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Dal 22 agosto al 2 settembre, Mons. Echevarría ha compiuto un viaggio pastorale in Cile. Il primo settembre, il Prelato ha celebrato la Santa Messa per professori, alunni e personale amministrativo dell’Università delle Ande; dopo è stato invitato a presi

1. Vi ringrazio e mi rendo conto che mi sto adornando dei meriti di coloro che avrebbero dovuto ricevere questo vostro segno di affetto; mi riferisco a nostro Padre e al suo amatissimo successore Don Álvaro.

Voglio ricordarverli e seguire fedelmente i loro passi e dirvi che vedo con gioia che questa onoreficenza sta ora accanto alla croce pettorale, perché la croce è il fondamento di tutto il nostro agire.

Mi vengono in mente parole che mi disse nostro Padre molto tempo fa: quando si volle trasformare l’Opus Dei in una moneta falsa attraverso tutte le incomprensioni che venivano dall’esterno, il Signore volle porre sull’Opera il sigillo della Santa Croce. Perciò, se vogliamo essere efficaci qui in Cile e in tutto il mondo e in questa Università, dobbiamo mettere la Croce alla base della nostra attività.

E ora, siccome non voglio commuovermi, permettetemi di leggere il discorso che ho preparato.

2. Eccellentissimo Rettore, Eccellentissimo Senato Accademico, professori, alunni, signore e signori e tutti quelli che siete qui perché io impari da voi, fratelli e sorelle, professori e professoresse.

Vi confesso che, nel trovarmi oggi con il Senato Accademico dell’Università delle Ande, nella mia gioia personale riecheggia quella del Beato Josemaría e del suo successore, Monsignor Álvaro del Portillo. Si può dire con certezza che questa Università era già nei sogni del nostro Fondatore, in quel «sognate e andrete molto al di là dei sogni più audaci», con cui ci ha sempre stimolato. Era ed è una sua consegna che ha preceduto l’avventura intellettuale e cristiana che ora viviamo. Quei suoi sogni, ardenti dell’amore di Cristo, sono stati certamente presenti nel suo sguardo, quando contemplò per la prima volta nel 1974 queste alte nevi che ci circondano, vedendo anche nella nostra vita soprannaturale l’impronta viva della mano di Dio. Questa è — e c’è stato da combattere — l’Università delle Ande, anche per il posto in cui si trova. E non invano, nel vostro stemma — il nostro stemma, perché mi sento parte integrante di questa Università — si scorge il profilo delle cime vicine che suggeriscono allo spirito grandezza, magnanimità, purezza e solidità.

Da quando fu eletto alla guida dell’Opus Dei, Mons. Álvaro del Portillo, questa grande eminenza del sapere, seguì il cammino di questa Università e spesso elogiò la sua crescita. Soprattutto lodò la vostra capacità di affrontare le difficoltà che, come ha ricordato il Rettore, furono grandi agli inizi. Mi consta direttamente con quanto affetto questo Pastore della Chiesa seguì i vostri sforzi e con quanta intensità vi raccomandò al Signore; affetto e preghiere che ho fatto miei da allora e ora più che mai perché, nel succedergli come Prelato dell’Opus Dei, ho ereditato anche il titolo di Rettore Onorario di questa Università.

In tale qualità, godo di quanto avete fatto in così breve tempo. Vi do la mia più fervida benedizione, imparo da voi e, perché giungiate sempre più lontano, vi ricordo una triplice responsabilità che conoscete bene e che sarà guida sicura di questo centro del sapere. Voglio ricordarvi che dovete essere appassionati ricercatori della verità, appassionati operatori della verità e appassionati diffusori della verità.

3. Quando parlo di verità a voi accademici, mi riferisco, in senso analogico, a tutta una gerarchia di verità di diversa natura che comprende e si riferisce, secondo le parole di Giovanni Paolo II, alla «nostalgia della verità assoluta» e alla «inesausta ricerca dell’uomo in ogni campo e in ogni settore»[1] della scienza. Tocca all’Università sviluppare armonicamente il sapere teologico, la filosofia e le diverse scienze, lettere ed arti.

Il Beato Josemaría considerava questo modo di vedere le cose e diceva: «È veramente stupendo constatare come il Signore aiuta l’intelligenza umana nelle sue ricerche: esse necessariamente conducono a Dio, perché contribuiscono — se sono veramente scientifiche — ad avvicinare il Creatore»[2]. Per un figlio di Dio è un tutt’uno: ricercare, con sobrietà professionale, la comprensibilità dei principi e delle leggi del creato, entro le possibilità della mente umana; scorgere la misteriosa Prima Verità in cui risiedono tutte le altre che lo sono interamente, e amare di tutto cuore questo nostro Gesù che potè dire con forza inaudita: Io sono la verità[3].

