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In breve

Bogotá (Colombia)

La processione del Corpus Domini

Giovedì 26 maggio, festa del Corpus Domini secondo il calendario universale, nell’Università de La Sabana, per la prima volta nella sua storia, è stata organizzata una processione eucaristica. L’intenzione era quella di assecondare il desiderio del Santo Padre che nell’anno dell’Eucaristia la festa del Santissimo Corpo e Sangue di Nostro Signore Gesù Cristo fosse celebrata con particolare solennità.

La processione è stata presieduta dal Vice-Gran Cancelliere dell’Università, Mons. Hernán Salcedo Plazas, e ha registrato la partecipazione di circa 600 persone, fra studenti, professori, amici, abitanti della zona, ecc. È partita dalla cappella principale e, attraversata una buona parte del campus universitario, dalla Plaza de los Balcones si è diretta a la Glorieta de los Sauces, poi agli edifici della Facoltà di Medicina e della Facoltà di Economia, passando davanti all’edicola della Madonna, Madre del Bell’Amore; infine, è ritornata alla cappella principale. Il percorso era stato riccamente addobbato con fiori. Durante la processione il coro dell’Università ha intonato canti in onore del Santissimo Sacramento.

Alla fine molti partecipanti hanno espresso il desiderio che anche nei prossimi anni la solennità del Corpus Domini sia celebrata nell’Università de La Sabana con una processione eucaristica.

Buenos Aires (Argentina)

Donna, qual è la tua leadership?

La residenza universitaria La Ciudadela, in collaborazione con il Centro de Entrepreneurship della Iae, Business school dell’Università Australe, ha organizzato il seminario Donna, qual è oggi la tua leadership?, che si è svolto sabato 30 aprile nel campus universitario di Pilar.

Il seminario, che è stato inaugurato da Silvia Torres Carbonell, direttrice del Centro de Entrepreneurship della Iae, si è rivelato un’interessante occasione di dialogo tra il pubblico — più di 700 studentesse universitarie e giovani professioniste — e le relatrici, donne che si sono distinte professionalmente in vari campi e che desideravano trasmettere la loro esperienza lavorativa e familiare. Tutte sono state d’accordo nel sostenere che famiglia e lavoro sono compatibili, sia per la donna che per l’uomo, e che il contributo femminile è indispensabile in tutti gli ambiti della società. Sono state tutte assolutamente d’accordo anche sulle linee maestre del concetto di leadership della donna, che ha necessariamente alcune caratteristiche proprie e che dev’essere sempre unito all’idea di servizio al bene comune.

Uno dei gruppi di lavoro del seminario era formato da Graciela Barbadillo, ballerina del Teatro Colón, María Gattinoni de Mujía, avvocato, e Raquel San Martín, editorialista del settore Educazione del giornale La Nación. In un altro gruppo, centrato sul trinomio impresa, politica e società, sono intervenute Clarisa Estol, presidente del Banco Hipotecario Argentino, Ana Giesso, imprenditrice di moda, e María Amelia Videla, di Manpower-Argentina, che ha messo in rilievo una delle qualità del carattere femminile e cioè la flessibilità, intesa come capacità di interruzione e di negoziazione: “Questo — ha detto — è ciò che permette alle donne di avere un’agenda comune con varie attività contemporaneamente”. Clarisa Estol, da parte sua, ha concluso la sua relazione con una affermazione lapidaria: “Una persona non è completa se non ha una vita familiare [...]. La mia opera d’arte più preziosa sono i miei figli”.

“L’educazione comincia nella famiglia; è lì che si danno i primi valori. La scuola viene dopo. Perciò è importante stare in famiglia. Perciò i miei figli e mio marito sono ciò che di più importante c’è nella mia vita”, ha dichiarato la nota modella, presentatrice televisiva e ora imprenditrice, Valeria Mazza, interrogata da una delle presenti durante lo scambio di idee che si è svolto dopo le sessioni di lavoro.

Ha chiuso la giornata Paola Delbosco, dottoressa in Filosofia dell’Università La Sapienza di Roma. “Il contributo che la donna dà al mondo — ha affermato — è proprio una sua caratteristica: la maternità”. E, citando Edith Stein, ha aggiunto che l’anima della donna “deve essere accogliente, luminosa, calda e silenziosa” per proteggere la vita e accorgersi delle necessità dell’altro.

Cristóbal Colón (Ecuador)

Attività sociali in una regione estremamente povera

L’82,5% degli abitanti della zona di Cristóbal Colón, nella provincia di Esmeraldas, vive al di sotto della soglia della povertà. Per cinque giorni, dal 28 marzo al 1° aprile, un gruppo di liceali e di universitari che partecipano ai mezzi di formazione del Centro Culturale Alfil di Quito vi hanno svolto un’attività sociale di sostegno: hanno ripulito il terreno sul quale sarà costruito un asilo nido, scavato una fossa settica con il relativo canale di scolo, fatto alcune riparazioni nell’asilo attuale e dato lezioni di catechismo ai bambini.

