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Panama, Giornata Mondiale della Gioventù

Costarica, dal 27 al 29 gennaio

Il prelato è arrivato a San José il 27 gennaio. Nel Centro Universitario Miravalles lo aspettavano parecchie famiglie per dargli il benvenuto.

In uno degli incontri con i membri e gli amici dell’Opus Dei ha parlato sulla necessità di non avere paura di Dio e di parlargli come a un amico: «La Sacra Scrittura dà continuamente il consiglio di non temere Dio e di sapere che siamo sempre in sua compagnia. San Josemaría diceva che chi ha timore non sa amare. Non dobbiamo temere se Egli ci chiede più di ciò che noi vogliamo dare».

Lunedì 28 mons. Ocáriz ha tenuto vari incontri di catechesi durante i quali ha sottolineato, fra gli altri temi, l’importanza della gioia: «Il desiderio di Dio è che noi siamo contenti, che la nostra gioia sia completa; questo si ottiene con la sua grazia e il suo aiuto. Per essere felici bisogna avere un cuore innamorato di Dio ed Egli ci darà la forza per amare tutti: famiglia, amici e colleghi».

Rispondendo alla domanda di una madre sul ruolo della famiglia, il prelato ha detto: «Tu stessa ti sei resa conto che la cosa più grande che possiamo fare è far conoscere Cristo, frequentarlo e portarlo dappertutto in risposta a tutto quello che Egli ci ha dato; soprattutto nella nostra famiglia».

Ha messo in evidenza anche il valore della fraternità nelle famiglie e tra gli amici: «Essere amico, marito o madre richiede un impegno spirituale. Per comprendere coloro che stanno accanto a noi, prima di tutto dobbiamo considerare in loro il buono, il positivo, il meglio di ciascuno. Tutti noi valiamo moltissimo, e davanti a questa realtà non è possibile fare distinzioni: le differenze debbono indurci ad amarci e apprezzarci di più».

Rispondendo a una domanda su come parlare ai giovani da poco tempo sposati affinché perseverino nel loro matrimonio, ha dato queste indicazioni: «Quando un matrimonio si spezza rapidamente è perché manca amore. L’amore non è l’entusiasmo iniziale, che passa; l’amore è volere il bene dell’altra persona. Dobbiamo insegnare ai più giovani che cos’è l’amore».

Il giorno 29 mons. Fernando Ocáriz è intervenuto in una riunione con universitari e giovani professionisti nel Centro Universitario Miravalles. Ha suggerito ai presenti di rendere «grazie a Dio per la formazione cristiana che ricevete, sapendo che la formazione non termina mai. Il fine di tale formazione è identificarci con Gesù Cristo ed è una formazione che dobbiamo ricevere con una disposizione attiva, in modo da riuscire ad avere gli stessi sentimenti di Cristo».

Il prelato ha raccomandato a tutti di continuare a pregare per Papa Francesco e «per tutti, perché in certi posti del mondo stanno vivendo veramente male. Questo vi deve muovere a trattare meglio gli altri e a curare la fraternità, in casa e con gli amici».

Uno dei presenti ha domandato come si può scoprire la bellezza della virtù della purezza. «Il sesso non è qualcosa di oscuro — ha risposto —. Ma dato che è una realtà tanto bella, tanto grande e tanto nobile, la sua corruzione è inevitabile. Invece, se lottiamo per vivere ordinatamente questa realtà, ci colmiamo di gioia, di capacità di pensare agli altri. Tutti dobbiamo lottare, senza scoraggiarci. Così sarà sino alla fine dei nostri giorni».

In seguito a una domanda sul fenomeno vocazionale, ha affermato che nessuna persona è indifferente al Signore. «Dio ha un progetto per ognuno di noi. Non dipende dall’entusiasmo; non si deve confondere la certezza della vocazione con l’entusiasmo. Si tratta della risposta a una chiamata di Dio».

