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LA DONNA NELL’ECONOMIA DIVINA: DAI PADRI DELLA CHIESA A SAN JOSEMARÍA

Jean De Groot[1]

In un’omelia sulla Madonna, san Josemaría Escrivá parla della “logica di Dio” (la lógica de Dios). Dice che, quando meditiamo sull’assenso dato a Dio da Maria e sul sacrificio nascosto e normale della sua giornata, comprendiamo meglio la logica di Dio. Da come egli utilizza questa espressione, la logica di Dio ha qualcosa a che vedere con il paradosso delle nostre vite, che acquistano valore soprannaturale attraverso i piccoli sacrifici quotidiani. La partecipazione alla natura divina, la somiglianza con Dio, per quanto è possibile a un essere umano, si compie attraverso sacrifici che, nel linguaggio del mondo, sono insignificanti, mediocri o infimi, magari deboli o poco attraenti. san Josemaría continua dicendo: “Per giungere a essere divini, per divinizzarci, è necessario imparare a essere molto umani, vivendo al cospetto di Dio la nostra condizione di uomini comuni e santificando questa apparente piccolezza”.[2] In questo modo la logica di Dio si compie attraverso la vita di ogni giorno ed è la strada per divenire simili a Lui.

Questo passo, come sosterrò, è un esempio particolarmente rivelatore di un tema molto presente negli scritti di san Josemaría e che deriva dai primi Padri della Chiesa.[3] Il tema è l’economia (oikonomia) della salvezza (economía divina, con parole di Escrivá). Questo tema ha acquistato un grande rilievo generale e ampiezza di significato nella teologia cattolica. In contrasto con questo vasto oceano di implicazioni, è proprio la precisione con cui san Josemaría caratterizza l’economia della salvezza, che traccia un nesso specifico fra il suo pensiero e quello dei Padri della Chiesa. Dato il ruolo di Maria, Theotokos (genitrice di Dio), nella formulazione dell’economia, un ottimo modo per accostarsi al suo pensiero sulla donna è quello di cominciare da questo tema nei suoi scritti. L’esame di questo tema mostra come il pensiero di Escrivá sulla donna è integrato nell’ambito generale della sua teologia e della sua spiritualità. Si impernia sul ruolo di Maria nell’economia divina, la quale, però, è un esempio per tutti, non solo per le donne. In tal modo, la natura umana della donna, elevata dalla grazia, si integra nel complesso della sua nozione di mentalità laicale. Una conseguenza di ciò è che la sua teologia tratta esattamente allo stesso modo uomini e donne, in quanto figli di Dio. Potremmo pensare che questa non è una novità; ma, data la tendenza, nell’attuale teologia, a evidenziare le differenze nella psicologia maschile e femminile, è importante notare che non era questo il punto di partenza di san Josemaría.[4] Penso che ciò che presenterò sia la base per valutare altre cose dette da Escrivá sulla donna. Concluderò con due cose specifiche che egli dice riguardo alla donna.

L’economia della salvezza secondo i Padri greci

Sant’Ignazio di Antiochia, Giustino martire e sant’Ireneo di Lione furono tra i primi pensatori cristiani a utilizzare il termine oikonomia per descrivere la suddivisione - o distribuzione- delle persone della Trinità in rapporto all’azione salvifica del Figlio nel mondo.[5] Oikonomia ha a che fare non con il mistero della vita intratrinitaria di Dio, bensì con i modi in cui Dio si rivela all’uomo.[6] La parola, oikonomia —da oikos, casa o focolare, e nomos, usanza, consuetudine o legge- significava originariamente l’arte del gestire la casa. In epoca ellenistica, il termine si riferiva variamente all’amministrazione della proprietà da parte di un uomo, alla gestione di una casa da parte di una donna, o al buon ordinamento del cosmo. Aveva anche la connotazione di ambiente in cui si riesce a gestire qualcosa di complesso.[7] Oikonomia veniva usato dai grammatici greci per riferirsi all’organizzazione di un poema o alla costruzione di una trama, in modo che la storia risulti convincente o porti alla soluzione dell’intreccio.[8] L’utilizzo del termine, da parte dei pensatori cristiani, in riferimento all’intervento di Dio nella storia umana, ha origine da Paolo. In Efesini 1,10, Paolo usa il termine per riferirsi al governo divino della storia della salvezza, la ricapitolazione di tutte le cose in Cristo, in cielo e in terra. In Efesini 3,9, Paolo parla di questo governo del mistero della salvezza come di una cosa rivelata dopo essere rimasta per secoli nascosta in Dio.[9] Un aspetto importante dell’economia di Dio e un tema saliente dei Padri della Chiesa era che il pieno significato dell’Antico Testamento passava inavvertito, finché Cristo non entrò nel mondo. Ora vediamo che, in conformità con il governo di Dio, Gesù Cristo è il secondo Adamo. L’Incarnazione e la Resurrezione sono perciò disegno o progetto di Dio per redimere l’uomo e la natura. Oikonomia fa riferimento a una sintassi o logica di redenzione che rispecchia il volontario rispetto, da parte di Dio, delle regole della vita naturale da lui istituite con la creazione.

Maria e la ragione dell’Incarnazione

La più antica formulazione dell’economia della salvezza è la seguente, di sant’Ignazio, secondo vescovo di Antiochia, dopo Pietro, e martire del primo secolo:

Poiché il nostro Dio, Gesù Cristo, fu concepito nel suo grembo da Maria, secondo l’economia di Dio, della stirpe di Davide, ma per opera dello Spirito Santo.

Ho gar Theos hemon Iesous ho Christos ekuophorethe hupo Marias kat’oikonomian Theou ek spermatos men Daveid, pneumatos de hagiou.[10]

