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6 ottobre. Il rito della Canonizzazione

In una mattinata piena di sole, il 6 ottobre 2002, in Piazza S. Pietro, davanti a una folla di centinaia di migliaia di persone, il Papa ha solennemente proclamato santo Josemaría Escrivá durante la Messa di canonizzazione, iniziata alle dieci in punto.

Il Papa era circondato da 42 concelebranti tra cardinali, vescovi e sacerdoti. Assistevano alla cerimonia più di quattrocento cardinali, arcivescovi e vescovi: 50 venivano dall’Africa, 53 dalla Spagna, 55 dall’Italia; erano presenti anche l’Arcivescovo di Mosca, vari arcivescovi maroniti e uno caldeo, del Libano, due vescovi cubani... Numerosi i rappresentanti di ordini religiosi e movimenti apostolici che occupavano posti riservati nei pressi dell’altare papale.

Una grande folla gremiva Piazza S. Pietro e via della Conciliazione, mentre molti si sono dovuti accontentare di stare nelle vie adiacenti. Nove schermi giganti collocati lungo via della Conciliazione e in piazza Pio XII permettevano di seguire la cerimonia anche da lontano. Ventinove reti televisive trasmettevano in diretta la cerimonia nei cinque continenti. Molte altre lo avrebbero fatto poi in differita.

Alle dieci e venticinque il Papa ha letto la formula di canonizzazione: «In onore della Santissima Trinità, per l’esaltazione della fede cattolica e l’incremento della fede cristiana, con l’autorità di nostro Signore Gesù Cristo, dei Santi Apostoli Pietro e Paolo e Nostra, dopo aver lungamente riflettuto, invocato più volte l’aiuto divino e ascoltato il parere di molti Nostri Fratelli nell’Episcopato, dichiariamo e definiamo Santo il Beato Josemaría Escrivá de Balaguer e lo iscriviamo nell’Albo dei Santi e stabiliamo che in tutta la Chiesa egli sia devotamente onorato tra i Santi. Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo». L’Amen dell’assemblea e il commosso applauso che si è levato da Piazza S. Pietro fino a Castel Sant’Angelo hanno testimoniato l’entusiasmo e la gratitudine con cui è stata accolta la solenne dichiarazione. Una reliquia del nuovo santo veniva collocata accanto all’altare per la venerazione del popolo cristiano.

Dopo le letture, tra le quali non è mancato il Vangelo in greco, come è abituale in queste cerimonie, il Santo Padre ha pronunciato l’omelia:

“Tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio” (Rm 8, 14). Queste parole dell’apostolo Paolo, poc’anzi risuonate nella nostra assemblea, ci aiutano a meglio comprendere il significativo messaggio dell’odierna canonizzazione di Josemaría Escrivá de Balaguer. Egli si è lasciato docilmente guidare dallo Spirito, convinto che solo così si può compiere appieno la volontà di Dio.

Tale fondamentale verità cristiana era tema ricorrente della sua predicazione. Non cessava, infatti, di invitare i suoi figli spirituali a invocare lo Spirito Santo per far sì che la vita interiore, la vita cioè di relazione con Dio, e la vita familiare, professionale e sociale, fatta tutta di piccole realtà terrene, non fossero separate, ma costituissero una sola esistenza “santa e piena di Dio”. “Troviamo Dio invisibile — egli scriveva — nelle cose più visibili e materiali” (Colloqui con Mons. Escrivá, n. 114).

Attuale e urgente è anche oggi questo suo insegnamento. Il credente, in virtù del Battesimo che lo incorpora a Cristo, è chiamato a stringere con il Signore un’ininterrotta e vitale relazione. È chiamato a essere santo e a collaborare alla salvezza dell’umanità.

“Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse” (Gn 2, 15). Il Libro della Genesi, come abbiamo ascoltato nella prima Lettura, ci ricorda che il Creatore ha affidato la terra all’uomo, affinché la “coltivasse” e la “custodisse”. I credenti, operando nelle diverse realtà di questo mondo, contribuiscono a realizzare questo progetto divino universale. Il lavoro e qualsiasi altra attività, portata a termine con l’aiuto della Grazia, diventano mezzi di santificazione quotidiana.

