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Una vita al servizio della Chiesa

Il 6 ottobre 2002 rimarrà una data per sempre scolpita nella storia dell’Opus Dei: quel giorno, al termine di una causa durata ventun anni, è stato canonizzato il Fondatore. Ora san Josemaría Escrivá appartiene al tesoro dell’intera Chiesa. Nel suo esempio tutti i cristiani possono leggere i segni delle impronte di Dio impresse nella vita di uno come loro, possono capire come il Signore desidera agire nella nostra anima. E il suo messaggio può illuminare chiunque percorre le vie del mondo alla ricerca di Dio.

La canonizzazione del Fondatore dell’Opus Dei è stata percepita come un vero e proprio evento ecclesiale. La dimensione che l’ha caratterizzata al di sopra di ogni altra è proprio la sua universalità. Essa appariva addirittura tangibile a chi ha guardato l’immensa folla dei fedeli presenti (fra cui parecchi non cattolici); a chi ha registrato il numero dei paesi di provenienza (oltre novanta); ha osservato le centinaia di vescovi che, sul sagrato di San Pietro, hanno voluto dare un segno della cordiale adesione della gerarchia ecclesiastica a questa decisione del Santo Padre; a chi ha notato la partecipazione di tanti rappresentanti delle più svariate istituzioni ecclesiali.

Ogni canonizzazione rivela la pienezza del proprio significato entro questa realtà viva di comunione, che costituisce l’accesso forse più eloquente alla comprensione del mistero della Chiesa. In essa esiste un’immensa varietà di carismi, espressione della sua capacità di permeare culture, sensibilità ed esperienze molto diverse fra loro. Ma le differenze non sono opposizione e non significano contrasto. Tutto appartiene a un patrimonio che è di tutti. Ogni spiritualità riflette un aspetto dell’infinita ricchezza del mistero di Cristo.

L’unità della Chiesa è armonia nella varietà, comunione nella molteplicità. Tutto ciò traspare con particolare evidenza nei santi, così diversi fra loro e, insieme, accomunati nello Spirito. Cambiano gli accenti, lo stile, la storia personale; ma c’è sempre la stessa passione per Dio e per le anime, la stessa preghiera che brucia, la stessa sete di condividere la sofferenza salvifica di Cristo.

Questo spirito di comunione è parte essenziale dell’eredità che i fedeli della Prelatura hanno ricevuto dal Fondatore e costituisce quindi un aspetto specifico del proposito di rinnovato impegno spirituale che ciascuno ha formulato in segno di gratitudine al Signore per il dono della canonizzazione. Come ha ricordato il Santo Padre il 7 ottobre nel saluto ai partecipanti alla cerimonia di ringraziamento, “san Josemaría Escrivá ha speso la sua vita al servizio della Chiesa. Nei suoi scritti, i sacerdoti, i laici che seguono le vie più diverse, i religiosi e le religiose trovano una fonte stimolante d’ispirazione (...). Imitandolo con apertura di mente e di cuore, nella disponibilità a servire le Chiese locali, voi contribuite a dare forza alla «spiritualità di comunione» che la Lettera Apostolica Novo millennio ineunte indica come uno degli obiettivi più importanti per il nostro tempo”[1].

Nell’omelia del 6 ottobre e nel discorso del giorno successivo, il Santo Padre ha illuminato i tratti salienti della figura e del messaggio di san Josemaría, riconoscendo l’attualità e l’urgenza del suo insegnamento. Ci limiteremo a pochi spunti: “San Josemaría fu scelto dal Signore per annunciare la chiamata universale alla santità e per indicare che la vita di tutti i giorni, le attività comuni, sono cammino di santificazione. Si potrebbe dire che egli fu il santo dell’ordinario. Era infatti convinto che, per chi vive in un’ottica di fede, tutto offre occasione di un incontro con Dio, tutto diviene stimolo alla preghiera. Vista così, la vita quotidiana rivela una grandezza insospettata. La santità si pone davvero alla portata di tutti”[2].

Giovanni Paolo II ha voluto precisare che tale insistenza sulla necessità per ogni cristiano di puntare alla pienezza della contemplazione va intesa non già in senso intimistico, ma con tutta la sua carica di impegno per la salvezza del mondo: “Questa visione soprannaturale dell’esistenza apre un orizzonte straordinariamente ricco di prospettive salvifiche, poiché, anche nel contesto solo apparentemente monotono del normale accadere terreno, Dio è vicino a noi e noi possiamo cooperare al suo piano di salvezza”[3]. E più avanti: “Elevare il mondo a Dio e trasformarlo dal di dentro: ecco l’ideale che il Santo Fondatore vi indica”[4].