Potrebbe sembrare che solo la presenza della parola oikonomia, in questo passo, lo distingua da una espressione superficiale del credo fondamentale dei Cristiani. Tuttavia, ciò che è importante è che questa espressione è una formulazione di come Dio ha eseguito o compiuto la Redenzione del genere umano. Esprime un’azione, l’entrata nella natura e nella storia della seconda Persona della Trinità, che implica un compimento, la Redenzione. Ci sono parti del piano della Redenzione, compiti, che sono distribuiti fra diverse persone: Gesù, Maria, Davide e lo Spirito Santo: la Redenzione è articolata in varie parti e questa formula significa la relazione delle parti. Manca in essa un riferimento alla seconda Persona della Trinità come Logos, Verbo. Seguendo il Vangelo di Giovanni, i Padri della Chiesa usavano questo termine per riferirsi alla relazione del Figlio con il Padre prima dell’Incarnazione o indipendentemente da essa. Propriamente, il Logos è una parte della formula della Redenzione. La formulazione di Ignazio include invece il ruolo centrale di Maria nell’economia della salvezza: Dio si fece carne ed entrò nella storia venendo generato, non fatto, ovvero nel modo più consono alla vita umana. Il significato dato dai Padri al ruolo di Maria, in questa formula, risulta chiaro nelle loro disquisizioni sulla preposizione più esatta da usare per la sua maternità divina. La preposizione greca, hupo, nella formulazione di sant’ Ignazio può significare un intervento causale o personale. Essa è combinata con la parola che indica l’essere incinta, kuophoreo, per descrivere il concepimento di Maria: Cristo fu concepito e portato nel grembo da Maria. san Basilio ribadisce più avanti che non dovremmo dire che Cristo è nato dia gunaikos —per mezzo di una donna -, ma piuttosto ek gunaikos — da una donna -, per indicare chiaramente che Egli è davvero suo figlio e non che è semplicemente passato attraverso il corpo di Maria.[11] La questione, naturalmente, è sostenere con chiarezza che Cristo è contemporaneamente Dio e uomo, perfectus Deus, perfectus homo, come san Josemaría dice ripetutamente, utilizzando la formula del simbolo atanasiano. Gli studiosi indicano nelle controversie cristologiche della Chiesa primitiva il contesto di questa disquisizione su Maria, ma si dovrebbe anche mettere in rilievo che, in quell’epoca, emerge la comprensione del motivo per cui Dio ci ha redenti in questo modo. Il motivo viene precisato nella formulazione di oikonomia data dai Padri.

Per dirla in modo sommario, Dio ha redento l’uomo in questa maniera, per preservare la creazione, che di per sé era buona. Ne Il grande catechismo, Gregorio di Nissa si domanda perché Dio abbia scelto questa maniera di redimere. Contro coloro che sostengono che è degradante per Dio prendere su di sé la debolezza e l’umiliazione della natura umana, Gregorio afferma che

…nella natura, una sola cosa è disonorevole: la debolezza viziosa; mentre tutto ciò che non è collegato al vizio è estraneo al disonore; e tutto ciò che non contiene disonore è bello; e ciò che è realmente bello non contiene il suo contrario. Ora, tutto ciò che rientra nella sfera del bello si addice a Dio. Dunque, o mostrino che c’era il vizio nella Sua nascita, educazione, crescita, nel Suo progresso verso la perfezione della Sua natura, nella Sua esperienza della morte e nel Suo ritorno dalla morte; oppure, se ammettono che le suddette circostanze della Sua vita rimangono al di fuori della sfera del vizio, dovranno necessariamente ammettere che non c’è disonore in ciò che è estraneo al vizio.[12]

Notevole, in questo passo, è l’elenco degli eventi naturali della vita di Cristo; esso compare, nei Padri, in molte formulazioni dell’economia divina. In questo caso, l’elenco sottolinea il fatto che le circostanze della nascita e della vita di Cristo si annoverano tra i beni di natura dati all’uomo. Gregorio più avanti dice ne Il grande catechismo:

Se togli dalla vita i benefici che ci arrivano da Dio, non sarai in grado di dirmi di quali strumenti disponi per giungere a conoscere Dio. Nella benevolenza con cui siamo trattati, riconosciamo il benefattore; cioè, osservando le cose che ci accadono, immaginiamo le disposizioni della persona che le realizza (cap XV).

Questa è la descrizione di un argomento a posteriori, dalla natura delle cose alla natura di Dio. Gli indizi della bontà di Dio presenti nella natura sono uno dei temi prediletti di Gregorio, e questo tema si basa sull’integralità e attendibilità dell’esperienza umana. Gregorio comincia la sua spiegazione del motivo dell’Incarnazione con una salda fiducia negli aspetti naturali della vita umana.

Secondo Gregorio, Cristo ha riunito l’anima e il corpo umani che il primo peccato aveva separato, restaurando così la bontà della natura umana. Proprio come il peccato di Adamo si è esteso a tutta l’umanità, così il principio della Risurrezione si estende da un solo uomo a tutto il genere umano (cap. XVII). Per Gregorio, l’Incarnazione e la Passione vanno prese insieme, se si vuol comprendere il modo in cui è avvenuta la Redenzione. È evidente, nella oikonomia di Dio e nella rivelazione di essa attraverso la natura e la storia, che Dio non impedì la dissoluzione del corpo di Cristo nella morte. Anzi, riportò di nuovo insieme anima e corpo nella Risurrezione, vincendo la morte. Alla domanda su perché Dio non ha redento l’umanità per mezzo di un semplice fiat della sua volontà, Gregorio risponde che i malati non possono dettare al medico i rimedi per la propria guarigione (cap. XVII). L’economia di Dio è il regime per guarire. Anche sant’ Ignazio affermava che Cristo è il nostro medico; egli utilizza questa descrizione di Cristo, per sottolineare che Egli “possiede sia la carne che lo spirito… entrambi da Maria e da Dio”.[13] Così, chiamando Cristo medico, egli sottolinea la cooperazione di Dio con la natura e l’umanità dell’origine di Cristo. Mostra anche che la oikonomia di Dio ci si dà a conoscere come una techné, un’arte come la medicina o la meccanica. Una techné segue il profilo della natura per vincere la natura: una leva o una carrucola vincono il peso tramite un particolare rapporto di forze; un medico ricorre al potere risanante del corpo per vincere la malattia. Nel caso dell’economia divina, Dio compie tramite la natura ciò che noi non potremmo ottenere da soli: la vittoria sul peccato di Adamo.