Pablo Cordero, che ha diretto i lavori, dichiara: “Benché le attività siano state molto faticose, specialmente gli scavi, ciò per cui più ci hanno ringraziato è stata la possibilità di accostarsi ai sacramenti: un sacerdote che ci accompagnava ha potuto confessare e celebrare la Santa Messa, un servizio che di solito non possono ricevere”. Mateo Ruales, un altro volontario, aggiunge che a suo parere di tutto quello che ha fatto, la cosa più importante sono state le lezioni di catechismo per preparare i bambini alla prima confessione. Juan José Paz dice di aver provato una particolare commozione quando la maestra lo ha invitato a piantare una palma e un corbezzolo nei pressi del fiume Canandé: “Ci ha detto che così ci impegnavamo a ritornare. È vero, voglio ritornare; e non solo per verificare se gli alberi hanno attecchito”.

Graz (Austria)

Christiana Justin nel Centro Culturale Geidorf

Il Centro Culturale Geidorf ha aperto le porte nel 1973. Oltre alle attività formative per gli studenti di Graz, da alcuni anni organizza con una certa frequenza conferenze su temi pedagogici per i genitori.

“Si possono mettere limiti all’educazione dei figli? Quali? Come e quando?”. Questo è il titolo della conferenza che il 3 marzo scorso ha tenuto Christiana Justin, medico anestesista, madre di cinque figli e vedova da otto anni. Una simpatica presentazione multimediale con scene della vita quotidiana dei suoi figli, che ora hanno da 12 a 24 anni, ha catturato subito l’attenzione del pubblico. Ha cominciato spiegando che la seconda parte del titolo della conferenza suggeriva la risposta alla prima domanda: sì, bisogna mettere dei limiti. Ma bisogna anche decidere quali, come farli accettare e quando è il momento opportuno di pretenderli.

La dottoressa Justin ha affermato che il limite si stabilisce naturalmente, ha una propria logica, laddove la libertà di una persona ridurrebbe quella di un’altra: il bambino che mangia la cioccolata che il fratello conserva in un “posto segreto”, l’adolescente che ascolta musica a tutto volume quando il padre torna stanco dal lavoro e vorrebbe leggere il giornale, la figlia che spende in un costoso taglio di capelli tutti i soldi che le ha dato la madre per due settimane di vacanze..., ebbene, stanno tutti superando il limite. Alcuni anni fa una corrente pedagogica propugnava un’educazione radicalmente antiautoritaria, senza limitazioni, ma i tentativi di introdurre questo sistema di educazione — il progetto Summerhill è stato il più famoso — si rivelarono un insuccesso. Perciò, anche se sicuramente il “sano scappellotto” di cui parlavano i nostri nonni è tramontato, oggi imporre alcune limitazioni al comportamento dei bambini, sia figli che alunni, ritorna a essere un tema di interesse pedagogico.

I limiti sono in qualche modo sfide che contribuiscono a sviluppare la personalità: i figli provano fin dove possono arrivare, quanto possono “rischiare” prima che i genitori reagiscano, e in questo modo si rendono conto fin dove arriva il possibile e il consentito. I limiti danno sicurezza e fiducia e li formano in alcuni atteggiamenti indispensabili per la vita e la convivenza: grazie ai limiti, per esempio, i figli imparano ad aspettare, a non ricevere tutto subito, a pensare prima agli altri, ecc.

Quali sono, allora, le caratteristiche che devono avere i limiti per essere efficaci nell’educazione dei figli? La dottoressa Justin ne ricorda quattro. Prima: i limiti devono avere un senso, cioè non si deve esigere per esigere. Seconda: i limiti stabiliti devono essere mantenuti; non si possono cambiare in un momento di “insicurezza”. Terza: le frontiere devono essere le stesse per tutti i fratelli — è una sorta di giustizia commutativa -, anche se a volte conviene applicarle in modo differente — cioè, con i criteri propri della giustizia distributiva — in base a circostanze come l’età, una malattia, ecc. Non bisogna preoccuparsi molto di questo punto, perché sono i fratelli più grandi che si prendono cura di vigilare che sia applicato ai più piccoli ciò che è applicato a loro (in genere, in una famiglia numerosa è più facile mettere e mantenere le frontiere, perché sono gli stessi fratelli che si “educano” a vicenda). Quarta e ultima: stabilire frontiere richiede occhio e misura, ossia, si deve trovare il punto di mezzo tra il “lasciar fare” e l’esagerazione.

