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Nairobi 25-VIII-2006. In occasione del conferimento del dottorato honoris causa da parte della Strathmore University

Eccellentissimi Signori,

Autorità degnissime,

Professori e alunni della Strathmore University,

Signore e Signori.

Sono onorato e felice di partecipare oggi, con tutti voi, alla cerimonia delle lauree nella Strathmore University, un centro accademico del cui sviluppo, grazie a Dio, sono stato te-stimone diretto per molti anni, fin dal momento stesso del suo inizio.

Quando san Josemaría, nel 1957, accettò l’invito dell’arcivescovo Gastone Mojaisky Perrelli, Delegato Apostolico a Mombasa, di dare inizio a una istituzione universitaria a Nai-robi, la sua risposta positiva fu una dimostrazione del carattere universale che Dio aveva da-to all’Opus Dei.

L’Opera che Dio aveva richiesto a san Josemaría il 2 ottobre 1928 non veniva a soddi-sfare una necessità particolare della Chiesa in un determinato Paese o in un particolare mo-mento storico. Dio voleva che fin dall’inizio avesse un cuore universale, cattolico. San Jo-semaría capì fin dal primo momento che il lavoro dei fedeli che sarebbero venuti all’Opera — in maggioranza laici, uomini e donne di tutti i livelli sociali e di tutte le professioni, senza al-cuna discriminazione — sarebbe consistito nel mettere Cristo al vertice di tutte le attività u-mane, essendo presenti in esse, ciascuno e ciascuna nella propria professione o nel posto in cui ha sempre vissuto, nello stesso luogo in cui si trovavano nel momento di ricevere la chiamata all’Opera.

Lo spirito che ispirava san Josemaría è lo stesso che Cristo aveva dato ai suoi discepoli: «Andate in tutte le nazioni». Per il Fondatore dell’Opus Dei il Vangelo era un messaggio di-retto non soltanto ai primi Dodici, ma a tutti. San Josemaría manifestò sempre questo spirito universale con opere: opere che erano anche una dimostrazione del suo amore per il Papa e per la santa Chiesa Cattolica.

È una coincidenza a me particolarmente gradita, nella quale vedo ancora una volta una delicatezza provvidenziale di Dio, il fatto di celebrare questa cerimonia di laurea proprio nel 48° anniversario dell’arrivo in Kenya dei primi fedeli dell’Opera. Quando l’Opus Dei arrivò in queste terre l’Africa in generale, e il Kenya in particolare, attraversavano un particolare momento storico. Mancavano 5 anni all’indipendenza e il Paese aveva un governo transitorio multietnico.

In quella situazione, san Josemaría si dichiarò disposto a fondare una Università purché il governo desse garanzie della sua autonomia. Ben presto fu evidente, tuttavia, che il proget-to di iniziare una istituzione a livello universitario aperta ad alunni di tutte le razze doveva essere modificato. Fu il Fondatore stesso che suggerì, come alternativa, di iniziare con un i-stituto di insegnamento superiore e una residenza per studenti. Infatti Strathmore College cominciò come A-level College, un nuovo tipo di scuola speciale, della durata di 2 anni, che avrebbe fatto da ponte fra l’istruzione secondaria e quella universitaria. Il College avrebbe conservato la natura secolare propria dell’Opus Dei e si sarebbe basato su quattro principi: sarebbe stato interrazziale; sarebbe stato aperto ai non-cattolici e ai non-cristiani; non sarebbe stato classificato tra le scuole di missione; gli alunni avrebbero dovuto pagare almeno una quota simbolica.

Le autorità civili non nascosero il loro scetticismo intorno alla possibilità che funzionas-se una scuola aperta ad alunni di razze, tribù e religioni differenti. Era il primo esperimento nell’Africa orientale. Ciò nonostante il college ammise, fin dal principio, africani, europei e indiani; ragazzi di tutte le religioni e di tutte le tribù. Era un riflesso della linea in-dicata dal Fondatore dell’Opus Dei. La scuola adottò un motto emblematico: Ut omnes unum sint (che tutti siano uno). Poi, come sapete, il college originale crebbe, come cresce un organismo sano, diede luogo a Strathmore University così come la vediamo oggi, sempre fedele alle sue radici cristiane e al suo spirito fondazionale.

Con questo stesso spirito le donne dell’Opera fondarono Kianda College, che tanto ha contribuito al progresso sociale della donna keniana. Con il tempo l’attività di questo Centro educativo si è diversificata, dando luogo a una scuola secondaria che sarebbe diventata una delle migliori del Paese.

