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“La misericordia di Dio ha ispirato la sua Opera”. Testi di san Josemaría sulla storia dell’Opus Dei

Federico M. Requena

Istituto Storico San Josemaría Escrivá de Balaguer

Il titolo di questo studio mette in rapporto la misericordia di Dio con la storia dell’Opus Dei. Due temi che, come si spiega qui di seguito, si sono intrecciati nel pensiero e nell’esperienza fondazionale di san Josemaría Escrivá (l’espressione “la misericordia di Dio ha ispirato la sua Opera” proviene in realtà da un suo scritto)[1]. L’anno santo della Misericordia, indetto da Papa Francesco, offre l’occasione propizia per approfondire questo aspetto.

È nota la devozione che san Josemaría ha avuto, fin da giovane, verso l’Amore Misericordioso. “Riguardo all’Amore Misericordioso — scriveva nei primi anni ’30 — dirò che è una devozione che mi ruba l’anima”[2]. Come abbiamo analizzato altrove, le manifestazioni di questa devozione hanno subito una evoluzione nel corso della sua vita, ma il tema della Misericordia è stato sempre presente, e si è intensificato verso la fine dei suoi giorni[3]. Così si esprimeva, per esempio, nel 1972: “Ho scoperto con maggiore profondità la misericordia di Dio recentemente, due o tre anni fa. Cercate di capire quello che voglio dire: ho bisogno di questa profondità della misericordia perché il Signore non tenga conto delle mie tante mancanze di docilità alla sua grazia e di tanti errori”[4].

L’obiettivo di queste pagine non è quello di ritornare sulla devozione di san Josemaría verso l’Amore Misericordioso, né di studiare il tema della misericordia di Dio nei suoi insegnamenti. Mi propongo invece di indagare sul rapporto tra la misericordia di Dio e l’esistenza e la vita stessa dell’Opus Dei, così come ci appare nel pensiero del suo fondatore.

Studieremo questa relazione sulla base dei vari testi nei quali san Josemaría fa una lettura, in chiave teologica, della storia dell’istituzione da lui iniziata e della sua proiezione nel futuro: “Vedo l’Opera protesa nei secoli”, ripeteva spesso[5]. Una lettura di questi testi manifesta chiaramente che, per san Josemaría: 1. La storia dell’Opus Dei è la storia delle misericordie di Dio; 2. L’Opus Dei è una manifestazione della misericordia di Dio per l’umanità. Queste due idee — interconnesse ma distinte — costituiscono la struttura delle considerazioni che seguono. Evidentemente, queste riflessioni sono in armonia con l’idea che san Josemaría aveva dell’Opus Dei quale parte della Chiesa. Come scrive Papa Francesco, “l’architrave che sorregge la vita della Chiesa è la misericordia”[6].

1. La storia dell’Opus Dei è la storia delle misericordie di Dio

San Josemaría, rivolgendosi ai suoi figli spirituali, era solito esprimersi in questi termini: “Affermo sempre — è la pura verità — che la storia dell’Opus Dei dovrà essere scritta in ginocchio, perché è la storia delle misericordie di Dio”[7]. Utilizzò espressioni simili, sia orali che scritte, in diverse circostanze[8].

Per capire appieno queste espressioni è necessario, anzitutto, tenere presente che per san Josemaría tutta la storia degli uomini è l’ambito nel quale si manifesta la misericordia di Dio. “In questo canto alle ricchezze della fede che è la Lettera ai Galati, san Paolo ci dice che il cristiano deve vivere con la libertà che Cristo ci ha guadagnato (cfr. Gal 4, 3). Questo è stato l’annuncio di Gesù ai primi cristiani, e questo continuerà a essere nei secoli: l’annuncio della liberazione dalla miseria e dall’angoscia. La storia non è sottomessa a forze cieche né è dovuta al caso, ma è la manifestazione delle misericordie di Dio Padre. I pensieri di Dio sono al di sopra dei nostri pensieri, dice la Scrittura (cfr. Is 55, 8; Rm 11, 33); per questo, confidare nel Signore vuol dire avere fede nonostante tutto, andando al di là delle apparenze. La carità di Dio — che ci ama in eterno — sta dietro a ogni vicenda, benché a volte in una maniera a noi nascosta”[9].