Il 30 aprile Christiana Justin è ritornata al Centro Culturale Geidorf per partecipare a un incontro di amici e Cooperatori che era stato indetto allo scopo di dare impulso a un progetto ambizioso: il finanziamento per l’acquisto della futura sede di Geidorf. Gli attuali locali, ceduti nel 1973 dalla Steirische Kulturvereinigung, ormai non rispondono più alle necessità di Geidorf. Per questo motivo il consiglio di direzione ha deciso di costruire una nuova sede.

È stata proprio la dottoressa Justin che, nel corso della riunione, ha illustrato il profilo della nuova residenza: i valori che si propone di trasmettere, l’impegno di ampliare gli orizzonti culturali degli studenti e dei giovani professionisti, l’accento da porre sulla solidarietà, il sostegno da dare all’attività educativa propria della famiglia (anche per mezzo di un club giovanile) e l’offerta di una formazione cristiana.

Helsinki (Finlandia)

La famiglia, mezzo di comunicazione fra l’individuo e la società

I costruttori delle cattedrali medievali non risparmiavano sforzi: sapevano che quello che stavano costruendo doveva durare secoli. Che cosa si dovrebbe dire dell’amore tra l’uomo e la donna, se veramente crediamo nel matrimonio felice e per sempre?

Il paragone fatto da Isabelle Gaullier, un Master in Famiglia e Matrimonio, durante il seminario tenuto il 14 aprile nel centro culturale Vanhapuisto di Helsinki, si collegava alla considerazione dell’importanza della famiglia per un corretto sviluppo della persona. Nell’accettare la sfida di costruire una vita matrimoniale — ha affermato -, il realismo è indispensabile, però bisogna combinarlo con l’idealismo di chi sa che si sta proponendo qualcosa di grande, ma non di irraggiungibile. Ritornando all’immagine dei grandi templi medievali, la conferenziera ha concluso con una frase lapidaria: “La fatica non è sprecata quando si tratta di costruire una cattedrale”.

Da parte sua, la dottoressa Kaija Hartiala, vice-sindaco di Turku, la terza città della Finlandia per numero di abitanti, ha trasmesso alcune esperienze quotidiane della propria famiglia. Kaija Hartiala è sposata da trent’anni, ha una famiglia di quattro figli e una carriera politica e professionale che le ha richiesto non poco impegno. Nella sua esposizione, attraverso episodi di vita vissuta, ha enumerato diversi aspetti che considera essenziali per conservare il matrimonio al sicuro e la famiglia unita. Ha raccontato anche di alcuni sistemi con i quali ha cercato di rimanere sempre molto vicina a suo marito e ai suoi figli. Per esempio, per combattere la pressione dell’individualismo, che può far sì che ogni membro di una famiglia “faccia vita a sé” e si isoli, assorbito dal lavoro, dagli hobby, dagli amici, nella sua famiglia hanno deciso di fissare l’ora della cena un po’ più tardi del consueto, per avere ogni giorno un momento in cui tutti siano presenti in casa e ognuno possa raccontare ciò che gli è accaduto. Ha parlato anche di quanto sia importante condividere un hobby con gli altri membri della famiglia: nel suo caso, lo jogging, che pratica ogni giorno con il marito.

Il pubblico presente al seminario è stato molto attivo al momento di fare domande, e questo prova che in Finlandia il tema riscuote un grande interesse.

Las Pinas (Filippine)

I giovani e il futuro del Paese

Alliance for the Family è una iniziativa di alcuni fedeli e Cooperatori dell’Opus Dei. L’obiettivo è quello di promuovere attivamente la difesa della famiglia, prima di tutto attraverso campagne orientate a stimolare una legislazione positiva. La sezione giovanile di Alliance for the Family è nata nel settembre del 2004, e cinque mesi dopo ha organizzato il primo concorso interscolare On-the-spot Writing. La consegna dei premi ha avuto luogo il 12 febbraio nel Narra Club.

Nadia, una studentessa del quarto anno di High School, ha ottenuto il primo premio con un testo nel quale, tra le altre cose, afferma: “Noi giovani siamo il 15% della popolazione filippina e possiamo diventare un fattore determinante se denunciamo alcune menzogne che vengono spacciate per conquiste scientifiche. Un pregiudizio assai diffuso è quello secondo cui con meno popolazione il reddito pro-capite aumenterebbe. È proprio il contrario: più forza di lavoro significa più reddito per tutti. Magari il nostro Paese mantenesse l’attuale livello di crescita della popolazione! Così saranno di più le persone che ricaveranno redditi di lavoro rispetto a quelle che dipendono dai redditi ottenuti da altri”.