Per una speciale grazia di Dio, lavorando accanto a san Josemaría e al suo primo successore, il Servo di Dio Álvaro del Portillo, Vescovo, ho potuto essere testimone, per tutto questo tempo, di uno straordinario succedersi di vicende che hanno dissodato profondamente il terreno. San Josemaría ci direbbe oggi, felice, che Strathmore University è nata dopo molti anni di orazione e di arduo lavoro. È vero; egli ha pregato instancabilmente per voi e per il vostro lavoro: ha pregato per tutti quelli che sarebbero venuti in seguito, perché il suo cuore era nell’Università. Io ora voglio ringraziare in modo particolare, asante sana kabisa!, tutti gli uomini, le donne e le istituzioni che hanno reso possibile la nascita di questa iniziativa.

Strathmore University non solo aspira ai livelli più alti dell’eccellenza accademica, ma, in accordo con l’intenzione e lo spirito del suo Fondatore, ha anche l’obiettivo di dare una formazione integrale che tenga presenti gli aspetti umani, morali e spirituali di ogni persona. Questo impegno è un ideale concreto nella vita di tutti quelli che, in un modo o nell’altro, sono associati all’Università. Come era solito dire san Josemaría, «di cento anime ce ne inte-ressano cento».

Permettetemi di dire, citando il Vescovo Álvaro del Portillo, che «l’Università è un luogo di lavoro intenso, e l’evoluzione scientifica, i progressi tecnici e le nuove idee hanno una influenza decisiva sulla configurazione della società umana. Questo impegno è un vero pro-gresso quando rispetta e ama la natura e la dignità della persona umana chiamata a vivere in unione con tutti gli uomini e tutte le donne e ad andare verso Dio». Per questa ragione, san Josemaría diceva che l’efficacia di un centro universitario dipende, in gran misura, dalla dedizione, dalle aspirazioni nobili e dall’impegno di tutti quelli che collaborano alle attività ordinarie della comunità accademica: il collegio dei docenti, gli alunni e il personale non do-cente. Secondo lui, non esistono attività di maggiore o minore importanza, ma l’importanza di un determinato lavoro dipende dall’amore di Dio con il quale viene compiuto.

Vorrei ricordare alcuni consigli da lui dati a quanti sono presenti nella vita dell’Università: «Fate tutto con amore di Dio e del prossimo e vedrete che la famiglia dell’Università sarà come un lievito che rende più sana la vita di tutte le persone. Dobbiamo comportarci in maniera tale che gli altri, nel vederci, possano dire: questo è un cristiano, per-ché non odia, perché sa comprendere, perché non è un fanatico, perché non cede all’istinto, perché è sacrificato, perché manifesta sentimenti di pace, perché ama».

Con la prospettiva della fraternità umana davanti ai nostri occhi, ci rendiamo conto che tutti i componenti del corpo accademico sono inseriti in una famiglia, fanno parte di un fer-mento vitale che influenza in maniera potente e positiva tutto l’ambiente universitario, nel quale si vivono la libertà e la responsabilità personali insieme a uno spirito di coesistenza che previene ogni tipo di discriminazione.

San Josemaría era solito dire che «non esiste una università degna di questo nome dove alla trasmissione dei saperi non si unisce la formazione integrale delle personalità giovani». Non basta dare agli alunni la necessaria formazione umana, scientifica e professionale. Que-sto può sembrare più che sufficiente, ma è poco quando si considerano le finalità dell’università da un punto di vista cristiano. È necessario dunque — e questo è un altro inse-gnamento costante del nostro Fondatore — rinnovare l’anima alla luce dei principi cristiani e invitare ad adattare la condotta personale a questi principi.

Tutti voi che siete qui presenti condividete l’apprezzamento per l’attività universitaria. Proprio perché so con quale entusiasmo lavorate, vi esorto a stimolare un senso di responsa-bilità ancora maggiore nel vostro lavoro. La nazione e il mondo hanno bisogno dell’esempio della vostra ricerca e del vostro insegnamento, che incoraggeranno molte altre persone a im-pegnarsi nel portare alla luce la verità, contribuendo in tal modo alla soluzione dei grandi problemi della nostra società e della nostra epoca.

Romana, n. 43, Luglio-Dicembre 2006, p. 207-209.

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