La Redenzione e gli eventi della vita quotidiana

Molte arti hanno un laboratorio, un luogo dove l’incombenza materiale viene fatta e compiuta. San Basilio dice che il laboratorio (ergasterion) di questa oikonomia risanatrice è stato il corpo (soma) di Maria.[14] sant’ Ireneo spiega con vivezza di che cosa Cristo aveva bisogno da parte della Vergine Maria:

Se Egli non avesse ricevuto nulla da Maria, non avrebbe mai preso cibi prodotti dalla terra; dopo aver digiunato quaranta giorni come Mosé ed Elia, non avrebbe sentito fame perché il suo corpo aveva bisogno di cibo; il suo discepolo Giovanni non avrebbe scritto di lui: “Gesù si sedette, stanco per il viaggio” (Giov. 4, 6);… non avrebbe pianto su Lazzaro (Giov. 11, 35); non avrebbe sudato sangue (Luca 22, 44); non avrebbe detto “La mia anima è oppressa” (Matt. 26, 38), né sarebbe sgorgato sangue e acqua dal suo fianco trafitto (Giov. 19, 34). Tutti questi sono segni della carne presa dalla terra, che egli ricapitolò in se stesso, salvando ciò che egli aveva plasmato.[15]

Vediamo ancora una volta, nella descrizione di Ireneo, l’elenco degli eventi naturali della vita, intesi ora in rapporto al loro scopo di Redenzione. In tale contesto, Ireneo si riferisce a Maria come a colei che ha sciolto il “nodo” (nodus) della disobbedienza di Eva.[16] L’immagine dello sciogliere un nodo preannuncia l’ordine necessario alla Redenzione tramite la natura e i passi specifici che devono essere fatti per compierla: “Infatti, ciò che è stato annodato non può essere sciolto, se non si rivoltano i lacci del nodo, in modo che i primi lacci vengano sciolti dai secondi e i secondi sciolgano i primi…”[17] Cristo doveva ricapitolare la storia umana cominciata da Adamo, per portarci la salvezza —dice sant’ Ireneo -, ma Maria doveva rivoltare la disobbedienza di Eva. Così, nella Redenzione c’è una logica interna, che noi scorgiamo come il lavoro di un medico soprannaturale, che utilizza il materiale della natura. L’umanità di Maria, la sua carne (sarx), è indispensabile al progetto del Medico, poiché Egli intende preservare la natura materiale e spirituale dell’essere umano come un tutto unitario.

Riassumendo, Dio ha salvato l’umanità tramite un’economia appropriata alla natura materiale dell’uomo. Per questa ragione, i modi in cui la vita umana è scandita dalla natura sono significativi per la salvezza. Gregorio cita specificamente, a modo di catalogo, la nascita di Gesù, la sua crescita dall’infanzia alla maturità, mangiare e bere, fatica e riposo, dolore e lacrime, così come gli eventi della sua Passione, per ribadire che il contatto di Dio con la natura umana non è degradante per Lui. Ma Dio non solo ha restaurato la natura umana; la seconda Persona della Trinità ha perfezionato la natura umana, poiché era libero dalle passioni che tendono al vizio, e ha assunto invece le esperienze naturali che perfezionano la bontà degli esseri umani in quanto umani.[18]

Ciò significa che gli aspetti quotidiani della vita non solo sono significativi per la salvezza, ma che acquistano nobiltà e valore in se stessi, dal momento che Dio li ha vissuti come un essere umano. È veramente uno splendido schema, poiché, dopo l’ingresso del Figlio nella storia, questa condizione umana perfezionata è accessibile a ogni persona. Compiere una sequenza di azioni parallela all’elenco di Gregorio (nascere, vivere con la fiducia, la percezione e la conoscenza, ideare, raggiungere, sperimentare il dolore, amare, sposarsi, avere dei figli, invecchiare e aspettare la morte) sono tutte attività che possono essere piene della grazia di Dio.[19]

In questo contesto, dobbiamo rilevare in Gregorio il tema del grande amore di Dio per l’uomo, philanthropia, grazie al quale Egli assunse la fragilità e l’umiliazione dei limiti umani. I due temi della oikonomia e della philanthropia sono, per Gregorio, strettamente uniti. La parola greca phileo significa essere attaccato, affezionato a qualcosa o qualcuno, aver cara una persona. Usata come prefisso della parola che indica l’uomo (anthropos), philo- indica che Dio ha talmente caro l’uomo da assumere carne umana, per sollevare dal peccato la natura umana.[20] L’Incarnazione è il nuovo regime in cui questo amore misericordioso per gli uomini rimane nel mondo. Una delle parole latine usate per tradurre oikonomia è dispositio, un termine che, nel latino filosofico più tardo, acquista il significato di condizione stabilita o stato. Qualcosa di tale connotato è presente nella traduzione latina di oikonomia. La condivisione della natura di Dio da parte delle tre Persone divine, il Figlio e lo Spirito Santo stessi, e la nuova condizione affermatasi dopo l’Incarnazione, venivano tutte designate con la parola oikonomia o dispositio. Tutte sono condizioni stabili che definiscono la realtà. Adottando una metafora scientifica moderna, potremmo dire che, per Gregorio, noi ora viviamo in una atmosfera di amorosa condiscendenza e misericordia di Dio, che ha ri-valutato la vita umana. L’amore redentore di Dio circonda e impregna, come un’atmosfera, gli esseri umani. Gregorio descrive l’Incarnazione proprio come l’economia filantropica (oikonomia philanthropos).

L’economia filantropica nel pensiero di san Josemaría

Nella teologia di san Josemaría, oikonomia e philanthropia sono strettamente unite. Uno dei temi più notevoli delle sue omelie è il valore dato alla vita umana dal grande amore di Dio per gli uomini. Escrivá evidenzia le espressioni in cui questo amore si materializza, con modalità a cui l’uomo è sensibile. Scrive della meraviglia “di un Dio che ama con un cuore umano” (È Gesù che passa, 108). Descrivendo “la delicatezza e l’affetto” di Gesù nel prendersi cura dei suoi amici (in questo caso, preparando loro da mangiare sulla riva del mare), san Josemaría dice: “Ognuno di questi gesti umani è un gesto divino” (È Gesù che passa, 109). Ricordandoli, “facciamo molto di più che scoprire un possibile modo di comportarci; stiamo scoprendo Dio”. Riecheggiando uno dei temi di Gregorio, egli dice:

Parlando con rigore teologico, senza limitarci a una classificazione funzionale, non si può dire che ci siano realtà —buone, nobili, e anche indifferenti — esclusivamente profane: perché il Verbo di Dio ha stabilito la sua dimora in mezzo ai figli degli uomini, ha avuto fame e sete, ha lavorato con le sue mani, ha conosciuto l’amicizia e l’obbedienza, ha sperimentato il dolore e la morte (È Gesù che passa, 112).

Per due volte Escrivá si riferisce all’invito di sant’ Ignazio di Antiochia “Vieni dal Padre”, che egli considera come un anticipo del martirio di Ignazio.[21] San Josemaría dice, in questo contesto, che nell’amore di Dio si ritrovano “tutti gli amori limpidi che avete avuto sulla terra” (Amici di Dio, 221). In questo commento su Ignazio, vediamo la Trinità economica, la relazione del Padre e del Figlio sotto l’aspetto dell’intimità fra Dio e le creature. Gli amori nell’ordine della natura sono nobili, perché creati e perché redenti. Inoltre, sono il mezzo con cui Dio ci attira a Sé, come una calamita.