Altre questioni discusse durante l’incontro riguardavano il problema di proteggere di più la dignità della donna in una società nella quale non la si rispetta a sufficienza e quello di includere il rispetto alla creazione nel nostro cammino verso la santità.

In un’altra catechesi con donne che frequentano i mezzi di formazione offerti dall’Opus Dei, il prelato ha parlato loro sull’importanza di «affrontare tutte le situazioni della nostra vita, gioie e tristezze, nello stesso modo in cui lo farebbe Gesù».

Una studentessa di educazione prescolare ha domandato come si può navigare nelle reti sociali in modo adeguato. «Puoi continuare — è stata la risposta — e farlo in maniera molto positiva. Allo stesso tempo, questo ti richiederà molto dominio di te stessa per non dedicargli più tempo del necessario».

Una delle presenti, venuta dal Guatemala, ha fatto una domanda su come confidare nella volontà di Dio quando non è facile da accettare. «In effetti — ha detto il prelato — Dio ha un proposito per ciascuno di noi, che spesso ci è difficile da comprendere, perché il Signore permette le contrarietà e le sconfitte. San Josemaría, che dovette soffrire molto, ci ha insegnato che possiamo piangere o non capire molte cose, ma non dobbiamo ammettere la tristezza. Se abbiamo fede, dobbiamo credere nel grande amore di Dio per noi. Dio ci vuole santi, che non significa essere perfetti: Egli ci vuole con i nostri difetti, ma sempre in grado di lottare».

Un’altra studentessa universitaria ha raccontato di essere rimasta impressionata al vedere nella GMG la quantità di giovani di diverse latitudini che compongono la Chiesa. «Questo — ha osservato mons. Ocáriz — ci deve aiutare a vedere negli altri l’amore che Dio ha per ognuno di noi. Dobbiamo cercare di vederli con i suoi occhi. A volte ci potrà sembrare piuttosto complicato, però lo si ottiene se chiediamo a Dio questa carità nel trattare ogni persona».

Inoltre il prelato ha ricordato che per trattare la gente che non condivide la nostra fede, prima di tutto occorre amarla e pensare che Dio si vuole rivolgere a loro attraverso noi, «non perché siamo migliori, ma perché abbiamo ricevuto di più da Dio. Dobbiamo pregare per le persone lontane da Lui».

Nicaragua, 30 gennaio

Il prelato è atterrato nel Nicaragua nelle prime ore del mattino per partecipare a due incontri di catechesi a Managua, nei centri culturali La Rivera e Villa Fontana.

Nella riunione con le fedeli e le cooperatrici dell’Opus Dei ha affermato che «la fede e l’amore di Dio ci debbono riempire di sicurezza, di speranza, di gioia, e quando viene la sofferenza — una contrarietà piccola o grande —, possiamo sempre unirci alla croce del Signore. Qualunque situazione, offerta al Signore, fa sì che Gesù la prenda come sua e le dia un valore immenso».

Una delle promotrici del centro educativo di Diriamba ha raccontato al prelato che avevano cominciato 19 anni fa. Il prelato le ha incoraggiate a continuare a offrire formazione umana e cristiana a molte donne, «perché tutto quello che si fa con l’aiuto di Dio è efficace. Egli conta sulle nostre difficoltà, e spesso i frutti nascono senza che ce ne avvediamo». Una delle alunne ha ricordato che Diriamba l’ha aiutata a scoprire Dio, perché allora non praticava nessuna religione. Il 26 maggio 2018, quando il Nicaragua era in preda a una violenta crisi politica, si è battezzata, riempiendo così la sua vita di una nuova speranza.

Alla domanda se una madre di famiglia tra le sue numerose attività può scoprire la propria vocazione, mons. Ocáriz ha risposto: «Sì che è possibile. La vocazione la dà Dio e per Lui nulla è impossibile. Come diceva san Josemaría, a Dio “interessano le persone che hanno molto da fare e non hanno tempo”, perché sono persone che si dedicano, che si danno agli altri».