“La vita quotidiana di un cristiano che ha fede — era solito affermare Josemaría Escrivá — quando lavora o riposa, quando prega o quando dorme, in ogni momento, è una vita in cui Dio è sempre presente” (Meditazioni, 3 marzo 1954). Questa visione soprannaturale dell’esistenza apre un orizzonte straordinariamente ricco di prospettive salvifiche, poiché, anche nel contesto solo apparentemente monotono del normale accadere terreno, Dio è vicino a noi e noi possiamo cooperare al suo piano di salvezza. Si comprende quindi più facilmente quanto afferma il Concilio Vaticano II, ossia che “il messaggio cristiano, lungi da distogliere gli uomini dal compito di edificare il mondo,... li impegna piuttosto a tutto ciò con un obbligo ancora più stringente” (Gaudium et spes, n. 34).

Elevare il mondo a Dio e trasformarlo dal di dentro: ecco l’ideale che il Santo Fondatore vi indica, cari Fratelli e Sorelle, che oggi vi rallegrate per la sua elevazione alla gloria degli altari. Egli continua a ricordarvi la necessità di non lasciarvi intimorire dinanzi a una cultura materialistica, che minaccia di dissolvere l’identità più autentica dei discepoli di Cristo. Gli piaceva ripetere con vigore che la fede cristiana si oppone al conformismo e all’inerzia interiore.

Seguendo le sue orme, diffondete nella società, senza distinzione di razza, classe, cultura o età, la consapevolezza che siamo tutti chiamati alla santità. Sforzatevi di essere santi voi in primo luogo, coltivando uno stile evangelico di umiltà e servizio, di abbandono alla Provvidenza e di ascolto costante della voce dello Spirito. In tal modo, sarete “sale della terra” (cfr. Mt 5, 13) e risplenderà “la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli” (Ibidem, 5, 16).

Certamente, non mancano incomprensioni e difficoltà per chi cerca di servire con fedeltà la causa del Vangelo. Il Signore purifica e modella con la forza misteriosa della sua Croce quanti chiama a seguirlo; tuttavia nella Croce — ripeteva il nuovo Santo — troviamo luce, pace e gioia: Lux in Cruce, requies in Cruce, gaudium in Cruce!

Da quando il sette agosto millenovecentotrentuno, durante la celebrazione della Santa Messa, risuonarono nella sua anima le parole di Gesù: “Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me” (Gv 12, 32), Josemaría Escrivá comprese più chiaramente che la missione dei battezzati consiste nell’elevare la Croce di Cristo su ogni realtà umana, e sentì nascere interiormente l’appassionante chiamata a evangelizzare tutti gli ambiti. Accolse allora senza vacillare l’invito fatto da Gesù all’apostolo Pietro e che poco fa è risuonato in questa Piazza: “Duc in altum!”. Lo trasmise a tutta la sua Famiglia spirituale, affinché offrisse alla Chiesa un contributo valido di comunione e di servizio apostolico. Questo invito si estende oggi a tutti noi. “Prendi il largo” ci dice il divino Maestro “e calate le reti per la pesca” (Lc 5, 4).

Per portare a compimento una missione tanto impegnativa, occorre però un’incessante crescita interiore alimentata dalla preghiera. San Josemaría fu un maestro nella pratica dell’orazione, che egli considerava come straordinaria “arma” per redimere il mondo. Raccomandava sempre: “In primo luogo, orazione; poi, espiazione; in terzo luogo, molto «in terzo luogo», azione” (Cammino, n. 82). Non è un paradosso, ma una verità perenne: la fecondità dell’apostolato sta innanzitutto nella preghiera e in una vita sacramentale intensa e costante. Questo è, in fondo, il segreto della santità e del vero successo dei santi.

Il Signore vi aiuti, carissimi Fratelli e Sorelle, a raccogliere quest’esigente eredità ascetica e missionaria. Vi sostenga Maria, che il Santo Fondatore invocava come Spes nostra, Sedes Sapientiae, Ancilla Domini!

La Madonna faccia di ognuno un autentico testimone del Vangelo, pronto a dare in ogni luogo un generoso contributo all’edificazione del Regno di Cristo. Ci siano di stimolo l’esempio e l’insegnamento di san Josemaría perché, al termine del pellegrinaggio terreno, possiamo anche noi partecipare all’eredità beata del Cielo. Là, insieme con gli angeli e tutti i santi, contempleremo il volto di Dio, e canteremo la sua gloria per tutta l’eternità!”