Ne Il grande catechismo, Gregorio sottolinea che Cristo è il nostro sacerdote e il medico che ci guarisce. Noi abbiamo la salvezza proprio perché Cristo ha vissuto una vita umana comune. Tuttavia, egli continua, chiunque desidera il bene come Cristo, deve anche imitare Cristo (cap. XXXV). Il tema dell’imitazione di Cristo e del farci istruire da Lui è ancora più forte in Clemente d’Alessandria, che collega imitazione e istruzione alla philanthropia di Dio. Nel suo Paedagogus, Clemente dice: “Il Signore elargisce ogni bene e ogni aiuto, sia come uomo che come Dio: come Dio, perdonando i nostri peccati, e come uomo, istruendoci a non peccare”.[22] In questo contesto, Clemente dice che l’uomo è desiderabile di per se stesso. “Ma che cosa esiste di amabile, che non sia amato anche da Dio? È provato che l’uomo è amabile; di conseguenza, l’uomo è amato da Dio” (I, cap 3). Sviluppa estesamente il tema dell’istruzione, in riferimento all’essere figli di Dio. Ribadisce che essere figli di Dio non significa che la nostra istruzione sia elementare o infantile. Parlando di Cristo, Clemente dice:

Egli è perfezionato solamente dal lavacro — del Battesimo — ed è santificato dalla discesa dello Spirito? Così stanno le cose. Lo stesso avviene nel nostro caso, di cui Cristo è divenuto modello. Con il Battesimo, siamo illuminati; da illuminati, diventiamo figli; da figli, diventiamo perfetti; da perfetti, diventiamo immortali. Egli dice: “Ho detto che voi siete dei e figli tutti dell’Altissimo”.[23] Quest’opera si chiama in vari modi: grazia, illuminazione, perfezione, lavacro… (I, cap. 6).

Cristo è il nostro maestro proprio perché ora noi siamo capaci di imitarlo, grazie al Battesimo. Nella formula della Redenzione data da sant’ Ignazio, che abbiamo preso in esame all’inizio, c’è di seguito un’altra frase riguardante il Battesimo. Ignazio dice: “Egli nacque e fu battezzato, perché, con la sua Passione, potesse purificare l’acqua”.[24] Il Battesimo è essenziale per partecipare all’economia dell’amore di Dio. Come dice Clemente, “Con il Battesimo, siamo illuminati; da illuminati, diventiamo figli…”. Riferendosi specificamente a Clemente, san Josemaría ricorre due volte a questo schema, per spiegare la sua esortazione a impegnarsi in una preghiera continua. Egli chiede: “Non hai forse compreso anche tu la necessità di essere anima di orazione, di avere con Dio un rapporto che ti deifichi?” (È Gesù che passa, 8), e cita Clemente a proposito dell’imitazione: “Diventa Dio l’uomo che ama tutto ciò che Dio ama”. Citando Clemente in un altro punto, san Josemaría evoca ciò che ho chiamato l’atmosfera della philanthropia di Dio. Clemente dice che noi esistiamo “per lodare e onorare il Verbo che conosciamo come salvatore e re; e, per lui, il Padre, non in giorni scelti, come fanno altri, ma continuamente per tutta la vita, e in tutti i modi possibili” (È Gesù che passa, 116). Nell’interpretazione che san Josemaría fa di questo passo, la preghiera continua inserisce tutto ciò che una persona fa, nell’imitazione o nell’istruzione fatta da Cristo, così che la persona vive continuamente alla presenza di Dio. Nella festa del Corpus Domini, Escrivá dice che Cristo ha stabilito un “nuovo patto”. Dice: “Gesù deroga all’antica economia della Legge e ci rivela che Lui stesso sarà il contenuto della nostra orazione e della nostra vita” (È Gesù che passa, 152). Qui, la philanthropia e il tema dell’imitazione di Cristo non si possono distinguere.[25]

La “logica di Dio” di cui parla san Josemaría, la maniera in cui le cose ordinarie acquistano valore soprannaturale, deriva dal modo scelto da Dio per redimerci. Dio ha rispettato la natura della vita umana e ha stabilito un regime di misericordia talmente al di là delle nostre aspettative da permettere all’uomo di condividere la Sua vita divina. L’oikonomia, il progetto di Redenzione, comprende sia l’indicazione di una strada o cammino, sia la logica di una proposta piena di significato. La strada è la via verso il Padre attraverso il Figlio. La proposta piena di significato è il senso o coerenza interna della Redenzione dell’uomo da parte di Dio, attraverso la nostra stessa natura.

Vita ordinaria e vita interiore

Tornando alla citazione con cui abbiamo cominciato — per divinizzarci, dobbiamo accettare l’ordinarietà delle nostre vite e santificare la loro apparente mancanza di valore - notiamo come prosegue san Josemaría: “Così visse Maria” (È Gesù che passa, 172). Escrivá dice che, “alla scuola dell’intimità con Cristo”, Maria è il miglior maestro (È Gesù che passa, 174). E ciò grazie alla sua padronanza dell’economia divina: la padronanza che risiede nella sua “visione soprannaturale” dell’ordinario. Egli fa di ciò un punto essenziale: “La misteriosa economia divina consiste in questo: la Madonna, resa pienamente partecipe dell’opera della nostra salvezza, doveva seguire da presso il cammino di suo Figlio…” (176). Poi egli presenta un elenco di eventi della vita di Maria con Cristo, non dissimile da quello dato da Gregorio di Nissa: la povertà di Betlemme, la vita quotidiana a Nazaret, la manifestazione della divinità a Cana, la Passione e la Croce. In un’altra omelia, san Josemaría ci esorta in particolare a percorrere la sequenza della vita di Maria. Diceva: “Un Padre della Chiesa ha scritto che dobbiamo cercare di conservare nella mente e nella memoria un riassunto ordinato della vita della Madre di Dio” (Amici di Dio, 279). E raccomanda la stessa ricapitolazione attenta della vita di Gesù con Maria e Giuseppe (Amici di Dio, 281).