In linea con ciò che ha affermato san Tommaso e che Papa Francesco ha ricordato recentemente, san Josemaría era convinto, infatti, che la misericordia di Dio fosse la più grande espressione della sua onnipotenza[10]. È bene ricordare, inoltre, che il fondatore dell’Opus Dei attribuiva l’onnipotenza divina prima di tutto a Dio Padre creatore, in relazione con la propria particolare e viva esperienza della filiazione divina.

L’onnipotenza misericordiosa di Dio non soltanto tollera, ma richiede l’esistenza di una vera libertà da parte degli uomini. Una libertà che, nel caso dei santi, arriva alla pienezza attraverso una decisa identificazione con la volontà di Dio. Ora ritorniamo al testo iniziale per riprendere il legame tra la misericordia di Dio e la storia dell’Opus Dei.

“Affermo sempre — è la pura verità — che la storia dell’Opus Dei dovrà essere scritta in ginocchio, perché è la storia delle misericordie di Dio. Questo si scopre in modo particolarmente chiaro nella mia vita: ha fatto tutto il Signore. Ho cinquant’anni e sono ancora pieno di difetti. Nell’Opera è stato Dio a fare tutto; umanamente parlando, che cosa avevo? Soltanto buon umore, molto amore di Cristo e verso la sua Chiesa e il vivo desiderio di perseverare nell’impossibile. Il Signore mi ha maneggiato allo stesso modo di come io, da bambino, maneggiavo i soldatini di piombo: li spostavo dove volevo, a volte li decapitavo... Così il Signore ha fatto con me: mi ha condotto per i sentieri decisi da Lui stesso, ha permesso che mi dessero un bel po’ di legnate, perché era giusto così”[11].

Il testo mostra chiaramente che, per san Josemaría, l’affermazione secondo cui “la storia dell’Opus Dei è la storia delle misericordie di Dio” ha due implicazioni principali: la misericordia di Dio si manifesta, in primo luogo, nella biografia personale; e, in secondo luogo, nello sviluppo dell’Opus Dei. Due ambiti strettamente legati fra loro, ma distinguibili.

Il fondatore dell’Opus Dei sottolineava l’azione della misericordia di Dio nella propria vita mettendo un accento particolare sul modo in cui Dio lo aveva utilizzato come strumento — “è stato Dio a fare tutto” —. Per questo si ritrova nel paragone con il bambino che gioca con i soldatini di piombo, e per questo, nel testo seguente, san Josemaría mette in evidenza la sproporzione fra lo strumento e l’Opera, fra la sua realtà personale e la missione affidatagli. “Dio continua a mettere in atto le sue misericordie, e continua la storia delle sue mirabilia (cfr. Sal 76, 15), delle sue opere mirabili. Continua a fissare lo sguardo su strumenti sproporzionati, che provano lo stesso sacro timore e soffrono sotto l’azione dello Spirito Santo, che è sperone di acciaio esigente, perché fino a questo punto Dio, come Maestro, porta le anime senza maestro: scendi, se vuoi salire; perdi, se vuoi vincere; soffri, se vuoi godere; muori, se vuoi vivere, dice il mistico castigliano”[12].

Contemporaneamente, san Josemaría capiva che la principale manifestazione della misericordia di Dio nella sua vita non era stata sceglierlo come strumento delle Sue opere. Questa manifestazione della misericordia era stata preceduta da un’altra ancora maggiore, che accentuava la sua libertà, evitando ogni percezione puramente strumentale della sua collaborazione con la volontà di Dio. Per san Josemaría, la grande manifestazione della misericordia di Dio nella sua vita è stato avergli insegnato ad amare. “Figli miei, con la contrizione c’è l’Amore: nessuna di queste attività, nessuna pena mi ha fatto perdere il gaudium cum pace, perché Dio mi ha insegnato ad amare, e nullo enim modo sunt onerosi labores amantium[13]; per chi ama, il lavoro non è mai un peso insopportabile. L’importante, dunque, è imparare ad amare, perché in eo quod amatur, aut non laboratur, aut et labor amatur[14]: dove c’è amore, tutto è felicità. Questa è stata la grande misericordia di Dio: mi ha condotto come fossi un bambino piccolo, insegnandomi ad amare. Quando io ero ancora adolescente, il Signore ha gettato nel mio cuore un seme d’intenso amore, e quel seme oggi, figlie e figli miei, è un albero frondoso, dal tronco slanciato, che con la sua ombra ristora una legione di anime”[15].

