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Lettera pastorale del Card. Antonio María Rouco Varela, arcivescovo di Madrid (20-IV-2014)

Miei cari fratelli e sorelle nel Signore,

il Papa Francesco ha promulgato recentemente il decreto di beatificazione del venerabile Álvaro del Portillo. Sacerdote nato e ordinato a Madrid. Un madrileno universale. La celebrazione nella quale sarà proclamato beato avrà luogo, con l’aiuto di Dio, sabato 27 settembre a Madrid, a Valdebebas, proprio quest’anno in cui festeggeremo il centenario della sua nascita. Presiederà il cardinale Amato, prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, come delegato speciale del Santo Padre. Il giorno dopo si celebrerà, nello stesso luogo, l’Eucaristia di ringraziamento. La beatificazione del venerabile Álvaro del Portillo costituisce una grande gioia per tutta la Chiesa, e in modo assai singolare per la nostra arcidiocesi. La sua figura si unisce a quella di tanti suoi figli e figlie che nel XX secolo hanno vissuto eroicamente la loro specifica vocazione cristiana come una vocazione alla santità. Alcuni di essi si venerano nella santa chiesa cattedrale di Nuestra Señora la Real de la Almudena. I santi fanno la Chiesa; e la Chiesa ha bisogno, soprattutto e anzitutto, di donne e uomini santi. Rendiamo grazie al Signore per tanti madrileni, cominciando dal nostro patrono, sant’Isidoro, che sono vissuti tra noi, hanno lavorato, si sono dati a Dio e sono stati fedeli fino alla morte raggiungendo la santità.

Il futuro beato Álvaro del Portillo nacque a Madrid l’11 marzo 1914, non lontano dalla Puerta de Alcalá, fu battezzato nella chiesa di san José, all’angolo della Gran Vía, e ricevette la Prima Comunione — come i suoi compagni della Scuola del Pilar, dei Marianisti — nella parrocchia della Concepciόn della via Goya. Studiò nella nostra città nella scuola per geometri, laureandosi poi in Ingegneria civile. Dopo alcuni anni di attività professionale, ricevette l’ordinazione sacerdotale nel 1944 nella cappella del palazzo episcopale dalle mani del vescovo di Madrid, il patriarca D. Leopoldo Eijo y Garay. Più tardi ottenne il dottorato in Lettere e Filosofia e in Diritto Canonico. La sua vita è stata particolarmente legata a quella di un santo che veneriamo in una delle cappelle della nostra cattedrale: san Josemaría Escrivá. Il futuro beato fu uno dei primi membri dell’Opus Dei, e aiutò il fondatore collaborando fedelmente con lui. Dopo la morte di san Josemaría, nel 1975, venne eletto a succedergli a capo dell’Opus Dei. Nel 1982, avendo eretto l’Opus Dei in Prelatura personale, san Giovanni Paolo II lo nominò prelato dell’Opus Dei e, nel 1991, gli conferì l’ordinazione episcopale. Per diciannove anni ha diretto questa realtà della Chiesa con un grande dinamismo evangelizzatore, un profondo senso di comunione ecclesiale e fedeltà al carisma fondazionale. Morì santamente nel 1994, dopo un pellegrinaggio in Terra Santa. San Giovanni Paolo II andò a pregare davanti ai suoi resti mortali, quale riconoscimento del suo servizio prestato al popolo di Dio.

Era dotato di una grande creatività evangelizzatrice. Seguendo fedelmente la luce fondazionale di san Josemaría, promosse nuove attività apostoliche in numerosi Paesi e diverse iniziative a favore della Chiesa universale, come, per esempio, la Pontificia Università della Santa Croce a Roma, dove studiano sacerdoti, religiosi e laici di tutto il mondo. Frutto della necessità che sentiva di vivere la carità fraterna verso i più poveri e i più bisognosi, diede impulso a una serie di attività sociali nelle zone più povere di molti quartieri delle grandi città e in alcuni Paesi che alcuni denominano terzo mondo. Ho avuto la straordinaria occasione di trattarlo e conoscerlo molto da vicino, nel 1990, nel sinodo su “La formazione dei sacerdoti nelle attuali circostanze”. Facevamo parte dello stesso “Circolo Minore”. Mi piacerebbe sottolineare due tratti della sua personalità, insieme con la bontà, la serenità e il buonumore.

