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Un progetto divino

Terminata l’opera della creazione dell’universo, nel sesto giorno «il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente»[1]. Dio si era compiaciuto di tutte le sue opere, ma si rallegrò oltre misura della formazione del genere umano: vide che quello che aveva fatto era cosa molto buona, testimonia la Scrittura[2], come se l’autore ispirato volesse ribadire la peculiare azione divina nella creazione dell’uomo, fatto a immagine e somiglianza del Creatore con un’anima spirituale e immortale. Non contento di ciò, il Signore gli conferì gratuitamente una partecipazione alla sua stessa vita intima: lo fece suo figlio e lo colmò dei doni cosiddetti preternaturali.

Affinché gli uomini possano raggiungere il Regno dei Cieli, la divina Provvidenza ha voluto fare affidamento sulla loro libera collaborazione. E perché tale collaborazione nella trasmissione della vita non fosse soggetta al rischio di volatili capricci, il Signore volle pro-teggerla mediante l’istituzione naturale del matrimonio[3], poi elevato da Cristo alla dignità di sacramento.

La famiglia — la grande famiglia umana e ognuna delle famiglie che l’avrebbero composta — è uno degli strumenti naturali voluti da Dio perché gli uomini cooperino ordinatamente al suo disegno creatore. La volontà di Dio di fare affidamento sulla famiglia nel suo piano di salvezza sarà confermata, nel corso dei secoli, attraverso le diverse alleanze che il Signore stabilì con gli antichi patriarchi: Noè, Abramo, Isacco, Giacobbe, fino a quando la promessa del Redentore è ricaduta sulla casa di Davide.

Giunta la pienezza dei tempi, un angelo del Signore annunciò agli uomini che il piano divino si era compiuto: Gesù era nato da Maria per opera dello Spirito Santo, a Nazaret. Dio predispone per suo Figlio una famiglia, con un padre adottivo, Giuseppe, e con Maria, la vergine Madre. Il Signore volle che anche in questo si riflettesse il modo in cui Egli desidera veder nascere e crescere gli uomini, suoi figli: all’interno di una istituzione stabilmente costituita.

«Ritornano alla nostra mente i fatti e le circostanze che fanno da cornice alla nascita del Figlio di Dio, e il nostro sguardo si sofferma sulla grotta di Betlemme e sul focolare di Nazaret. Maria, Giuseppe, Gesù Bambino sono ora più che mai al centro del nostro cuore. Che cosa ci dice, che cosa ci insegna la vita semplice e meravigliosa della Sacra Famiglia?»[4]. A questa domanda che ci suggerisce san Josemaría possiamo rispondere con le parole del “Compendio del Catechismo”, spiegando che la famiglia cristiana, a immagine della famiglia di Gesù, è anche Chiesa domestica perché manifesta la natura comunionale e familiare della Chiesa come famiglia di Dio[5].

Data la sua missione naturale e soprannaturale, la sua origine, la sua natura e il suo fine, grande è la dignità della famiglia. Ogni famiglia ha una natura sacra e merita la venerazione e la sollecitudine dei suoi membri, della società civile e della Chiesa. Perciò sarebbe una tragica corruzione della sua essenza ridurla alle relazioni coniugali, o al vincolo di sangue tra i genitori e i figli, o a una sorta di unità sociale o di armonizzazione di alcuni interessi particolari. San Josemaría insisteva sul fatto che «dobbiamo adoperarci perché queste cellule cristiane della società nascano e crescano con desiderio di santità»[6].

Il focolare domestico dev’essere la prima e principale scuola dove i figli imparano e praticano le virtù umane e cristiane. Il buon esempio dei genitori, dei fratelli e degli altri componenti dell’ambito familiare si riflette immediatamente nella configurazione delle relazioni sociali che ogni membro di una famiglia adotta. Non è dunque casuale l’interesse della Chiesa per un’adeguata crescita della scuola di virtù che dev’essere il focolare domestico. Però non è questo l’unico interesse: grazie alla generosa collaborazione dei genitori cristiani al disegno divino, Dio stesso «dilata e arricchisce la sua famiglia»[7], si moltiplica in numero e virtù il Corpo Mistico di Cristo sulla terra e, dai focolari cristiani, si offre una o-blazione particolarmente gradita dal Signore[8].

La realtà familiare è l’origine di alcuni diritti e di alcuni doveri. Prima di tutto, gli ob-blighi: tutti i suoi membri devono avere una chiara coscienza della dignità della comunità da essi costituita e della missione che essa è chiamata a compiere. Ciascuno deve adempiere i propri obblighi con un vivo senso di responsabilità, pur con i sacrifici che sono necessari. In quanto ai diritti, la famiglia reclama il rispetto e il sostegno da parte dello Stato per un dupli-ce motivo: la famiglia è la cellula originaria della società e la società sarà a immagine delle famiglie[9].

Per adempiere tutti questi doveri è indispensabile che i membri della famiglia sopran-naturalizzino il loro affetto come è soprannaturalizzata la famiglia. Da questo amore, soave ed esigente nello stesso tempo, sgorgano quelle delicatezze che rendono la vita di famiglia un anticipo del Cielo. «Il matrimonio basato su un amore esclusivo e definitivo diventa l’icona del rapporto di Dio con il suo popolo e viceversa: il modo di amare Dio diventa la misura dell’amore umano»[10].

In momenti come questi della vita della società appare particolarmente urgente rinnovare il senso cristiano in seno a tante famiglie. Non è un compito semplice, ma è sicuramente appassionante. Per dare un proprio contributo a questo immenso lavoro, che si identifica con quello di ridare un tono cristiano alla società, ognuno deve cominciare con lo spazzare la propria casa.

In vista del conseguimento di un simile obiettivo, acquista particolare importanza l’educazione dei figli, un aspetto quanto mai fondamentale della vita familiare. Per dare risposta alla grande sfida di educare in una società in gran parte scristianizzata, è bene ricordare due verità fondamentali: «La prima è che l’uomo è chiamato a vivere nella verità e nell’amore; la seconda è che ogni uomo si realizza attraverso il dono sincero di sé»[11]. Nell’educazione, sia i figli che i genitori, i primi educatori, sono coinvolti a tal punto che essa può avvenire solo nella «reciproca comunione delle persone»; l’educatore in certo qual modo «genera in senso spirituale» e, «in questa prospettiva, l’educazione può essere considerata un vero e proprio apostolato. È una comunicazione vitale, che non solo costruisce un rapporto profondo tra educatore ed educando, ma li fa partecipare entrambi alla verità e all’amore, traguardo finale a cui è chiamato ogni uomo da parte di Dio Padre, Figlio e Spirito Santo»[12].

[1] Gn 2,7.

[2] Cfr. Gn 1,31.

[3] Cfr. Gn 1,27.

[4] SAN JOSEMARÍA, È Gesù che passa, n. 22.

[5] Cfr. Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 350.

[6] SAN JOSEMARÍA, Colloqui, n. 91.

[7] CONCILIO VATICANO II, Cost. past. Gaudium et spes, n. 50.

[8] Cfr. Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 189.

[9] Cfr. Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 457-462.

[10] BENEDETTO XVI, Enc. Deus caritas est, n. 11.

[11] GIOVANNI PAOLO II, Lettera alle famiglie (2-II-1994), n. 16.

[12] Ibidem.

Romana, n. 43, Luglio-Dicembre 2006, p. 167-170.

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