Lismullin (Irlanda)

Convivenza “Vieni e vedi tu stesso”

Al termine di un corso di ritiro, i partecipanti, che provenivano da tutta l’Irlanda e in maggioranza erano Cooperatori, hanno deciso che il modo migliore di incoraggiare i loro amici a fare lo stesso fosse quello di invitarli a provare l’atmosfera di Lismullin. Questa idea ha dato luogo, due mesi dopo, a una convivenza di 24 ore chiamata “Come and see Lismullin”. Ognuno degli organizzatori si era impegnato a invitare un certo numero di conoscenti. Tutti i posti disponibili sono stati occupati e i più soddisfatti sono stati i promotori nel constatare le reazioni dei loro amici. Dunque, hanno ribadito la necessità di organizzare in autunno un’altra convivenza di questo tipo.

Lovanio Nuova (Belgio)

Una conferenza di Monsignor Schooyans nella Residenza Neussart

Monsignor Michel Schooyans, professore emerito dell’Università di Lovanio, ha pronunciato il 12 aprile, nella residenza universitaria Neussart, una conferenza su Giovanni Paolo II. Erano passati solo dieci giorni dalla morte del Papa e, benché lo stesso conferenziere abbia fatto notare la difficoltà di caratterizzare in poche parole una personalità così ricca come quella di Giovanni Paolo II, era evidente a tutti il valore di una testimonianza come la sua: in quanto membro dell’Accademia Pontificia di Scienze Sociali, infatti, monsignor Schooyans è stato per molto tempo un testimone privilegiato di molte preoccupazioni e decisioni significative del Santo Padre.

Le situazioni ecclesiali affrontate da Giovanni Paolo II sono molteplici e in ogni campo: dalla rivendicazione dei diritti dell’uomo — un aspetto che nell’immaginario collettivo è legato ad avvenimenti storici come la caduta del muro di Berlino — all’impulso dato all’ecumenismo e al dialogo interreligioso, dalla riproposizione del rapporto tra fede e ragione alla difesa della famiglia e della vita. Lo stesso si può dire della sua personalità umana: il suo carisma mediatico, la condizione di profeta itinerante, il feeling spontaneo e naturale con i giovani. Mons. Schooyans ha peraltro preferito sottolineare il significato e la portata della figura di Giovanni Paolo II come Papa della libertà.

Partendo dalla propria esperienza di collaboratore del Papa, egli ha esposto i diversi aspetti del clima di lavoro che il Pontefice creava attorno a sé, clima caratterizzato da una sincera disponibilità ai contributi di ogni interlocutore e allo scambio di idee e di pareri. Questo spirito di lavoro, in cui la serietà non contrastava col buonumore, è possibile solo se si ha una intensa vita di orazione: “Da una parte — ha detto Mons. Schooyans —, l’incredibile ritmo di lavoro del Papa non gli faceva mai perdere di vista Dio; dall’altra, le cose da fare non si accumulavano e non gli chiudevano l’orizzonte di Dio”.

Si parla molto del rapporto di Giovanni Paolo II con la caduta del muro di Berlino e del totalitarismo comunista. Secondo il relatore, tuttavia, più importante dei suoi interventi per ottenere la libertà in un determinato territorio è stato il suo lavoro per la libertà interiore di tutta l’umanità. “La sua preoccupazione di liberare l’uomo dalla propria schiavitù sta al centro degli insegnamenti, forse non tutti noti, di Giovanni Paolo II sulla vita, la famiglia, la sessualità. Il Papa — ha sostenuto - proclama che Gesù si è proposto di liberarci, se noi vogliamo, da tutte le servitù che pesano su ciò che S. Paolo chiama l’uomo vecchio”.

Il pubblico ha dimostrato il suo interesse ascoltando attentamente e facendo una serie di domande, fra le quali non sono mancate quelle sul significato delle sofferenze di Giovanni Paolo II. “Bisogna ringraziare il Santo Padre — ha detto Mons. Schooyans — di essersi caricato della croce sino alla fine. Se vi avesse rinunciato, sarebbe stato meno evidente che con le sue sofferenze e con la sua morte ha condotto la Chiesa a una nuova Risurrezione, a una nuova Pentecoste”.

Manila (Filippine)

Cittadini responsabili

Quattro anni fa il governo filippino ha creato il National Service Training Program (Nstp) come parte del curriculum accademico. Il programma mira a ottenere che gli studenti delle scuole superiori dedichino un totale di 108 ore ad attività di volontariato e, in tal modo, acquisiscano una maggiore coscienza civica.