Ora dovrebbe essere chiaro che la serie degli eventi della vita di ciascuno è, per estensione, un significato di oikonomia, dal momento che in tali eventi, con il loro ordine e coerenza interna, Dio compie il suo progetto provvidenziale. Così, dai temi dell’oikonomia e della philanthropia, nei Padri greci, deriva la conclusione di san Josemaría su ciò che Maria comprende meglio: “Questo schema di vita, in apparenza così consueto, ha un valore divino; è qualcosa che riguarda Dio stesso, perché Cristo vuole incarnarsi nelle nostre occupazioni e animare dal di dentro anche le azioni più umili. Questo concetto è una verità soprannaturale precisa, sicura” (È Gesù che passa, 174). La realtà soprannaturale a cui si riferisce san Josemaría è l’economia filantropica delineata dai Padri, accessibile ai battezzati attraverso la trama divina nascosta nei particolari della loro vita. La vita di Maria dimostra che l’attenzione di ogni credente ai particolari della vita ordinaria è importante per la salvezza personale. A questo riguardo, la vita di Maria è modello di mentalità laicale.

Il fatto che Maria comprenda la realtà soprannaturale dell’ordinario, non diventa, per san Josemaría, la base per reclamare la superiorità spirituale delle donne oppure un ruolo speciale delle donne nella vita cristiana. Piuttosto, questo fa di Maria il modello per la vita interiore di tutti, maschi e femmine. La formula di sant’ Ignazio lo chiarisce: Gesù nacque da Maria. Nella definizione dei Padri, Ella è Theotokos, la Madre di Dio. Questo significa che ogni particolare ordinario delle sue cure materne era vissuto in una dimensione densa di significato: la sua relazione con Dio e il suo amore per Lui. Dell’esempio di Maria, san Josemaría scrive: “La vita interiore è un incontro personale con Dio, altrimenti non esiste…” (È Gesù che passa, 174).

L’incontro personale con Dio di Maria aveva le caratteristiche della femminilità: accoglienza, maternità, dare nutrimento, stimolare e incoraggiare, da ultimo soffrire per il destino del Figlio. Però, ciò che san Josemaría sottolinea è la possibilità di divinizzarsi che Lei ha in modo unico. Il tema della philanthropia permea i riferimenti di san Josemaría alla vita ordinaria di Maria. Egli la descrive come “oggetto della compiacenza divina (objeto de las complacencias de Dios)” (È Gesù che passa, 172) e come “centro d’amore su cui convergono le compiacenze della Trinità divina (al centro amoroso en el que convergen las complacencias de la Trinidad)” (È Gesù che passa, 171). Aggiunge che, benché l’elevazione di Maria a tale dignità sia un “mistero di Dio”, noi stessi lo comprendiamo meglio di altre verità di fede (È Gesù che passa, 171). Lo comprendiamo meglio, perché è la nostra natura umana ad esserne al centro. Ma Escrivá non intende solo questo, quando dice che l’esempio di Maria è universale. Maria traduce in realtà, incarna, il fatto che Dio ha colmato la distanza tra Se stesso e ogni essere umano; quando san Josemaría parla dell’amore di Dio per Maria, sottolinea che, nella Redenzione, Dio ha preservato la natura umana. Notiamo che ciò implica caratteristiche notevoli nel progetto redentore di Dio: l’uguaglianza dei sessi davanti a Dio, senza androginia (cioè, senza annullare le differenze fra uomo e donna). È questo un aspetto importante dell’Incarnazione, che noi da soli non avremmo potuto immaginare. Con il suo essere donna e madre, Maria ha avvicinato a Dio la natura umana; per questo motivo, gli aspetti di femminilità della sua vita continuano ad essere importanti per la spiritualità e per la liturgia.

Fermiamoci a considerare con maggior precisione che cosa san Josemaría ha attinto dai Padri della Chiesa, riguardo a Maria e alla donna nel progetto di Redenzione. Può essere di aiuto un confronto. Uno storiografo della primitiva cristianità ha notato che, nei documenti e negli scritti della Chiesa primitiva, le donne sante non venivano considerate tipo di Cristo alla stessa stregua degli uomini santi. A Cristo non ci si accostava attraverso le donne: di conseguenza, le donne non operano miracoli, guarigioni, non fanno da paciere, come invece gli uomini.[26] Questo concetto delle donne sante è forse parallelo a quello di Maria, nei Padri della Chiesa. In quel periodo, Maria non è considerata come corredentrice; piuttosto, ella partecipa alla Redenzione in modo assolutamente essenziale; il suo assenso ha una funzione chiave.[27] D’altra parte il ruolo di Maria come colei che intercede per noi, comincia a entrare nella spiritualità cristiana in quell’epoca.[28] Questo ruolo è pienamente coerente con il fatto che Maria ha ridotto la distanza fra Dio e l’uomo. Tuttavia, il concetto di Maria come corredentrice e anche come esempio di partecipazione alle sofferenze di Cristo, sono importanti nel pensiero di Escrivá su Maria.[29] Questi aspetti del suo pensiero non derivano dai Padri; ciò che san Josemaría attinge dai Padri è l’idea che la Redenzione si è realizzata in Maria: grazie alla sua scelta libera, l’Incarnazione ha reso accessibile all’uomo la realtà immateriale.

La realtà tangibile dello Spirito, la divinizzazione, è uno degli aspetti più notevoli della vita dei primi cristiani. Ed è anche una caratteristica della teologia e della spiritualità di Escrivá. Per lui, Maria continua a rendere possibile la divinizzazione; ella ci guida a materializzare la vita di pietà ed è modello di mentalità laicale, poiché la divinizzazione si realizza proprio nella sequenza degli eventi comuni di ogni vita. L’economia di Dio è al centro di questa idea di Maria, poiché il significato delle azioni di una persona risiede nella sintassi o nel quadro della sua situazione, nel progetto di Redenzione sulla sua vita. La realtà immateriale (la presenza di Cristo o la nostra salvezza) si materializza attraverso il valore di simbolo che acquistano le azioni. Per esprimerlo con un’immagine, le cose che facciamo sono contatori che calcolano; fanno parte di una strategia che non è nostra, ma che serve per la nostra Redenzione. Con le cose che facciamo, diciamo e pensiamo, possiamo entrare nell’atmosfera dell’economia filantropica o rifiutarla.

