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Omelia nella Messa di apertura dell'anno accademico 1986-87 del Centro Accademico Romano della Santa Croce, celebrata a Roma nella Chiesa di Sant'Apollinare, il 15 ottobre 1986.

Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera[1].

Allo Spirito Santo ricorriamo ancora una volta all'inizio dell'Anno accademico. Egli porta alla piena comprensione della verità rivelata, "compie e completa la rivelazione e la corrobora con la testimonianza divina"[2]. Chiedo al Paraclito di illuminare le vostre intelligenze e le vostre anime perché nello studio delle scienze sacre possiate scoprire e penetrare ogni volta di più nella verità completa —che è Cristo— e perché nel vostro lavoro quotidiano vi uniate ad essa con tutto il cuore.

Nella sua recente enciclica sullo Spirito Santo, il Romano Pontefice analizza con profondità queste parole del Vangelo di San Giovanni. Pur sapendo che, come me, le avete già considerate attentamente, mi sia consentito ricordare questo brano del documento pontificio, così denso di contenuto teologico. "Il 'mysterium Cristi' nella sua globalità esige fede, poiché è questa che introduce opportunamente l'uomo nella realtà del mistero rivelato. Il guidare alla verità tutta intera si realizza dunque nella fede e mediante la fede: il che è opera dello Spirito di verità ed è frutto della sua azione nell'uomo. Lo Spirito Santo deve essere in questo la suprema guida dell'uomo, la luce dello spirito umano. Ciò vale per gli apostoli, testimoni oculari, che devono ormai portare a tutti gli uomini l'annuncio di ciò che Cristo fece ed insegnò e, specialmente, della sua Croce e della Sua Risurrezione. In una prospettiva più lontana ciò vale anche per tutte le generazioni dei discepoli e dei confessori del Maestro, poiché dovranno accettare con fede e confessare con franchezza il mistero di Dio operante nella storia dell'uomo, il mistero rivelato che di tale storia spiega il senso definitivo"[3].

La fede, sotto la guida dello Spirito, ci introduce ad una visione retta ed esatta del mistero di Dio e del mistero dell'uomo; del mistero di Dio operante nella storia dell'uomo. Nessuno meglio del cristiano ha l'accesso alla verità completa sull'uomo, perché Cristo "rivela pienamente l'uomo all'uomo stesso"[4]. La fede, sotto la guida dello Spirito, ci insegna il fine soprannaturale della creatura umana, l'amore di predilezione del quale Dio l'ha fatto oggetto, la dignità eccelsa alla quale è stata elevata; si svela l'annichilimento del Dio fatto uomo —colmo di amore—, che si abbassa e si dona per redimere l'uomo dalla prostrazione del peccato; ci mostra l'intimità di un Dio che si prodiga in attenzioni paterne affinchè tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità[5]; ci segnala questa legge scritta da Dio stesso nei cuori[6], che spinge verso l'abbraccio del Padre, verso la felicità, quella terrena e quella eterna.

La Chiesa, che "continua e sviluppa nel corso della storia la missione del Cristo stesso"[7], sa di essere in possesso di questa verità rivelata, che permette la visione più realista e profonda della vita dell'uomo. Depositaria dell'exousia di Cristo, la Chiesa sintetizza la sua missione nell'attuazione piena dei tre munera che ha ricevuto dal suo Fondatore: quello reale, quello profetico e quello sacerdotale. Questa missione la spinge a conservare, difendere e trasmettere il deposito della fede, però non come semplice custode di qualcosa di estraneo ma con lo zelo e la passione di chi possiede, ricevuto da Dio, un potenziale capace di trasformare il mondo. "La Chiesa è in Cristo come un sacramento"[8]; è Cristo stesso fra gli uomini.

Ho voluto tracciare questo inquadramento teologico perché ci risulti più facile porre ora gli occhi sulla partecipazione della Chiesa —di ogni fedele— al munus propheticum di Cristo. Questo tesoro divino costituisce veramente un annunzio, una buona novella, che dopo venti secoli continua ad essere nuova. Molte persone non hanno ricevuto la luce del Vangelo, e tante altre —dietro una falsa tranquillità— mettono tra parentesi tutto ciò che si riferisce a Dio.

In quest'ora di secolarizzazione, la Chiesa sente vivamente la forza della sua missione profetica. Da Giovanni Paolo II è partita una nuova chiamata all'evangelizzazione che spetta a tutti i fedeli.

Come studiosi di scienze ecclesiastiche, dovete sentirvi in prima linea rispetto a questo compito. Il mondo è assetato di Dio, di dottrina di Dio, sebbene in alcune occasioni non voglia darlo a vedere: ha ansia di verità, e di verità completa, perché è un'ansia inerente all'uomo. Già sapete che il vostro lavoro intellettuale, esigente e compiuto con sforzo, per approfondire la Teologia dogmatica, morale, spirituale, biblica, eccetera, e per investigare i fondamenti del Diritto canonico, è penetrare nel mistero di Cristo, attraverso la fede e condotti dal Paraclito; è sviscerare meglio il mistero di Dio operante nella storia dell'uomo; è progredire nel cammino verso la verità completa. In questa nuova cristianizzazione, il lavoro di studio e di insegnamento è insostituibile. L'insegnamento —ha anche detto il Santo Padre— "è una forma particolare della partecipazione alla missione profetica di Gesù Cristo"[9].