L’unione tra libertà e identificazione con la volontà di Dio è una dimensione della vita di san Josemaría che il cardinale Ratzinger mise in evidenza ed espresse sinteticamente con la frase “lasciar fare a Dio”: “Mi ha sempre colpito il significato che Josemaría Escrivá dava al nome Opus Dei; una interpretazione che potremmo chiamare biografica e che permette di capire il fondatore nella sua fisionomia spirituale. Escrivá sapeva di dover fondare qualcosa, e nello stesso tempo era convinto che questo qualcosa non fosse opera sua; egli non aveva inventato nulla: semplicemente il Signore si era servito di lui e, di conseguenza, non era opera sua, ma l’Opera di Dio. Egli era solamente uno strumento mediante il quale Dio aveva operato”[16].

Queste parole del cardinale Ratzinger ci permettono di passare dalla dimensione biografica, nella quale contemplavamo il primo campo di espressione della misericordia di Dio nella vita di san Josemaría, al secondo ambito indicato in precedenza: l’origine e lo sviluppo dell’Opus Dei come storia delle misericordie di Dio. Inoltre ricorriamo ad alcune sue parole, scritte al compimento dei sette anni della fondazione dell’Opera: “Dal 2 ottobre 1928, quante misericordie del Signore! Oggi ho pianto molto. Ora che tutto va molto bene mi sento fiacco e senza fortezza. Come ci si rende chiaramente conto che hai fatto e fai tutto Tu, Dio mio!”[17].

Sono numerosi i testi nei quali san Josemaría si riferisce alle misericordie di Dio che “scandiscono” la storia dell’Opus Dei o che hanno preceduto o accompagnato i suoi “passi”. Ne citiamo due a mo’ di esempio. Il primo è preso dalla sua predicazione: “Il ricordo delle grandi misericordie di Dio che scandiscono la storia della nostra Opera”[18]. Il secondo è tratto da uno dei suoi scritti: “In questa festa dell’Apostolo delle genti voglio aprirvi il mio cuore, affinché vi riempiate di gratitudine, considerando come il Signore ci ha condotti per questo nuovo cammino che Egli ha stabilito con l’Opus Dei. Tutta la storia dell’Opera è una storia delle misericordie di Dio. Né in questa lettera, né in molti documenti che vi possa scrivere, potrei esaurire il racconto di queste provvidenze della bontà di Dio, che hanno preceduto e accompagnato sempre i passi dell’Opera”[19].

Pertanto, fare il tentativo di enumerare i momenti nei quali san Josemaría scoprì la misericordia di Dio nel divenire del suo compito fondazionale sarebbe impresa impossibile per i limiti di queste pagine. In ogni caso, e per illustrare quanto detto fin qui, si può fare riferimento a due aspetti della storia dell’Opus Dei: il momento del consolidamento e dell’espansione e, dall’altro lato, le incomprensioni subite. Infatti, paradossalmente, san Josemaría univa spesso queste due dimensioni della storia dell’Opus Dei proprio in base alla prospettiva della misericordia.

A tal riguardo, ecco due testi. Ancora una volta, cominciamo scegliendo un brano della sua predicazione: “Ora potrei continuare a parlare di tante cose: delle misericordie di Dio, perché questi quarantasette anni sono stati la storia delle misericordie del Signore! Quanto lavoro, che espansione, quante anime, e in tutte le parti del mondo! Gesù ha sparso la semente dopo averla stretta nelle sue mani sanguinanti, e noi siamo andati avanti coperti da insulti, diffamazioni, calunnie e affetto: perché dappertutto non ci è mai mancato l’affetto dei buoni. Per la parte che vi spetta, vi rendo grazie, fratelli e figli miei: grazie, molte grazie”[20]. L’altro brano è tratto dai suoi scritti: “Poi, ogni tanto, ci sono arrivate addosso piccole ondate di fango: la misericordia del Signore, che amorevolmente si prende cura della sua Opera, ha voluto che queste campagne di diffamazione ci colmassero di fecondità. Quanto bene ci hanno fatto! Così l’Opera, il suo spirito e i suoi metodi di apostolato — tutta la dottrina — sono rimasti non, più o meno disegnati, ma scolpiti[21].