Iraya Study Center e Tahilan Residence & Study Center, grazie a un accordo con due importanti università — l’Università delle Filippine e l’Università di San Tommaso —, sono state autorizzate a svolgere un programma di questo tipo con varie centinaia di studenti universitari, i quali, dopo aver ricevuto un’adeguata preparazione, insegnano catechismo in due scuole di Manila. La preparazione consiste in lezioni di dottrina cattolica e seminari su temi sociali di particolare rilievo, come la famiglia, la società, l’ambiente e le strategie per combattere la povertà. Comprende anche l’istruzione, da parte di esperti, sulle tecniche di motivazione dei bambini, per mezzo di un tutor, in lettura, matematica, inglese e scienze.

L’esperimento si sta dimostrando molto positivo. Sicuramente il Nstp aiuta i giovani a prendere coscienza dei propri doveri e delle proprie responsabilità come cittadini. “Sapere che posso essere utile ad altri — dichiarava una ragazza che presta servizio nel programma — provoca in me non solo gioia, ma una nuova sensazione di realizzazione personale”.

Nairobi (Kenia)

Attività per contadini

Con l’aiuto di Kianda Foundation e dell’Unione Europea, l’Institut zur Cooperation Bei Entwicklungs-Projekten (Icep) ha promosso nel 2003 il progetto Trainer of Trainers: alcune universitarie di Fanusi Study Centre, un’opera corporativa di apostolato dell’Opus Dei, hanno imparato a istruire le contadine ad avviare le proprie micro-attività. L’esperimento ha avuto inizio in tre paesi: Ngong, Ngarariga e Riara. In due anni un totale di 465 donne di queste località hanno beneficiato del programma, al quale hanno collaborato 45 universitarie sotto la direzione di Susan Kinyua, incaricata del progetto.

Le studentesse partecipano per prima cosa a un corso intensivo di una settimana, nel quale viene spiegato il tipo di persone da aiutare e gli obiettivi da perseguire. Il corso include anche alcune sessioni sullo sviluppo della personalità. Durante questo periodo, inoltre, le ragazze visitano le case delle donne che sono state raccomandate per il programma dall’ufficio locale di Sviluppo Comunitario.

Una volta scelte le 60-70 donne di una località beneficiarie del progetto, 14 universitarie cominciano a incontrarsi con loro. Dopo un mese si chiede a ogni donna di presentare il programma della propria attività, programma che prepara con l’aiuto della studentessa che la istruisce. Dopo aver concordato l’importo in denaro di cui avranno bisogno per cominciare l’attività, si consegnano loro i fondi stanziati dall’Unione Europea, dall’Icep e da Kianda Foundation. Le universitarie, insieme con l’incaricata del progetto, visitano le donne tutte le settimane per sei mesi allo scopo di seguire l’evoluzione dei progetti. Con i guadagni che ottengono, le contadine restituiscono a rate il finanziamento ricevuto.

Un capitolo importante della preparazione che si impartisce alle contadine sono le lezioni su Life Skills, che comprendono l’onestà, l’allegria, lo spirito di servizio, l’igiene, la buona educazione...: si tratta di qualità che hanno una ricaduta vantaggiosa sulle famiglie e alla fine anche sulla società. “Il progetto — afferma Susan Kinyua — coinvolge tutta la persona: le donne imparano a fare miglior uso delle cose e a essere ordinate, e di conseguenza cresce la loro autostima. Una di esse diceva che prima la paura di sbagliare le impediva di darsi da fare, la immobilizzava, tanto che preferiva rimanere in casa. Ora, dopo aver frequentato il programma, dice che suo marito la rispetta e discutono meno, perché ora lei è in grado di dare alla famiglia un suo contributo. Questa donna sta incoraggiando le amiche a intraprendere un’attività qualsiasi, perché... ora possono farlo. Un’altra, rimasta vedova e perso tutto, dovette lasciare i figli a sua madre perché non aveva come vivere: se sono sola, pensava, posso chiedere più facilmente un aiuto e darmi da fare. Grazie al progetto, questa donna ha trovato un locale in un quartiere povero e ha cominciato un piccolo commercio; poi ha ottenuto una casa e ha potuto riprendersi i figli”.

Più che i soldi, le donne apprezzano soprattutto i Life Skills, che le mettono in condizione di convivere degnamente con altre persone. “Continuerete a darci consigli anche dopo la fine del progetto?”, domandano alle insegnanti. È proprio questo l’obiettivo. Da parte loro, anche le universitarie traggono beneficio dal programma: imparano ad apprezzare l’educazione che hanno ricevuto, e alcune di esse hanno trapiantato il progetto nei loro paesi d’origine.