Monsignor Escrivá proponeva ai docenti, prima di ogni altra cosa, questo prototipo umano. «Innamorati della verità», uomini e donne che cercano con bramosia la verità «per provare poi la disinteressata felicità di contemplarla»[4].

Innamorati della verità!: forse no ci suggerisce questa formula il trasporto di una passione dominante, l’ardore di una vocazione che non appassisce, la perseveranza di una fedeltà inviolabile, lo stato di permanente stupore, come radice del sapere, un fuoco che infiamma insieme intelligenza e cuore? Amare la verità è amare l’indicibile prodigio dell’essere, è amare Dio in se stesso e amarlo nelle più piccole realtà della natura e della storia.

La ricerca della verità, lo sappiamo, è ardua; appare complessa e faticosa alla nostra intelligenza limitata e offuscata dal peccato. È complessa e faticosa l’indagine dell’intelligibile che si nasconde nel sensibile. È ora di ricordare il valore morale di questa santa tenacia, di questa applicazione metodica e paziente, di questa diligenza intellettuale che il vostro compito esige.

Cercare la verità comporta per l’Università tutta e per ciascuno di voi stimolare la ricerca in questo ambito. Lo richiedono il dinamismo proprio dell’istituzione universitaria e il bene comune della società. Sono patenti le effettive difficoltà, soprattutto la limitatezza dei mezzi materiali e la mancanza di tempo delle persone. Ma con la volontà, l’intelligenza, la creatività e l’iniziativa, che qui non mancano, sono sicurissimo e siatene sicuri anche voi, che andrete molto lontano con i vostri progetti di ricerca e sarete all’avanguardia del sapere, come figli di Dio che onorano così il loro Creatore e servono gli altri.

4. Ritorno alle tappe già elencate: Operatori della verità, diffusori della verità. Questa illazione è evidente per noi: chi ama la verità, deve trasformarla in vita. Un vero docente è un uomo coinvolto personalmente in questo campo e perciò è sempre forte di fronte alla tentazione di incoerenze intellettuali, di claudicazioni etiche, di convenienze ideologiche, di pressioni; altrimenti si arriverebbe a conseguenze non gratificanti.

Vi ricordo ciò che Monsignore Escrivá, grande appassionato dei valori umani, affermava con puntualità: «L’amore alla verità impegna tutta la vita e tutto il lavoro dello scienziato. Essa sostiene il suo vigore di onestà di fronte a situazioni scomode, sempre possibili, perché a tale impegno di rettitudine non corrisponde sempre un’immagine favorevole nell’opinione pubblica»[5]. Non cediamo, dunque, ma professiamo la verità.

Non entro in particolari sui prolemi morali attuali, oggetto di dibattito civile o politico in molti Paesi, nei quali si intrecciano gli interessi di Cristo nella storia, la legge morale naturale e la luce che la scienza più rigorosa deve apportare affinchè le questioni vitali si risolvano a favore della dignità umana e, particolarmente, a favore del matrimonio indissolubile e della famiglia, nucleo centrale di tali dibattiti nel mondo contemporaneo. Ho seguito con gioia quello che state facendo in questo campo e vi esorto a non desistere.

Ci sono tante altre materie di importanza dottrinale, legate alla storia, alla demografia, alla psicologia e alla psichiatria, alle scienze sociali e in generale a tutte le discipline del sapere; da ciascuno di voi ci si aspetta un utile approfondimento, nella misura dello sviluppo di questa Università, che darà molto frutto. Non può esistere neutralità dottrinale al momento di affrontare con sapienza cristiana questioni decisive per la vita umana, personale e sociale.

Professare la verità implica, per l’accademico, una dimensione spirituale: un rapporto d’amore con la Verità che è Dio stesso, con la Verità che è Gesù Cristo in Persona e che vi libererà dalle possibili vanità del lavoro intellettuale, soprattutto dall’accademismo, dall’erudizione, dalla vanagloria umana. Monsignor Escrivá, altro appassionato della cultura, scriveva in Cammino: «Ti preoccupi soltanto di edificare la tua cultura. — E bisogna edificare la tua anima»[6]. Nel clima di piena libertà delle coscienze che caratterizza questa università, è ben palese il grande sforzo che si realizza perché tutti — anche i docenti, s’intende — abbiano accesso ai mezzi di formazione spirituale di cui ha bisogno la loro anima.

L’impegno per vivere la verità, che si fortifica con l’orazione cristiana, forma una sola cosa con la rettitudine morale, con l’agire, dentro e fuori dell’Università, secondo la verità del mondo, dell’uomo e di Dio. Vi guardano tanti giovani che apprezzano massimamente la coerenza e l’unità di vita, l’accordo tra il pensare e l’agire. Che vi vedano, come già cercate di essere, integri, coerenti, giusti. Il vostro impegno si manifesterà in tutta un’etica professionale di ricerca e di insegnamento: serietà e rigore intellettuale, diligenza attiva, rettitudine incorruttibile, rigoroso adattamento alle leggi proprie delle umane lettere e delle scienze. Un professore che agisce così è necessariamente esemplare per gli alunni perché non insegna solo discipline, materie, dati, ma insegna ad essere uomini e a trovare Cristo. Attraverso la via morale ed spirituale arrivo al terzo aspetto che desidero trattare con brevità.