Per san Josemaría, la conseguenza di ciò che abbiamo detto era che la storia dell’Opus Dei doveva essere scritta e letta “in ginocchio”. Nuovamente, tanto i suoi scritti quanto la sua predicazione ci offrono esempi di questo modo di esprimersi. Il primo che citeremo allude al momento in cui si tratterà di scrivere questa storia. “Con queste Lettere che sto scrivendo non mi propongo di fare la storia interna dell’Opera, che sarà scritta al momento opportuno, e che — come ho detto qualche volta — dovrà essere scritta in ginocchio, perché è la storia delle misericordie del Signore. Invece, voglio esporre alcuni punti di carattere giuridico e teologico, e fare alcune considerazioni relative alla nostra storia, che vi potranno essere utili”[22]. Il secondo, sulla medesima linea, porta la data dei suoi ultimi mesi sulla terra: “Coloro che si dedicheranno a scrivere la storia interna dell’Opera dovranno scriverla in ginocchio, perché è la storia delle misericordie di Dio”[23]. Il terzo parla invece della lettura di questa storia, così come egli stesso la raccontava in quanto fondatore: “Alcune cose le dovevo scrivere, perché me lo comandava il mio confessore; altre, le ho scritte io in coscienza, e sono qui per voi che me le avete chieste. Leggetele senza curiosità, ma in ginocchio, perché è la storia delle misericordie di Dio: la storia interna dell’Opera è incredibile! È impossibile, vuol dire aver fatto una cosa impossibile. Ora tutto sembra facile. Ma era impossibile!”[24].

Non sarà sfuggito al lettore il fatto che il fondatore dell’Opus Dei, nei tre testi che abbiamo or ora citato, nel riferirsi alla storia dell’Opus Dei, utilizza l’espressione “la storia interna dell’Opera”. Penso che sia importante, per il tema prefissatoci, tentare di capire il significato che san Josemaría dava a questa espressione. Mi limiterò a proporre una interpretazione che, indubbiamente, deve essere considerata provvisoria.

Si potrebbe pensare che per san Josemaría la “storia interna dell’Opera” si identifichi con l’autentica storia dell’Opus Dei, che a sua volta si identifica con ciò che Dio “ha fatto”; si ricordi la frase “ha fatto tutto Dio” e altre espressioni simili, che appaiono nei testi più sopra ricordati. San Josemaría fu un testimone privilegiato — per la verità si potrebbe dire che fu il testimone unico — di questa “storia interna dell’Opera”, che egli ha vissuto e ha trasmesso poi all’Opus Dei, donandogli ciò che abitualmente si indica, nel suo insieme, come carisma proprio o spirito dell’Opus Dei. In altre parole, la “storia interna dell’Opera” sarebbe il risultato del processo di decantazione compiuto dal fondatore, nel corso della sua vita, per dare man mano forma e incarnando fedelmente nelle istituzioni, nelle norme e nelle consuetudini, nelle modalità apostoliche e nello stile di vita, la luce che aveva ricevuto il 2 ottobre 1928 e altre successive. La misericordia di Dio si sarebbe manifestata nell’utilizzare, per fare la sua Opera, uno strumento “inetto e sordo”, come certe volte definiva sé stesso. Dio “scrive con la gamba di un tavolo”; “scrive dritto su righe storte”: sono, queste, espressioni del fondatore che possono essere lette in questo contesto. La “storia interna dell’Opera” sarebbe, insomma, la storia dell’azione di Dio in san Josemaría e, attraverso di lui, nel processo di costituzione dell’Opus Dei.