Il 22 marzo ha avuto luogo a Ngarariga la cerimonia di chiusura del corso, durante la quale sono stati consegnati gli attestati a 80 donne. L’invitata d’onore è stata Regina Gitau, incaricata di educazione degli adulti del distretto di Kiambu. Era presente anche Titus Katembu in rappresentanza dell’Unione Europea.

Parigi (Francia)

Una giornata di studio sulle vocazioni sacerdotali

Martedì 1° febbraio, nei locali della parrocchia di Saint Pierre du Gros Caillou di Parigi, circa cinquanta sacerdoti di varie diocesi, tra i quali tre delegati diocesani alle vocazioni e il superiore di un seminario belga, hanno studiato da diverse prospettive la questione delle vocazioni sacerdotali, essenziale per la vita della Chiesa.

Il programma della giornata comprendeva tre conferenze seguite da un colloquio, una concelebrazione eucaristica e un pranzo. “Abbiamo voluto affrontare il tema — ha spiegato uno degli organizzatori — da tre punti di vista: Mons. Anatrella ha trattato dell’individuo di fronte al sacerdozio, l’abate Guillaume de Menthière ha sottolineato il modo in cui la Chiesa chiama i candidati al sacerdozio, e per finire ci è sembrata indispensabile la prospettiva storica del Professor Levillain, perché si trae sempre profitto dalla storia in genere e dalla storia della Chiesa in particolare”.

Mons. Tony Anatrella, specialista in psichiatria sociale e consultore del Pontificio Consiglio per la Famiglia, ha esposto alcune caratteristiche psicologiche del processo di maturazione personale dei candidati al sacerdozio, caratteristiche che debbono essere indirizzate a coltivare l’interiorità. Inoltre ha sottolineato l’influenza che esercita la “visibilità” del sacerdote nel processo di identificazione dei giovani con il sacerdozio: i sacerdoti — ha detto — devono trascinare con l’esempio, e per questo devono curare la loro immagine anche in ciò che si riferisce allo stile di vita e al modo di vestire e di presentarsi.

Guillaume de Menthière, professore della Ecole Cathédrale di Parigi e parroco di Saint Jean-Baptiste de la Salle, ha parlato della necessità di creare una cultura vocazionale, come ha indicato Giovanni Paolo II. Lo schema della sua conferenza mirava a dare risposta a tre domande fondamentali: Chi chiama?, Chi chiamare?, Come chiamare? “La Chiesa chiama il candidato che riunisce in sé le qualità necessarie”, ha detto, chiarendo che “tale idoneità è forzatamente incompleta, perché in realtà solo Dio sa di quali sacerdoti ha bisogno la Chiesa. Perciò non bisogna aver paura di chiamare, di adottare iniziative piene di immaginazione, di lanciarsi in una pastorale che sollecita”.

Infine, Philippe Levillain, professore dell’Università di Nanterre e membro dell’Institut Universitaire de France, ha parlato delle vocazioni sacerdotali in Francia e dell’applicazione nei seminari francesi degli orientamenti del Concilio di Trento sulla formazione del clero. Dopo un percorso storico nei secoli XIX e XX, ha ricordato che “le società hanno i sacerdoti che si meritano”, e che se qualche volta le vocazioni sono insufficienti è perché i laici non sono capaci di rispondere alle questioni fondamentali dell’uomo in una determinata epoca.

Parigi (Francia)

Un incontro con il Cardinale Barbarin

Nel pomeriggio di mercoledì 8 marzo, nel Centre Garnelles di Parigi, il Cardinale Philippe Barbarin, Arcivescovo di Lione, ha avuto un incontro con un centinaio di universitari e giovani professionisti.

L’incontro, assai informale, ha toccato diversi temi, come il ruolo dei vescovi, le difficoltà che deve superare un cristiano che desideri assistere alla Santa Messa tutti i giorni, la vocazione come chiamata specifica di Dio a una persona, la necessità dell’orazione e la missione apostolica.

Le risposte del Cardinale Barbarin — come le domande — sono state dirette, senza circonlocuzioni, e non è mancata in esse una buona dose di humour. A proposito della necessità di trovare nella vita una risposta che si adatti alle necessità del corpo, dell’intelligenza e dello spirito, e che le soddisfi tutte, ha constatato che nella via della perfezione “le macchine ci hanno superato”. Però, stando così le cose — ha aggiunto commentando la frase di Cristo “Siate perfetti come il vostro Padre celeste è perfetto” -, “nell’orazione Dio mi rimodella, Dio mi mette al mio posto”. Più avanti, rispondendo alla domanda di un giovane professore di educazione fisica sul modo di aiutare i suoi alunni a rispondere a una eventuale vocazione, il Cardinale Barbarin si è addentrato nel “Magnificat”, il canto di lode a Dio della Santissima Vergine, e ha parlato di ciò che egli chiama “la pastorale del sì”, che “consiste nel condurre verso il grande Sì attraverso tanti piccoli sì”.