La conseguenza implicita in queste sottolineature è molto chiara: impegno sincero di ciascuno nella ricerca dell’unione con Cristo e risposta generosa all’appello del Papa per la nuova evangelizzazione. Il linguaggio usato da Giovanni Paolo II è inequivocabile: “Diffondete nella società, senza distinzione di razza, classe, cultura o età, la consapevolezza che siamo tutti chiamati alla santità. Sforzatevi di essere santi voi in primo luogo, coltivando uno stile evangelico di umiltà e servizio, di abbandono alla Provvidenza e di ascolto costante della voce dello Spirito. In tal modo, sarete «sale della terra» (cfr. Mt 5, 13)”[5]. Santità personale, dunque, come premessa indispensabile per la fecondità della propria testimonianza cristiana: “San Josemaría era profondamente convinto che la vita cristiana richieda una missione e un apostolato: siamo nel mondo per salvarlo con Cristo (...). Proprio per questo motivo i suoi insegnamenti hanno aiutato così tanti membri ordinari dei fedeli a scoprire la forza redentrice della fede, la sua capacità di trasformare la terra. Questo messaggio ha implicazioni numerose e feconde per la missione evangelizzatrice della Chiesa”[6].

Sono richiami nei quali, in trasparenza, si leggono le attese del Santo Padre nei confronti dei fedeli della Prelatura: “Josemaría Escrivá comprese chiaramente che la missione dei battezzati consiste nell’elevare la Croce di Cristo su ogni realtà umana e sentì nascere interiormente l’appassionante chiamata a evangelizzare tutti gli ambiti. Accolse allora senza vacillare l’invito fatto da Gesù all’apostolo Pietro e che poco fa è risuonato in questa Piazza: «Duc in altum!». Lo trasmise a tutta la sua Famiglia spirituale, affinché offrisse alla Chiesa un contributo valido di comunione e di servizio apostolico. Questo invito si estende oggi a tutti noi”[7].

Chi è stato aiutato dall’esempio e dagli insegnamenti di san Josemaría a scoprire il volto amico di Cristo può trovare in questi pochi cenni la traccia per quella risposta di generosità che sente di dovere al Signore. Vorremmo concludere riprendendo uno spunto del Papa che invita alla speranza: “Escrivá de Balaguer fu un santo di grande umanità. Tutti coloro che lo frequentarono, di qualsiasi cultura o condizione sociale, lo sentirono come un padre, completamente dedito al servizio degli altri, poiché era convinto che ogni anima è un tesoro meraviglioso; in effetti, ogni uomo vale tutto il Sangue di Cristo”[8]. Dunque, la sua intercessione, la sua sollecitudine paterna, la sua prontezza a presentare al Signore le nostre suppliche, ci aiuteranno a raggiungere i traguardi della santità, anche se abbiamo esperienza della distanza che ancora ce ne separa.

Chiunque si accosta alla figura di un santo comprende che il suo «segreto» sta nella percezione straordinariamente acuta del mistero della santità di Dio. Il santo si immerge in Lui e ne viene elevato ad altezze inimmaginabili. Una delle verità che con maggiore nitidezza si possono cogliere negli scritti di san Josemaría Escrivá è che Dio per noi è Padre, come ha rilevato il Papa: “Il Signore gli fece comprendere profondamente il dono della nostra filiazione divina. Egli insegnò a contemplare il volto tenero di un Padre nel Dio che ci parla attraverso le più diverse vicissitudini della vita. Un Padre che ci ama, che ci segue passo passo e ci protegge, ci comprende e attende da ognuno di noi la risposta dell’amore. La considerazione di questa presenza paterna, che lo accompagna ovunque, dà al cristiano una fiducia incrollabile; in ogni momento deve confidare nel Padre celeste. Non si sente mai solo e non ha paura (...). Il cristiano è necessariamente ottimista, poiché sa che è figlio di Dio in Cristo”[9]. I santi ci aiutano a confidare sempre nel sostegno del Padre celeste.

[1] GIOVANNI PAOLO II, Discorso ai partecipanti alla canonizzazione di san Josemaría Escrivá (7-X-2002).

[2] Ibid.

[3] GIOVANNI PAOLO II, Omelia nella canonizzazione di san Josemaría Escrivá (6-X-2002).

[4] Ibid.

[5] Ibid.

[6] GIOVANNI PAOLO II, Discorso ai partecipanti alla canonizzazione di san Josemaría Escrivá (7-X-2002).

[7] GIOVANNI PAOLO II, Omelia nella canonizzazione di san Josemaría Escrivá (6-X-2002).

[8] GIOVANNI PAOLO II, Discorso ai partecipanti alla canonizzazione di san Josemaría Escrivá (7-X-2002).

[9] Ibid.

Romana, n. 35, Luglio-Dicembre 2002, p. 192-194.

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