Da un’altra prospettiva si potrebbe dire che la “storia interna dell’Opera” si distingue, nella mente del suo fondatore, da ciò che potremmo definire, secondo un linguaggio accademico, una “storia dell’Opus Dei”, nella quale rientrano le conseguenze delle azioni puramente umane dei suoi componenti, oltre ai limiti, agli errori e alle infedeltà. Vale a dire, anche ciò che non può rientrare nella frase “ha fatto tutto Dio” ovvero, in altre parole, la debolezza e anche l’infedeltà in quanto tali e non in quanto trasformate dalla misericordia divina e divenute strumento della stessa misericordia. È ovvio che per raggiungere la prospettiva “interna” è necessaria una lettura teologica degli avvenimenti, che è quella che compie san Josemaría. Non sarebbe sufficiente un approccio “semplicemente” storico. Nello stesso tempo, conviene sottolineare che stiamo parlando di due storie diverse, ma non contrapposte. Dovrebbero anche essere due storie compatibili; si tratta, infatti, di due approcci a una stessa realtà soprannaturale e umana. Facendo una analogia, che in questo caso mi sembra pertinente, si potrebbe pensare allo storico della Chiesa che deve inserire nella sua esposizione la santità, che proviene da ciò che “Dio opera” nella sua Chiesa attraverso la fedeltà dei santi — di ogni cristiano in quanto santo —, ma anche i limiti che i cristiani introducono attraverso le loro imperfezioni e le loro infedeltà. Alla fin fine, voler fare la storia dell’Opus Dei, nel senso accademico dell’espressione, significa voler fare storia della Chiesa, con tutte le sue possibilità e con tutti i suoi limiti[25].

In ogni caso, indipendentemente dalla questione suscitata, penso che i testi ricordati nelle pagine precedenti dimostrino inequivocabilmente con quale profondità san Josemaría considerò l’origine e la maturazione dell’Opus Dei come una “storia delle misericordie di Dio”. Una misericordia che si manifestò nella sua stessa vita, nel suo compito di fondatore, nella nascita dell’Opus Dei, nei tratti del suo spirito, nel suo consolidamento e nella sua diffusione, e anche nelle incomprensioni che accompagnarono questo processo.

Nello stesso tempo, bisognerebbe aggiungere che le considerazioni di san Josemaría sulla relazione tra l’Opus Dei e la misericordia di Dio non si limitano a questa dimensione, che potremmo chiamare storia del farsi dell’Opus Dei. Nella mente di san Josemaría, l’Opus Dei, che nasce e matura per misericordia di Dio, diventa, a sua volta e in modo inseparabile, uno strumento per far presente al mondo, tra gli uomini, questa stessa misericordia. Approfondiamo questo punto.

2. L’Opus Dei come strumento della misericordia di Dio nella storia degli uomini

I testi proposti finora permettono di intuire che per san Josemaría la misericordia di Dio non si è espressa soltanto nelle bontà che caratterizzano la storia dell’Opus Dei dall’inizio e poi per tutto il suo sviluppo: “Come il Signore ci ha condotto per questo cammino nuovo che ha stabilito per l’Opus Dei”. Per san Josemaría, la misericordia di Dio si manifesta anche, e in un senso ancora più forte, quando vede l’Opus Dei nella Chiesa, per compiere nel mondo la missione che Dio gli affida. Come abbiamo già annotato, la misericordia di Dio, che nella redenzione raggiunge l’apice, è una manifestazione della potenza divina più grande della creazione originaria. Colui che non è nulla, o meno di nulla — l’uomo nella sua condizione di peccatore —, diventa ora uno strumento di redenzione (1 Cor 1, 27-28).

Inoltre, secondo il fondatore dell’Opus Dei, la misericordia di Dio si manifesta non soltanto nella possibilità di diventare strumenti di redenzione, ma anche nell’appello a compiere questa missione proprio in mezzo al mondo. Approfondiamo queste affermazioni con due suoi testi.