Il primo era la sua particolare preoccupazione per le persone bisognose, che del resto aveva dimostrato nei suoi primi anni universitari, quando partecipava alle conferenze di San Vincenzo de’ Paoli. Faceva parte di un gruppo di giovani che assistevano le famiglie che vivevano nelle baracche alla periferia di Madrid, nel letto del ruscello Abroñigal — nell’attuale M-30 — e in altri luoghi. Portavano loro cibarie e medicine, e cercavano di soccorrerli nelle loro necessità; dava anche lezioni di catechismo, in tempi molto difficili, ai bambini della parrocchia di San Ramόn Nonato di Vallecas. Uno dei suoi compagni lo ricorda mentre portava in braccio per le strade di Madrid un bambino che era stato abbandonato in un tugurio. Malgrado le difficoltà, non desistette finché riuscì ad affidarlo alle cure delle religiose di Santa Cristina, perché se ne occupassero fino al momento in cui si fossero ritrovati i genitori. Tra i giovani che lo accompagnavano a visitare queste famiglie bisognose delle periferie, e tra i suoi amici, troviamo figure straordinarie della nostra Chiesa diocesana, come il beato Jesús Gesta, che entrò come fratello nell’Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio e morì martire, e il venerabile D. José María García Lahiguera, arcivescovo di Valencia, che per molti anni fu direttore spirituale del Seminario e vescovo ausiliare di Madrid.

Un secondo tratto della sua vita è l’infaticabile lavoro per il bene della Chiesa. La sua affabile carità con tutti, unita alle profonde conoscenze teologiche e giuridiche, ha fatto sì che godesse dell’apprezzamento dei Papi che si sono succeduti, i quali gli hanno affidato numerosi incarichi in vari dicasteri della Curia Romana al servizio del popolo di Dio. Ha partecipato molto attivamente con compiti di grande responsabilità ai lavori del Vaticano II, specialmente in occasione del decreto Presbyterorum ordinis, e ha contribuito al rinnovamento spirituale della Chiesa con mentalità aperta e fedeltà al Vangelo. Ha rivolto una particolare attenzione ai problemi della donna, e i suoi libri e i suoi saggi, tradotti in varie lingue, hanno dato un notevole contributo alla missione del laicato e dei sacerdoti nel mondo di oggi.

Molte persone della nostra diocesi hanno conosciuto personalmente il futuro beato e ricorrono alla sua intercessione. Mi unisco alla gioia di tutti loro, e in modo speciale ai suoi familiari, tra i quali si contano diversi sacerdoti e un missionario in Africa. Invito tutti i fedeli madrileni a partecipare alle cerimonie di questa beatificazione e ad aprire le porte delle case, delle parrocchie e delle scuole — come abbiamo fatto con tanta generosità durante la GMG — per accogliere le migliaia di pellegrini che verranno da ogni parte del mondo. Una beatificazione, oltre a costituire una grande gioia ecclesiale, deve stimolare il nostro desiderio di essere santi nella vita quotidiana. Questo deve accadere anche con quella di don Álvaro del Portillo. Egli, con le sue opere e i suoi insegnamenti, è un chiaro esempio di come si deve percorrere il cammino della santità che abbiamo iniziato il giorno del nostro Battesimo. I giovani possono imparare molto da lui.

Chiediamo alla Vergine dell’Almudena che i frutti di questa beatificazione si riversino in bene per tutta la Chiesa, e specialmente per la nostra Arcidiocesi di Madrid, alla quale il futuro beato madrileno si è sempre sentito tanto profondamente unito.

Con tutto l’affetto e con la mia benedizione

+ Antonio María Rouco Varela

Cardinale arcivescovo di Madrid

Romana, n. 58, Gennaio-Giugno 2014, p. 91-93.

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