◊ ◊ ◊

Arrivato il momento della comunione, 1040 sacerdoti, accompagnati da altrettanti giovani che reggevano un ombrello bianco per rendere più visibile la loro presenza, si sono sparsi tra i fedeli per distribuire la comunione.

Terminata la Messa, il Santo Padre ha rivolto una breve allocuzione in diverse lingue ai partecipanti alla cerimonia:

1. Al termine di questa solenne celebrazione liturgica, vorrei salutare cordialmente tutti i pellegrini giunti da ogni parte del mondo. Un saluto speciale rivolgo alla delegazione governativa, alle numerose personalità e ai pellegrini dell’Italia, dove il novello Santo ha largamente operato per il bene delle anime e la diffusione del Vangelo in ogni ambiente.

2. Saluto cordialmente le delegazioni e i pellegrini francofoni venuti per la canonizzazione di Josemaría Escrivá. Possano essi trovare nell’insegnamento del nuovo Santo gli elementi spirituali che sono loro necessari per camminare sulla via della santità lungo il loro cammino quotidiano! Vi benedico tutti con affetto.

Invito i membri delle varie delegazioni e tutti voi che siete giunti dai Paesi anglofoni a prendere a cuore la lezione del nuovo santo: Gesù Cristo dovrebbe essere ispirazione e meta di ogni aspetto della vostra vita quotidiana. Affido voi e le vostre famiglie alla sua intercessione e invoco abbondanti benedizioni sul vostro impegno e sul vostro apostolato.

Saluto cordialmente i pellegrini di lingua tedesca che partecipano ai festeggiamenti per l’elevazione all’onore degli altari del sacerdote Josemaría Escrivá de Balaguer. La sua parola e il suo esempio vi incoraggino ad anelare alla santità. Svolgete i piccoli compiti quotidiani con amore verso Dio! Il Signore doni a voi tutti la Sua Grazia!

Saluto tutte le Delegazioni ufficiali, come pure i numerosi partecipanti alla canonizzazione di Josemaría Escrivá de Balaguer, giunti dalla Spagna e dall’America Latina. Accogliendo, come Pietro, l’invito di Gesù a prendere il largo, siate apostoli nei vostri ambienti. Che in questo cammino vi accompagnino la Vergine Maria e l’intercessione del nuovo Santo!

Saluto anche i partecipanti di lingua portoghese qui presenti. Possa il Santo Josemaría servire da modello nell’impegno per la santificazione del vostro lavoro e delle vostre famiglie! Lodato sia Nostro Signore Gesù Cristo!

Saluto cordialmente tutti i membri dell’Opus Dei, i devoti del Santo Josemaría e tutti i pellegrini della Polonia. La sua intercessione sia per tutti propiziatrice di grazie, e il carisma della sua vita vi ispiri sulle vie del progresso spirituale. Dio vi benedica!

3. L’amore per la Madonna è una caratteristica costante della vita di san Josemaría Escrivá, ed è parte eminente dell’eredità che egli lascia ai suoi figli e figlie spirituali. Invochiamo l’umile Serva del Signore affinché, per intercessione di questo suo figlio devoto, conceda a tutti noi la grazia di seguirla docilmente nel suo esigente cammino di perfezione evangelica.

Infine saluto cordialmente il Prelato e tutti i membri dell’Opus Dei: vi ringrazio per tutto quello che fate per la Chiesa.

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Poi ha recitato l’Angelus e ha impartito la benedizione apostolica.

In seguito il Papa, accompagnato dal Prelato dell’Opus Dei, ha percorso in automobile la piazza e via della Conciliazione per salutare i presenti. Durante il tragitto, decine di bambini hanno ricevuto dal Santo Padre la benedizione e un bacio in fronte.

Nel pomeriggio, a Civitavecchia, dove il giorno precedente erano attraccate otto navi con diecimila partecipanti alla canonizzazione provenienti da diversi Paesi del Mediterraneo, ha avuto luogo una emozionante cerimonia durante la quale le autorità portuali hanno intitolato al nuovo santo una banchina del porto.

A conclusione della giornata, nella basilica di S. Pietro, per la prima volta, sono stati recitati i vespri di san Josemaría.

Romana, n. 35, Luglio-Dicembre 2002, p. 205-210.

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