Nel primo, san Josemaría si rivolge in modo specifico ai fedeli dell’Opus Dei per ricordare loro che, in virtù della grazia, devono considerarsi ricettori della misericordia, e devono vivere in accordo con questo dono, perché soltanto così potranno essere strumenti di misericordia, mediante un lavoro fatto con responsabilità e con un delicato rispetto della libertà di tutti gli uomini. “Tutti i giorni, figli carissimi, debbono testimoniare il nostro vivo desiderio di compiere la missione divina che, per sua misericordia, il Signore ci ha affidato. Il cuore del Signore è cuore di misericordia, che giustifica gli uomini e si avvicina a loro. La nostra donazione, al servizio delle anime, è una manifestazione di questa misericordia del Signore, non soltanto verso noi, ma verso l’umanità intera. Infatti ci ha chiamati a santificarci nella vita normale, quotidiana; e a indicare agli altri — providentes, non coacte, sed spontanee secundum Deum (1 Pt 5, 2), con prudenza, senza coazione, spontaneamente, secondo la volontà di Dio — il cammino per santificarsi ognuno nello stato in cui si trova, in mezzo al mondo”[26].

Nel secondo testo, san Josemaría parla di “noi cristiani”, rafforzando il concetto che i membri dell’Opus Dei sono “comuni cristiani”, ricordando la missione di ogni battezzato nella santificazione del mondo dall’interno. “Il Signore vuole che siamo noi cristiani — perché abbiamo la responsabilità soprannaturale di cooperare con il potere di Dio, perché Egli così ha deciso nella sua misericordia infinita — a cercare di ristabilire l’ordine distrutto e restituire alle strutture temporali, in tutte le nazioni, la funzione naturale di strumento per il progresso dell’umanità e la sua funzione soprannaturale di mezzo per arrivare a Dio, per la Redenzione: venit enim Filius hominis — e noi dobbiamo seguire le orme del Signore — salvare quod perierat (Mt 18, 11); Gesù è venuto a salvare tutti gli uomini. Essendo Egli la via, la verità e la vita (cfr. Gv 14, 6), voleva insegnare la via, la verità e la vita a tutti gli uomini di tutti i tempi”[27].

San Josemaría ha scoperto la misericordia di Dio anche in altri aspetti dello spirito dell’Opus Dei. Per esempio, in ciò che si potrebbe chiamare lo “stile” della formazione nell’Opera, che svolge la sua azione formativa in un contesto di fraternità e di famiglia: “Gesù va dietro alla pecora smarrita con una parola di affetto e di consolazione, con una indicazione chiara dei tuoi Direttori, con l’affetto dei tuoi fratelli, con una correzione piena di senso soprannaturale e umano, con una lettura che commuove...”[28]. O nel modo in cui questo spirito crea un’armonia fra il divino e l’umano: “Dovete essere molto grati a Dio, perché ci ha dato questa spiritualità così sincera e semplicemente soprannaturale, e nello stesso tempo così umana, così vicina alle nobili attività terrene. È una grazia molto speciale — luce di Dio, vi dicevo — che abbiamo ricevuto per sua misericordia e che con umile fedeltà dobbiamo trasmettere a molte altre anime”[29].

Per terminare questa breve caratterizzazione della missione e della vita dell’Opus Dei secondo la prospettiva della misericordia, conviene fare riferimento alla Confessione, il sacramento della misericordia per eccellenza. Nella predicazione di san Josemaría il sacramento della Riconciliazione occupa un posto di rilievo. La misericordia è, qui, l’espressione dell’amore di un Padre che ama infinitamente i suoi figli e li perdona sempre quando ricorrono a Lui con umiltà (espressa nella contrizione). Tanto lo spirito quanto la pastorale dell’Opus Dei sono imbevuti di questa convinzione. San Giovanni Paolo II ne ha parlato in diverse occasioni, riferendosi al carisma della Confessione che egli avvertiva nell’Opus Dei: “L’imminente canonizzazione di Giovanni Paolo II — ha scritto Mons. Javier Echevarría poco tempo fa — mi fa venire in mente con quale frequenza questo santo Pontefice asseriva che i fedeli della prelatura dell’Opus Dei hanno ricevuto il carisma della Confessione: una grazia speciale di Dio per avvicinare molte anime a questo tribunale di misericordia e di perdono, e così ricuperare la gioia cristiana”[30].