5. Siete appassionati diffusori della verità. Il bene è diffusivo di sé, dicono i filosofi: bonum diffusivum sui, ragione di convenienza che si cita, nientemeno, a proposito della creazione divina del mondo. Nello stesso senso possiamo affermare che la verità è diffusiva di sé. Questo dinamismo è l’anima della vostra vocazione professionale e l’Università ne è lo spazio privilegiato.

Quella «disinteressata felicità di contemplare» la verità, che prima ho menzionato con parole del Beato Josemaría, si proietta dentro di voi con naturalezza e vi spinge, sempre con parole sue, «a comunicare in tutta generosità tali ricchezze agli studenti con la vostra attivitá di docenza, che è fucina di uomini, per mezzo dell’elevazione dello spirito»[7]. Voglio ricordare anche Monsignor Álvaro del Portillo, che vi esortava ad essere professori «chiamati a non appropiarsi egoisticamente del frutto delle proprie ricerche, bensì a trasmettere con generosità agli studenti i risultati scientifici raggiunti con tanto sforzo»[8].

Mi torna alla mente quella raccomandazione del Beato Josemaría in Solco: «Professore, abbi l’anelito di far comprendere agli alunni, in poco tempo, quello che a te è costato ore di studio riuscire a veder chiaro»[9]. Coltivate dunque il generoso impegno di formare docenti e ricercatori, professori ancora più competenti di voi, nonostante l’alto livello da voi raggiunto, perché arricchiti della vostra esperienza.

Un autentico diffusore della verità ha il desiderio di migliorare i suoi metodi pedagogici. La vostra formazione, come professori, deve essere sempre in corso. Questo dinamismo intellettuale è inoltre la necessaria base umana per la santità del vostro lavoro alla presenza di Dio.

Vi ricordo, per finire, che il vostro compito va al di là della mera istruzione, si rivolge alla persona intera di ogni studente, di ogni studentessa: alla loro testa, al loro cuore, alla loro coscienza, al loro integro essere. Il Beato Josemaría affermava che «non c`è vera università in quelle Scuole dove, alla trasmissione della cultura, non va unita la formazione integrale della personalità dei giovani»[10].

Avete davanti a voi un panorama splendido! Mi unisco ai vostri sforzi. Potete fare molto per il Cile e dal Cile! Vi raccomando vivamente — l’ho fatto nella Santa Messa e torno a farlo ora — alla Madonna, Trono della Sapienza, Vergine Immacolata, Speranza nostra affinchè preghi per noi.

Grazie per la vostra pazienza.

[1] GIOVANNI PAOLO II, Litt. enc. Veritatis Splendor, 6-VIII-1993, n. 1.

[2] BEATO JOSEMARÍA ESCRIVÁ. La universidad ante cualquier necesidad de los hombres, 7-X-1972, “Josemaría Escrivá de Balaguer y la Universidad”, Pamplona 1993, p. 98.

[3] Gv 14, 6.

[4] BEATO JOSEMARÍA ESCRIVÁ. Servidores nobilísimos de la Ciencia, 7-X-1967, en “Josemaría Escrivá de Balaguer y la Universidad”, Pamplona 1993, p. 87.

[5] BEATO JOSEMARÍA ESCRIVÁ. El compromiso de la verdad, 9-V-1974, en “Josemaría Escrivá de Balaguer y la Universidad”, Pamplona 1993, pp. 106-107.

[6] BEATO JOSEMARÍA ESCRIVÁ, Cammino, n. 347.

[7] BEATO JOSEMARÍA ESCRIVÁ. Servidores nobilísimos de la Ciencia, 7-X-1967, en “Josemaría Escrivá de Balaguer y la Universidad”, Pamplona 1993, p. 88.

[8] MONS. ÁLVARO DEL PORTILLO, La Universidad en el pensamiento y acción apostólica de Mons. Josemaría Escrivá, 13-IV-1992, en “El mundo que viviremos. 25 años de los Congresos UNIV”, Madrid 1993.

[9] BEATO JOSEMARÍA ESCRIVÁ, Solco, n. 229.

[10] BEATO JOSEMARÍA ESCRIVÁ. Formación enteriza de las personalidades jóvenes, 28-XI-1964, en “Josemaría Escrivá de Balaguer y la Universidad”, Pamplona 1993, p. 77.

Romana, n. 25, Luglio-Dicembre 1997, p. 284-290.

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