Roma (Italia)

L’orologio del Pincio affidato alle cure degli studenti dell’Elis

Dal 1867 nei giardini del Pincio, il parco romano di Villa Borghese, c’è un monumentale orologio ad acqua costruito da Giovanni Embriaco, un religioso domenicano appassionato di tecnica. Funzionava grazie all’acqua di un laghetto artificiale che ne fa oscillare il pendolo.

Nell’ambito del programma Adotta un monumento, promosso dal Comune di Roma, è stato affidato al Centro Elis il restauro dell’orologio. In maggio, durante una semplice cerimonia, il sindaco di Roma, Walter Veltroni, ha consegnato al direttore della scuola professionale di oreficeria e orologeria dell’Elis, Pierluigi Bartolomei, la chiave del complicato meccanismo, che ora sarà riparato e mantenuto in efficienza dagli studenti della scuola.

Prendendo spunto da questo e in coincidenza col suo 25° anniversario, la scuola di oreficeria e orologeria ha organizzato l’esposizione L’ora e l’oro, che è rimasta aperta dal 9 al 14 maggio in una galleria d’arte di Piazza del Popolo. Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Gianni Letta, era presente alla cerimonia di inaugurazione.

I corsi professionali di oreficeria dell’Elis iniziarono nel 1979 e quelli di orologeria l’anno successivo. Sono del tutto gratuiti. L’iniziativa partì dall’associazione professionale degli orafi: in un momento di particolare violenza, che colpiva anche chi esercitava questa professione (durante un assalto, nel 1979, in via Gallia era morto un orefice), si pensò che la scuola dell’Elis potesse rappresentare una scommessa costruttiva. Da allora centinaia di alunni sono usciti con il diploma dell’Elis. La loro formazione comprende 3.600 ore di lezioni e di attività pratiche nel corso di tre anni. La pratica esterna avviene nelle migliori botteghe del settore. In alcuni casi gli alunni di orologeria fanno pratica anche nella sede della società svizzera Eta, leader mondiale nella produzione di meccanismi per orologi.

S. Paolo (Brasile)

La costruzione di una casa popolare

Il Centro Assistenziale ed Educativo di Pedreira, scuola di formazione professionale situata in uno dei quartieri più poveri della periferia di S. Paolo, attiva tutti gli anni iniziative di solidarietà nel periodo delle vacanze. Si tratta di progetti portati avanti dagli alunni e da altri giovani che partecipano ai mezzi di formazione cristiana che la Prelatura dell’Opus Dei offre nel Centro.

Tra le iniziative di quest’anno si può sottolineare quella di cinque alunni che hanno deciso di costruire una casa per la famiglia di un compagno di scuola che vive in una capanna dei dintorni. Loro stessi si sono procurati il materiale necessario per la costruzione e per le istallazioni elettriche e di acqua corrente. Hanno dovuto superare difficoltà di ogni tipo, dagli ostacoli burocratici fino alla scarsezza di tempo, ma alla fine con l’aiuto di altri alunni, di insegnanti — che, fra l’altro, hanno elaborato il progetto — e di amici, sono riusciti a portare a termine il progetto entro il termine previsto. Naturalmente, la gioia più grande per la squadra dei costruttori è stata la felicità della famiglia beneficata.

S. Paolo (Brasile)

Un programma televisivo per la famiglia

Due anni fa un gruppo di professionisti ha costituito l’Associazione di Cultura e Attualità (Acea), per riflettere sui principi etici e umanistici della cultura. La sua prima attività è stato un ciclo di conferenze dal titolo “I valori come fondamento di una nuova società”.

Dopo un primo anno di attività, Acea aveva messo insieme un vasto materiale di lavoro in diverse aree: educazione, bioetica, ecologia e, soprattutto, famiglia. A questo punto il canale televisivo Rede Vida, che s’interessava di questi temi, le aprì le porte del suo programma Tribuna Independiente, trasmesso in diretta in tutto il territorio nazionale il venerdì sera.

In Tribuna Independiente, alcuni esperti nelle diverse aree partecipano a tavole rotonde su temi del loro settore specifico. Il programma è interattivo: i telespettatori inviano per e-mail i loro quesiti, ai quali si risponde direttamente. Le domande che alla fine del programma rimangono inevase sono trattate in seguito.