I testi di san Josemaría che potrebbero illustrare questo aspetto dello spirito e della prassi pastorale dell’Opus Dei sono molto numerosi. Ne proponiamo soltanto uno, rivolto ad alcuni fedeli dell’Opus Dei che si preparavano a ricevere l’ordinazione sacerdotale. “Andate a ordinarvi, figli miei, per amministrare i Sacramenti e per predicare la Parola di Dio. Specialmente il sacramento della Penitenza dev’essere per voi la passione dominante: dovrete dedicare molte ore ad amministrarlo nel confessionale, mediante la confessione auricolare, spinti nella vostra carità dall’amore misericordioso di Gesù, in tal modo riproducendo in voi l’immagine divina del Buon Pastore, che cerca a una a una le pecore”[31].

In sostanza, per san Josemaría, l’Opus Dei sarà strumento della misericordia di Dio nei confronti degli uomini nella misura in cui i suoi fedeli accolgano la misericordia di Dio e trasmettano con “umile fedeltà”, mediante le loro stesse vite, ciò che hanno ricevuto.

Conclusione

La riflessione da noi fatta su alcuni testi di san Josemaría intorno alla storia dell’Opus Dei, proposti nelle pagine precedenti, mette in evidenza che la percezione della misericordia divina è stata molto presente, non soltanto nella sua vita personale, ma nella lettura che, come fondatore, portò avanti circa la nascita, la maturazione e l’espansione dell’Opera. Appare chiaro che la misericordia di Dio e l’esistenza dell’Opus Dei nella Chiesa si fondono nella mente del suo fondatore e che questa fusione offre una chiave di lettura feconda per avvicinarsi alla sua storia.

La storia dell’Opus Dei come storia delle misericordie di Dio e quella dell’Opus Dei come strumento della misericordia di Dio nella storia degli uomini sono due linee che strutturano il pensiero di san Josemaría. L’intima connessione tra misericordia di Dio e storia dell’Opus Dei — e, analogamente, storia della Chiesa — si potrebbe sintetizzare nel modo seguente. A livello personale, la massima espressione della misericordia di Dio è che Egli ama e insegna ad amare. Il fatto che il fedele dell’Opus Dei — e ogni cristiano — sia stato trasformato in strumento di corredenzione, malgrado i limiti personali, è anch’esso manifestazione della misericordia, così come il fatto di essere chiamato a portare a compimento questa missione in mezzo al mondo. Essere figlio della Chiesa ed essere chiamato alla concretezza dell’esperienza cristiana che è la chiamata all’Opus Dei, significa essere ricettore della misericordia di Dio e, contemporaneamente, essere costituito in strumento per diffondere misericordia nel mondo in cui si vive.

La misericordia di Dio è, dunque, non soltanto una importante dimensione nell’esperienza spirituale di san Josemaría, ma una realtà che si presenta nel suo pensiero come la ragion d’essere dell’Opus Dei nel suo insieme e, in fin dei conti, della Chiesa in quanto tale.

Mentre questo numero di “Romana” era in preparazione, Mons. Javier Echevarría è stato chiamato alla Casa del Padre (il 12-XII-2016).

Nel prossimo numero verrà data notizia di questo luttuoso evento.

[1] Cfr. SAN JOSEMARÍA, Lettera 25-I-1961, n. 12 (AGP, serie A.3, 94-2-2).

[2] IDEM, Appunti intimi, n. 510, 25-XII-1931, cit. in Camino, edición crítico-histórica preparata da PEDRO RODRÍGUEZ, Madrid 2002, pp. 804-805.

[3] Cfr. F.M. REQUENA, “San Josemaría Escrivá de Balaguer y la devoción al Amor Misericordioso (1927-1935)”, Studia et Documenta, 3 (2009), pp. 139-174. Sulla devozione all’Amore Misericordioso, cfr. IDEM, Católicos, devociones y sociedad durante la dictatura de Primo de Rivera y la Segunda República. La Obra del Amor Misericor-dioso en España (1922-1936), Madrid 2008.

[4] Appunti di una riunione di famiglia, 19-XI-1972, nei volumi di “Catequesis” 1972/2, p. 480 (AGP, Biblioteca, P04).

