» che costituisce l’obiettivo prioritario del Giubileo[11]. Come non ricordare i tre anni che gli Apostoli ed i primi discepoli trascorsero accanto a Cristo e che li trasformarono completamente? Anche Mons. Javier Echevarría, quasi a mostrarci la strada perché si riaccenda in noi la speranza della santità, si sofferma su questo parallelismo: «Pensando ai tre anni di preparazione al Giubileo spesso mi vengono in mente proprio quei tre anni che gli Apostoli passarono assieme a Gesù: con la grazia di Dio questo prossimo triennio può essere per noi un’opportunità simile, se ci sforziamo di cercare la vicinanza, l’amicizia, la sequela di Gesù Cristo»[12].

Con la grazia, Cristo vive in noi. L’impegno a corrispondere agli impulsi dello Spirito Santo nell’anima farà sì che ciascuno di noi viva sempre più consapevolmente in Cristo e di Cristo. Con Lui ed in Lui, ameremo il Padre e, per amore del Padre, ci spenderemo con gioia per la salvezza degli uomini; sostenuti da Lui, riusciremo a rialzarci dopo ogni cedimento; da Lui impareremo a perdonare; come Lui incontreremo Maria sulla via che conduce alla Croce.

[1] Cfr. Gal 5, 6.

[2] Lc 4, 19.

[3] GIOVANNI PAOLO II, Lett. apost. Tertio millennio adveniente, 10-XI-1994, n. 14.

[4] JAVIER ECHEVARRÍA, Il significato segreto del Giubileo, “Il Messaggero”, Roma, 26-VI-1997; cfr. infra, p. 104.

[5] Sermo 77.

[6] 1 Pt 2, 2.

[7] BEATO JOSEMARÍA ESCRIVÁ, Cammino, n. 886.

[8] Cfr. Lett. apost. Tertio millennio adveniente, n. 42.

[9] BEATO JOSEMARÍA ESCRIVÁ, È Gesù che passa, n. 58.

[10] Cfr. Lett. apost. Tertio millennio adveniente, nn. 40-43.

[11] Cfr. ibid., n. 42.

[12] JAVIER ECHEVARRÍA, Riscoprire l’amore misericordioso di Cristo, “L’Osservatore Romano”, 26-VI-1997; cfr. infra, p. 101.

Romana, n. 24, Gennaio-Giugno 1997, p. 8-9.

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