A richiesta del pubblico, ora Tribuna Independiente viene trasmessa in replica il lunedì. Inoltre sono state registrate alcune cassette con il programma e l’Associazione le invia a chi è interessato: sono molte le richieste in questo senso che arrivano da scuole, biblioteche e università. A un programma sul ruolo dei genitori e della scuola nell’educazione è stata invitata la direttrice della Scuola Galois di Brasilia, che poi ha deciso di fare copie della registrazione per le tremila famiglie che hanno figli nella sua scuola.

Un esempio della ripercussione diretta di Tribuna Independiente è il caso di una ragazza di 15 anni che, dopo aver visto uno dei programmi, ha inviato una e-mail alla professoressa Sueli Caramello Uliano, che vi aveva preso parte e aveva parlato sull’aborto. La corrispondenza è poi continuata ed è servita a fare in modo che la telespettatrice desistesse dal proposito di abortire. Suo figlio è nato da poco.

L’attualità delle ricerche sugli embrioni, tema di un progetto di legge in discussione, ha mosso il Procuratore Generale della Repubblica a interessarsi del programma in cui Tribuna Independiente ha affrontato la questione. Due giorni dopo dichiarerà al giornale di maggior tiratura del Paese: “Sono molto impressionato per un’intervista trasmessa da Rede Vida a uno specialista in materia e sto riflettendo sulle sue parole. La realtà è che, per garantire una vita, se ne distrugge un’altra...”.

Toledo (Spagna)

La presentazione della Bibbia di Navarra

Nel 1971 un gruppo di specialisti della Facoltà di Teologia dell’Università di Navarra, per incarico di San Josemaría Escrivá, Gran Cancelliere dell’Università, cominciò a preparare una nuova edizione della Bibbia. Il lavoro è andato avanti da allora a ritmo sostenuto e si è concluso recentemente. Il risultato sono 6.500 pagine divise in cinque volumi. La traduzione in lingua castigliana è stata fatta sui testi più antichi di cui si ha notizia in aramaico, greco, ebraico e latino. I commenti includono 3.000 citazioni di santi, Padri della Chiesa e documenti ecclesiastici.

Giovedì 5 maggio la Bibbia di Navarra è stata presentata nel salone delle cerimonie della Fondazione Once di Toledo. Presiedeva la seduta l’Arcivescovo di Toledo e Primate di Spagna, Mons. Antonio Cañizares. Inoltre, sono intervenuti Francisco Varo, membro del Consiglio di Redazione della Sacra Bibbia, Ignacio García Pinilla, Vicedecano della Facoltà di Lettere di Castiglia-La Mancha, e Pilar Hernández, direttrice commerciale di Eunsa (Edizioni Università di Navarra).

L’Arcivescovo di Toledo ha messo l’accento sulle note che accompagnano il testo sacro, perché, ha detto, aiutano efficacemente il lettore a mettersi “davanti a un testo che non è parola di uomo, ma la parola di Dio sempre viva e attuale”. Da parte sua, Francisco Varo ha affermato che il criterio che ha orientato il lavoro di traduzione è stato quello di “conservare la fedeltà all’originale e anche alle forme di espressione della lingua ebraica o greca”, anche se allo stesso tempo si è tentato di presentare una redazione castigliana fluida, semplice e chiara per qualunque lettore.

Zurigo (Svizzera)

Da Professor Joseph Ratzinger a Papa Benedetto XVI

Il 25 giugno 2005 nel Centro di incontri Fluntern di Zurigo ha avuto luogo un seminario per sacerdoti. Ha aperto la giornata il canonico Christoph Casetti con una conferenza nella quale ha parlato delle sue impressioni personali da discepolo del Professor Ratzinger all’Università di Münster e durante le settimane teologiche estive a Bierbronnen (Germania). Ha disegnato l’immagine di un uomo accessibile, dotato di un profondo sapere teologico e di una grande capacità di chiarire le questioni più complesse. Nella seconda parte della sua conferenza ha presentato una visione d’insieme dell’opera filosofica e teologica di Joseph Ratzinger come professore, vescovo e cardinale prefetto della Congregazione per la dottrina della fede.

Poi è stata celebrata una Santa Messa. I testi liturgici scelti erano quelli della Messa votiva di Gesù Cristo Sommo ed Eterno Sacerdote, perché, come ha ricordato il canonico Casetti, quel giorno era l’anniversario dell’ordinazione dei tre primi sacerdoti dell’Opus Dei. Dopo la proiezione del filmato di un incontro con San Josemaría a Valle Grande (Perù), ha avuto luogo una meditazione diretta dal Dr. Andreas Wildhaber su una giaculatoria del Fondatore dell’Opus Dei: “Omnes cum Petro ad Iesum per Mariam!”. L’incontro si è concluso con la Benedizione eucaristica e il canto della Salve Regina.

Romana, n. 40, Gennaio-Giugno 2005, p. 147-159.

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