[5] SAN JOSEMARÍA, Lettera 16-VII-1933, nn. 3 e 26, citata in ANDRÉS VÁZQUEZ DE PRADA, Il Fondatore dell’Opus Dei, vol. III, Milano 2004, p. 215.

[6] PAPA FRANCESCO, Bolla di indizione del Giubileo Straordinario della Misericordia Misericordiae vultus, 11-IV-2015, n. 10.

[7] Appunti di una meditazione, 11-IV-1952 (AGP, serie A.4).

[8] Cfr., per esempio, SAN JOSEMARÍA, Lettera 14-II-1944, n. 4 (AGP, serie A.3, 92-2-2); IDEM, Lettera 25-I-1961, n. 1 (AGP, serie A.3, 94-2-2) e appunti di una riunione di famiglia, 9-II-1975, nei volumi di “Catequesis”, 1975/3, p. 142 (AGP, Biblioteca, P04).

[9] SAN JOSEMARÍA, articolo “Las riquezas de la fe”, giornale ABC, Madrid, 1-XI-1969, in: J.A. LOARTE (ed.), Por las sendas de la fe, Madrid 2013, pp. 31-32.

[10] Cfr. PAPA FRANCESCO, Bolla di indizione del Giubileo Straordinario della Misericordia Misericordiae vultus, 11-IV-2015, n. 6.

[11] Appunti di una meditazione, 11-IV-1952 (AGP, serie A.4).

[12] SAN JOSEMARÍA, Lettera 6-V-1945 (AGP, serie A.3, 94-4-2).

[13] SANT’AGOSTINO, De bono viduitatis, 21, 26.

[14] IDEM, ibid.

[15] SAN JOSEMARÍA, Lettera 25-I-1961, n. 3 (AGP, serie A.3, 94-2-2). Il corsivo è nostro.

[16] J. RATZINGER, “Lasciar operare Dio”, L’Osservatore Romano, 6-X-2002.

[17] SAN JOSEMARÍA, Appunti intimi, n. 1283, citato in ANDRÉS VÁZQUEZ DE PRADA, Il Fondatore dell’Opus Dei, vol. I, Milano 1999, p. 592.

[18] Appunti di una meditazione, 15-I-1959 (AGP, serie A.4).

[19] 9. SAN JOSEMARÍA, Lettera 25-I-1961, n. 1 (AGP, serie A.3, 94-2-2).

[20] Appunti di una riunione familiare, 26-VI-1974, nei volumi di “Catequesis”, 1974/1, p. 684 (AGP, Biblioteca, P04).

[21] SAN JOSEMARÍA, Lettera 14-IX-1951, n. 7 (AGP, serie A.3, 93-3-2).

[22] IDEM, Lettera 14-II-1944, n. 4 (AGP, serie A.3, 92-2-2).

[23] Appunti di una riunione di famiglia, 9-II-1975, nei volumi di “Catequesis”, 1975/3, p. 142 (AGP, Biblioteca, P04).

[24] Appunti di una riunione familiare, 1-VI-1974 (AGP, serie A.4).

[25] Ho avuto occasione di affrontare la questione, con la collaborazione di José Luis González Gullón, anche se da una diversa prospettiva, in “Escribir la historia del Opus Dei. Algunas consideraciones historiográficas”, in: L. MARTÍNEZ FERRER (ed.), Venti secoli di storiografia ecclesiastica. Bilancio e prospettive, Roma 2010, pp. 413-425.

[26] SAN JOSEMARÍA, Lettera 24-III-1930, n. 1 (AGP, serie A.3, 91-1-3).

[27] IDEM, Lettera 30-IV-1946, n. 19 (AGP, serie A.3, 92-5-2).

[28] Appunti di una meditazione, 15-I-1959 (AGP, serie A.4).

[29] SAN JOSEMARÍA, Lettera 11-III-1940, n. 17 (AGP, serie A.3, 91-6-2).

[30] J. ECHEVARRÍA, Lettera pastorale, 1-IV-2014 http://opusdei.org/it-it/document/carta-del-prelado-abril-2014/

[31] SAN JOSEMARÍA, Lettera 10-VI-1971, n. 5 (AGP, serie A.3, 95-2-1).

Romana, n. 62, Gennaio-Giugno 2016, p. 202-211.

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