Maria e la mentalità laicale

Da questa relazione su Maria e sull’economia divina, vorrei trarre alcune conseguenze per la mentalità laicale in generale e per la mentalità laicale nella donna. Guardare Maria dal punto di vista dell’oikonomia aiuta a capire perché Maria è modello di contemplazione: perché ella realizza la Redenzione nelle piccole cose naturali della sua vita. Il suo esempio di contemplazione non comporta il ritirarsi dal mondo nella quiete, ma piuttosto l’unione con Cristo nelle attività quotidiane. La prima lezione che Maria ci offre, come dice san Josemaría, è come essere contemplativo nel mondo: “…vi ritroverete contemplativi in mezzo al mondo, nel rumore della strada: ovunque” (È Gesù che passa, 174). L’esempio di Maria è la chiave. Poi san Josemaría interpreta la Scrittura: “…Maria conservava tutte queste parole nel suo cuore (Luca 2, 51)”, riferendole alla “visione soprannaturale” di Maria, al suo costante atteggiamento di fede (È Gesù che passa, 174). Così, con l’esempio di Maria, comprendiamo che contemplare non significa rinchiuderci o appartarci, ma vivere la realtà nella sua dimensione di amore di Dio e di apertura.

Maria dunque è modello di mentalità laicale in due modi importanti. Vive una vita ordinaria nel mondo, nella quale ogni particolare contribuisce al progetto di Dio.[30] Inoltre mantiene la visione soprannaturale della sua vita, in una continua conversazione con Dio. Questo ci porta a considerare il rapporto tra la mentalità laicale e il celibato della donna. Dal punto di vista sociologico, la motivazione del celibato, laicale o religioso, è l’essere libero, per dedicarsi al servizio di Dio e del suo popolo.

Dal punto di vista spirituale, è darsi totalmente a Dio direttamente, non tramite un’altra persona. Tuttavia, una caratteristica importante del celibato negli ordini religiosi è che il celibato è un segno, per i fedeli, dello stato di perfezione che Cristo ha portato sulla terra. Il religioso o la religiosa sono un segno, che indica un fine da raggiungere, della nuova natura umana, che deve ancora realizzarsi nella Redenzione. In questo contesto, il celibato religioso opera in una comunità cristiana rivolta al servizio di Dio. Per un laico, il motivo del celibato non è quello di essere un segno per gli altri. Come Maria, la donna che vive il celibato nello stato laicale vive la sua vita privata e porta avanti la sua professione. I suoi colleghi possono non conoscere il suo stato di vita. San Josemaría dice sempre che un laico sceglie il celibato per amore di Dio e del Suo Regno.[31] Ciò si può spiegare con una frase di sant’ Ireneo sulla nuova economia: che una vergine (Maria) doveva revocare la disobbedienza di un’altra (Eva). In sostanza, l’opera della Redenzione deve essere fatta da Dio e si completa nelle nostre vite: la vocazione al celibato laicale ne è la specifica testimonianza.

In una risposta alla domanda di un giornalista sul “ruolo della donna nella vita della Chiesa”, san Josemaría puntualizzò energicamente che la Redenzione si compie nelle azioni ordinarie e nella storia personale. Infatti, egli dice che la domanda corre il rischio assumere un punto di vista clericale, intendendo per Chiesa il clero o la Gerarchia ecclesiastica. La sua risposta continua con particolare intensità, non disprezzando una maggior partecipazione della donna in posti di responsabilità nella Chiesa, ma piuttosto chiarendo il significato della Chiesa nel mondo. I laici devono far attenzione al clericalismo — egli dice - “e continuare a vivere in modo secolare e ordinario, da persone che vivono nel mondo e prendono parte agli affari e interessi del mondo”.[32] E continua:

Mi commuove pensare a tanti cristiani e a tante cristiane che, forse senza proporselo in modo esplicito, vivono con semplicità la vita ordinaria, cercando di incarnare in essa la Volontà di Dio. Renderli consapevoli di quanto sia eccelsa la loro vita; rivelare loro che ciò che sembra privo di importanza ha un valore di eternità; insegnare ad ascoltare più attentamente la voce di Dio che parla loro attraverso fatti e situazioni, è qualcosa di cui oggi ha urgente necessità la Chiesa, perché a questo la sta spingendo Dio.[33]

Egli poi pone come esempio di quanto ha affermato il fiat di Maria, “si faccia di me secondo la tua parola”. Afferma che, da queste parole, “dipende la fedeltà alla vocazione personale, sempre unica e intrasferibile…”.[34] La risposta illustra molto bene come sia parte integrante di tutta la prospettiva di Escrivá il suo pensiero sulla donna. Maria ha un ruolo centrale nell’economia divina per ciò che riguarda la vita secolare del cristiano, e sia donne che uomini sono chiamati alla vocazione laicale. Indubbiamente, la chiamata della donna porta con sé più forte il significato di mentalità laicale, perché la donna è più vicina a Maria per natura e anche perché occupa una posizione strategica nella vita moderna. La risposta di Escrivá illustra anche un’inversione o cambio di tono, che spesso caratterizza le sue risposte a domande che si riferiscono a questioni di attualità. Egli interpreta la domanda in base a ciò che reputa la questione più importante.

Una simile inversione di tono appare anche nella sua discussione sull’importanza del lavoro domestico, gran parte del quale è svolto dalla donna. L’enfasi con cui egli parla del lavoro domestico è stata utilizzata da alcuni, per dimostrare che san Josemaría voleva la vita apostolica della donna confinata nei ruoli tradizionali di casa e cucina. Tale critica è smentita dalla sua insistenza perché uomini e donne nell’Opus Dei ricevessero la stessa formazione ed istruzione, dal suo incoraggiamento alle donne a conseguire titoli di laurea in teologia, e dalla sua insistenza perché ciascuna scegliesse la sua strada nella vita con completa libertà. Egli dice esplicitamente che non devono esistere “conflitti tra la propria famiglia e la vita sociale” e che non c’è ragione di escludere la donna da “una qualunque delle mansioni e degli impieghi dignitosi esistenti nella società in cui si vive”.[35] Ma il ruolo di Maria nell’economia divina, e la sua conseguente posizione di modello di mentalità laicale, mostra perché il lavoro domestico è così importante. È il lavoro che Maria ha svolto accogliendo Cristo e preparando il suo ministero. Nelle fatiche domestiche (riordinare e mantenere una casa, pulire, preparare da mangiare, occuparsi di chi è stanco, malato o scoraggiato), chi lavora serve altri, che sono Cristo, in modo immediato e vitale. Organizzare scuole che diano professionalità a questo lavoro, ne testimonia l’importanza vitale nell’àmbito della natura e il grande valore nell’ordine della grazia. Ancora di più, dare professionalità alle attività domestiche esprime l’importanza dell’ordine, per santificarle. Ordine non significa efficientismo, ma serenità, fiducia e amore attento. Significa oikonomia, nella sua connotazione di clima o condizione in cui ogni persona può star bene, in sintonia con il progetto di Redenzione. Coloro che mettono in discussione l’impegno nella fatica domestica, manifestano un pregiudizio nei suoi confronti, che san Josemaría non condivideva. Egli diceva: “Non dimentichiamo che si è preteso di presentare questo lavoro come una cosa umiliante, ma non è vero”.[36] Solo le condizioni in cui a volte si svolgeva erano umilianti. Un altro motivo per dare professionalità a questo lavoro risponde alla necessità di regolarizzare gli obblighi di altri — datore di lavoro e persone che usufruiscono del servizio - nei riguardi del lavoratore.[37] Ancora una volta, la risposta di Escrivá a un dubbio riporta i termini della discussione al punto fondamentale.