Gli Atenei ecclesiastici esercitano, in questo senso, una particolare influenza, in quanto preparano intellettualmente e spiritualmente sia i sacerdoti, i quali "sono promossi al servizio di Cristo maestro, sacerdote e re, partecipando al suo ministero"[10]; sia i religiosi, ai quali compete un ruolo tanto importante "per l'edificazione e l'incremento di tutto il corpo mistico di Cristo"[11]; sia i laici, ai quali, se dotati di una profonda formazione religiosa e scientifica, spetta una responsabilità di prim'ordine, non per una maggiore o minore sostituzione dei chierici, ma precisamente nella loro missione secolare, specifica, all'interno del popolo di Dio: in effetti, i laici "sono da Dio chiamati a contribuire, quasi dall'interno a modo di fermento, alla santificazione del mondo mediante l'esercizio della loro funzione propria e sotto la guida dello spirito evangelico"[12].

Per aiutarvi a formulare propositi concreti, desidero segnalare due aspetti ai quali dovete dare la priorità nel vostro lavoro intellettuale. Approfondite la verità rivelata insegnata dal Magistero della Chiesa senza timore, fino a dove vi concede lo Spirito divino; rendete fruttuoso questo continuo soffiare del Paraclito sugli uomini, attraverso lo studio, l'insegnamento e la ricerca. Allo stesso tempo, realizzate il vostro studio profondo, rigoroso, tenace, nella serenità di una vita di pietà che vi renda facile l'essere recettivi e docili alle ispirazioni del Paraclito, il quale attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio[13]. Lo spirito di filiazione è garanzia di autenticità nella vita cristiana. Pertanto il vostro sforzo per corrispondere all'azione dello Spirito Santo deve essere orientato in due direzioni complementari: verso lo studio profondo e rigoroso e verso la docilità filiale, la quale dà frutti di santità e di apostolato. Questo è l'impegno che il Servo di Dio Monsignor Josemaría Escrivá de Balaguer, col suo esempio eroico e col suo insegnamento instancabile, raccomandava vivamente ai suoi figli ed a tutte le anime, e che seppe sintetizzare —con la densa semplicità caratteristica delle persone sante —nella formula: "vita di pietà di bambini e dottrina di teologi".

Pensando al gran lavoro di evangelizzazione che ci aspetta, e che può sembrare sproporzionato alla realtà del lavoro quotidiano —realtà quasi sempre piccola—, meditiamo queste parole del Fondatore dell'Opus Dei: "Il Signore non dipende mai da quello che noi umanamente elaboriamo; per Lui i progetti più ambiziosi sono giochi da bambini. Egli vuole anime, vuole amore; vuole che tutti gli uomini giungano a godere in eterno del suo Regno. Dobbiamo lavorare molto sulla terra; e dobbiamo lavorare bene, perché è proprio il lavoro quotidiano che va santificato"[14].

Questo è lo stile che desidera il Centro Accademico Romano della Santa Croce. E questo è il servizio che la Prelatura Opus Dei desidera prestare alla Chiesa universale e alle Chiese particolari attraverso questa istituzione universitaria.

Permettetemi di insistere: voi, professori e studenti, con le lezioni nelle aule, col silenzio della biblioteca, con le riunioni e coi seminari, collaborate con enorme efficacia alla ricristianizzazione di questo nostro mondo. Sentite il peso e la missione della Chiesa quando studiate ed insegnate le scienze ecclesiastiche. Anche a prima vista si nota: sono già una trentina le nazioni rappresentate nel Centro Accademico. Grazie a Dio, vescovi di tutto il mondo depositano la loro fiducia in voi. La sede iniziale, San Girolamo della Carità, e diventata piccola. Durante questo Anno accademico porremo rimedio a questa strettezza svolgendo parte delle attività accademiche nel Palazzo di Sant'Apollinare.

Desidero ringraziare espressamente per l'ospitalità di Monsignor Vergari, il quale ha voluto invitarci a celebrare questa solenne Messa d'inaugurazione nella chiesa di Sant'Apollinare. In questo tempio si venera da secoli un'immagine di Santa Maria, Regina Apostolorum, affiancata da quelle colonne della Chiesa romana ed universale che sono San Pietro e San Paolo. Prego ora la Madre di Dio e i due Apostoli "affinché la teologia serva in voi insieme la sapienza e il coraggio della missione profetica"[15].

[1] Gv 16, 12-13.

[2] Concilio Vaticano II, Cost. dog. Dei Verbum, n. 4.

[3] Giovanni Paolo II, Litt. enc. Dominum et vivificantem, 18-V-1986, n. 6.

[4] Giovanni Paolo II, Litt. enc. Redemptor hominis, 4-III-1979, n. 10.

[5] 1 Tim 2, 4.

[6] Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, n. 16.

[7] Concilio Vaticano II, Decr. Ad Gentes, n. 5.

[8] Concilio Vaticano II, Cost. dog. Lumen gentium, n. 1.

[9] Giovanni Paolo II, Omelia per l'inaugurazione dell'Anno accademico, 25-X-1985, n. 4.

[10] Concilio Vaticano II, Decr. Presbyterorum ordinis, n. 1.

[11] Concilio Vaticano II, Decr. Christus Dominus, n. 33.

[12] Concilio Vaticano II, Cost. dog. Lumen gentium, n. 31.

[13] Rm 8, 16.

[14] Josemaría Escrivá de Balaguer, Amici di Dio, n. 202; Ed. Ares, Milano, 1978.

[15] Giovanni Paolo II, Omelia nell'inaugurazione dell'Anno accademico, 25-X-1985, n. 6.

Romana, n. 3, Luglio-Dicembre 1986, p. 274-276.

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