La donna nell’economia divina

Abbiamo visto come il pensiero di san Josemaría sul materializzarsi della Redenzione in Maria, stabilisce le basi della sua opinione sulla donna. Riepiloghiamo brevemente perché è importante nell’economia di Dio che Maria sia una donna e che ogni donna lo sia. Apprendiamo dai Padri della Chiesa che l’umanità di Maria, anche il suo corpo, è indispensabile al progetto del Medico divino: perché Dio intendeva santificare e redimere la vita umana all’interno della natura. In forza del modo scelto da Dio per redimere l’uomo, gli aspetti naturali della vita sono significativi per la salvezza. Nella misura in cui ciò è vero innanzitutto per Maria, resta vero per ogni donna. Dio ha avuto bisogno di Maria non solo per generare Cristo, ma per cooperare alla redenzione, che ha conseguito il meglio per la natura umana. Così, come avviene per noi tramite Maria, il compito della donna è quello di ridurre la distanza fra Dio e l’uomo, di promuovere l’intimità tra Dio e le creature. La propensione della donna verso la singola persona e la sua cura dei particolari sono caratteristiche naturali. Ma nell’economia divina la sua attenzione per le cose ordinarie non equivale semplicemente all’essere immersa in una profusione di particolari effimeri. Se comprendiamo il ruolo di Maria nell’economia divina, vediamo che la donna di fatto rende importante ogni singola vita: la collega al progetto divino, dando pienezza di significato alla storia personale o collettiva.

Tuttavia la donna non porta la persona a Dio di sua iniziativa: ella riesce a promuovere l’intimità con Dio, per il ruolo che ha nell’economia dell’Incarnazione. L’Incarnazione è il rapporto fondante della sua femminilità, il contesto da cui non si possono separare le sue azioni. Per attuare la Redenzione, Dio ha dovuto contare su un essere umano libero: Maria; pertanto, Maria è emblema della libertà umana. È difficile immaginare un’altra epoca storica, se non la nostra, nella quale la donna abbia partecipato in grado maggiore alla libertà di Maria. Nella nostra epoca, è importante il modo in cui le donne esercitano la libertà personale, proprio in quei campi in cui Maria eccelse. Ci appare evidente l’importanza della libertà della donna nel campo dell’etica sessuale e riproduttiva, nella cura quotidiana dei figli e nella conservazione di una cultura umana.[38] Sono àmbiti che Dio ha affidato alla donna con l’Incarnazione e di cui la donna è responsabile in modo speciale.

San Josemaría disse che la festa della Maternità della Madonna era la sua festa mariana preferita. In un’omelia su questa festa, parla dell’argomento con cui abbiamo cominciato questo scritto: il motivo dell’Incarnazione. Dice che Dio avrebbe potuto scegliere molti modi per redimerci, ma ha scelto quello che rende incontestabile la nostra salvezza e glorificazione; ribadisce così che l’Incarnazione ci innalza. Quindi cita la contrapposizione di san Basilio fra Adamo e Cristo e il ruolo della Madonna nel plasmare la carne di Cristo (Amici di Dio, 276). È l’esempio finale di uno dei miei temi centrali: che c’è un nesso specifico e preciso tra il pensiero di Escrivá e quello dei Padri della Chiesa; un nesso intenzionale da parte sua, guidato da un’infallibile saggezza cristiana. La ricerca sull’oikonomia ha mostrato che i Padri della Chiesa credevano che la salvezza ha un senso in termini terreni, umani. Questo argomento dei Padri è la fonte del vivo approfondimento di san Josemaría sulla materializzazione della vita di pietà. La base teologica della sua spiritualità laicale consiste, in parte, nella riflessione su Maria attinta dai Padri.

[1] 1' Professore Associato, Facoltà di Filosofia, Università Cattolica Americana, Washington, D.C., 20064.

[2] La Vergine Santa, causa della nostra letizia, in È Gesù che passa (ed. Ares), n. 172.

[3] In questo scritto, attingerò in particolare ai Padri greci dell’Asia Minore e di Alessandria: Ignazio di Antiochia (I secolo), Ireneo (II), che dall’Asia Minore si trasferì a Lione, Clemente d’Alessandria (II-III) e i fratelli Cappadoci Basilio di Cesarea e Gregorio di Nissa (III). Attingo idee da diversi autori, perché anche san Josemaría ricorreva ai Padri in questo modo, nell’esporre la sua teologia nelle omelie. Data la centralità dottrinale della oikonomia, essa viene espressa con sicura semplicità teologica in diversi pensatori e con uno sviluppo concorde di tale concetto negli scrittori greci. Tra i Padri latini, Tertulliano è importante per lo sviluppo della dottrina sulla Trinità. Egli utilizza i termini oeconomia, dispensatio e dispositio. V. il suo Contro Praxeas, cap 2 e 3.

[4] Lo sviluppo del significato teologico delle differenze fra donne e uomini è una materia importante. Per uno studio del pensiero femminista sulla questione e per uno sviluppo tomistico dell’epistemologia dei processi di apprendimento della donna, vedi Pia Francesca de Solenni, Ermeneutica della Mens dell’Aquinate, attraverso una epistemologia sessualmente differenziata (Roma, Apollinare Studi, 2000).

[5] Ippolito (III sec.) usa la parola ‘persone’ (prosôpa) per il Padre e il Figlio, mentre descrive lo Spirito Santo come una “terza economia” (Contra Noetum XIV [Migne, PG, vol.10, 820-21]).

[6] Catechismo della Chiesa Cattolica (seconda edizione), 236. Un’estensione di tale significato primario di economia è indulgenza dottrinale o dispensa ecclesiastica. Questo perché l’oikonomia cristiana riguarda l’assistenza di Dio per superare i limiti umani. Sull’argomento, vedi gli articoli su Patristic and Byzantine Review 6, n° 1 (1987), in particolare “’Oikonomia’ come indulgenza dottrinale e intercomunione nei Padri della Chiesa”, dell’Arcivescovo Metodio di Thyateira e Gran Bretagna, pp. 15-19.

[7] Vedi Carlo Natali, “Oikonomia nel pensiero politico ellenistico”, in Giustizia e generosità: studi sulla filosofia sociale e politica ellenistica. Nella letteratura politica dopo Aristotele, il termine aveva un ampio significato di gestione degli affari politici, suddivisione della ricchezza, o distribuzione di qualsiasi situazione complessa. Si intendeva per oikonomia un’arte, un’attività che includeva un disegno o progetto, ma che giungeva ad avere anche connotazioni etiche, riguardanti il saggio uso delle risorse, o il fine di un’azione pratica.

[8] Robert Grant, Irenaeus of Lyons. Grant fa risalire il termine usato da Ireneo alla retorica greca. Ireneo usa spesso il termine oikonomia (nelle versioni latine, dispositio) collegato alla nozione di ricapitolazione in Cristo della storia umana. Il termine usato per ricapitolazione (anakephalaiosis) è affine a quello di oikonomia nella retorica greca. Vedi anche Adhémar d’Alèmar, “Le mot oikonomia dans la langue théologique de Saint Irénéé”.

[9] Oikonomia è usato anche per riferirsi ai piani di Dio in I Timoteo, 1,4. Altri usi del termine nel Nuovo Testamento indicano il governo della casa (Lc 16, 2-4) o il servizio dell’amministratore (I Cor 9, 17; Ef 3,2; Col 1, 25).

[10] Sant’ Ignazio di Antiochia, Epistola agli Efesini, XVIII. La formula risale a Paolo, Galati 4,4.

[11] De Spiritu Sancto 5, 12.

[12] Nicene and post-Nicene Fathers af the Christian Church, ed. P. Schaff and H. Wace (New York: Christian Literature Co, 1893), vol. V, cap. IX (Oratio catechetica, Migne, vol. 45, 41A).

[13] Ignazio, Epistola agli Efesini, cap VII.

[14] Basilio, In sanctam Christi generationem 3.

[15] Adversus haereses 3,22.

[16] “Sic autem et Evae inobedientiae nodus solutionem accepit per obedientiam Mariae. Quod enim alligavit virgo Eva per incredulitatem, hoc virgo Maria solvit per fidem”. Adversus haereses 3, cap. 22.

[17] Ireneo 3, 22.

[18] Gregorio parla di questo argomento in Contra Eunomium III, 4.

[19] La Chiesa intende i sette sacramenti in rapporto agli stadi della vita naturale. Su questo argomento, vedi Catechismo 1115, 1210-12, 1420-21.

[20] Vedi, per esempio, Gregorio, Adversus Apollinarem.

[21] Amici di Dio, 221. È Gesù che passa, 66.

[22] Paedagogus, I, cap. 3.

[23] Anche Ireneo si riferisce a questo passo dei Salmi (82, 6-7), includendone l’ultima parte: “… Voi siete tutti dei e figli dell’Altissimo, ma morite come gli uomini”. Con Clemente, Ireneo intende il versetto come una descrizione della divinizzazione portata dal nuovo regime dell’Incarnazione. Coloro che muoiono non hanno accettato il dono dell’adozione (Adversus haereses 3, 19).

[24] Agli Efesini XVIII. Purificare l’acqua può essere un riferimento al battesimo del Signore, che istituì il sacramento del Battesimo. Confronta Catechismo, 1223-24.

[25] Sia l’amore misericordioso di Dio che l’identificazione con Cristo del cristiano, sono importanti nella teologia di Escrivá sulla filiazione divina. Vedi Francisco Fernandez-Carvajal e Pedro Beteta, Hijos de Dios…

[26] Elizabeth A. Clark, “Holy Women,Holy Words”, Journal of Early Christian Studies 6, 3 (1998), p. 416.

[27] Per una panoramica completa del concetto di Maria nella Chiesa primitiva, vedi Hilda Graef, Mary: A History of Doctrine and Devotion (London, Sheed and Ward, 1994), cap 2. La Maternità divina è la verità centrale su Maria nei primi secoli della Chiesa. Sono presenti disquisizioni sulla sua perpetua verginità e sulla sua verginità in partu; l’Immacolata Concezione non fa parte del quadro. Vedi anche la raccolta di testi in Luigi Gambero, Maria e i Padri della Chiesa, cap. 1-9.

[28] La preghiera mariana Sub tuum praesidium è del terzo secolo. Fu scoperta in un papiro egiziano (Gambero, nota 22). Negli scritti teologici, Ireneo descrive Maria come advocata di Eva, e sembra si riferisca non alla sua intercessione, ma alla sua capacità di rovesciare il peccato con la sua obbedienza (Gambero).

[29] Come esempio, vedi l’omelia “Madre di Dio e Madre nostra”, in cui temi attinti dai Padri sono accostati al tema di Maria corredentrice (Amici di Dio, 287), di Maria che partecipa alle sofferenze di Cristo (288) e di Maria maestra (284).

[30] Forse conviene chiarire il significato di “ordinario”. Il contrario di “ordinario” non è propriamente “straordinario”, ma “pubblico o riguardante affari pubblici”. Ordinarietà ha a che fare con ciò che appartiene alla storia personale mia e degli altri. La parola greca per “vivere una vita privata” era idioteuo, dalla radice idio-, che significa ciò che appartiene a me stesso. D’accordo con tale significato, la vita privata non è un campo riservato dell’individualità o dei gusti personali, ma è semplicemente il regno delle cose che fanno parte della propria personale situazione, storia o condizione di vita. Non c’è nessuno che sia un personaggio solo pubblico: ciascuno ha una vita ordinaria nel significato inteso qui. Certo, la vita di Maria è stata straordinaria, benché il suo significato si sia realizzato in una storia personale.

[31] Per un approfondimento sui motivi del celibato, ricevuto come un dono di Dio, vedi Jutta Burggraf, “Vivere il celibato nel XXI secolo”, Catholic Position Papers, n° 317 (aprile 2002).

[32] “La donna nella vita sociale e nella vita della Chiesa”, Colloqui con Mons. Escrivá, 112.

[33] Ibidem.

[34] Ibidem.

[35] Ibidem, 87.

[36] Ibidem, 109.

[37] Ibidem, 109.

[38] San Josemaría sottolinea il contributo che la donna può dare alla vita civile, in questi campi, in “La donna”, cit., Colloqui, 90.

Romana, n. 39, Luglio-Dicembre 2004, p. 273-289.

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