Alla fine il prelato ha assicurato che prega ogni giorno per il Paese, perché la gente si avvicini a Dio e desideri la pace.

Nel secondo incontro, mons. Fernando Ocáriz ha invitato i presenti a «non perdere mai la gioia e la speranza. San Josemaría ci diceva che “quello che occorre per ottenere la felicità non è una vita comoda, ma un cuore innamorato”. Un cuore innamorato è sorgente di speranza».

Nel considerare la vastissima prospettiva della evangelizzazione in Nicaragua, ha detto che «può sembrare che siamo pochi per il molto che c’è da fare; ma la forza di Dio è più grande. Il lavoro che c’è da fare e la pace che si deve seminare vi inducano a pregare di più, a perdonare di più». In questo senso, gli hanno domandato come si può imparare a perdonare quando l’ambiente è difficile. «Avendo gli stessi sentimenti di Gesù Cristo verso le altre persone. In tempi anche quelli complessi, san Josemaría pregava così: “Fa’ che io veda con i tuoi occhi, Cristo mio”. Tu potrai trovare la forza per perdonare nell’Eucaristia».

Portorico, dal 31 gennaio al 3 febbraio

Il prelato dell’Opus Dei è arrivato a San Juan il 31 gennaio. Il primo incontro di catechesi si è svolto nella Scuola Alberghiera Monteclaro con le donne che lì studiano e lavorano. Ricordando la GMG, mons. Ocáriz ha detto che «un buon proposito per qualunque giovane che sia stata lì potrebbe essere pregare molto per il Papa».

Venerdì 1 febbraio, dopo aver celebrato la Santa Messa nella Scuola Alberghiera, mons. Ocáriz si è trasferito a San Juan, dove ha salutato un gruppo di famiglie. Successivamente, nell’atrio del centro educativo Puertorreal, ha conversato con sacerdoti e seminaristi di varie diocesi.

Uno dei presenti ha domandato in che modo è possibile superare i momenti di stanchezza e di sconforto. «Non possiamo confondere la gioia con l’entusiasmo — ha risposto mons. Ocáriz —. Per riuscire a farlo bisogna approfondire il rapporto con Gesù Cristo». Ha poi concluso ricordando la necessità che arrivino molte vocazioni al sacerdozio.

Nelle ultime ore del pomeriggio un centinaio di giovani hanno ascoltato la catechesi del prelato. Uno di loro ha domandato come si fa a sapere quello che Dio vuole da noi. «Quello che Dio vuole è, prima di tutto, che facciamo quello che dobbiamo fare», ossia, adempiere i nostri obblighi. Lo ha invitato ad avere un orario per migliorare nell’ordine: «Se hai un piano di vita, avrai forza, serenità e gioia».

Sabato 2 febbraio, festa della Presentazione del Signore, il prelato ha celebrato la Messa nell’oratorio della residenza Paloblanco. Nel commentare i testi della festa liturgica si è soffermato sulle parole del vecchio Simeone: «“Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola; perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza”. Noi dobbiamo desiderare di vedere Dio: vederlo nell’Eucaristia, vederlo nelle circostanze ordinarie, vederlo nelle persone con le quali ci troviamo... Così metteremo Cristo in cima a tutte le attività umane».

Quella stessa mattina è intervenuto a una catechesi con alcune donne che frequentano i mezzi di formazione cristiana dell’Opus Dei. Una ha ricordato che si compiono i 50 anni dall’inizio del lavoro a Portorico: «Che si aspetta da noi?». «L’importante — ha risposto il prelato — è quello che Dio si aspetta da noi; e quello che si aspetta è che siamo fedeli alla nostra vocazione personale».

Alla fine del pomeriggio, in un altro incontro di catechesi, mons. Ocáriz ha parlato intorno alla opportunità di vedere la volontà di Dio anche nelle contrarietà: «La fede si applica a ciò che non si capisce e non si vede. Eppure, anche lì si manifesta l’amore di Dio».

Uno dei presenti, che insieme ad altri è impegnato a portare avanti la scuola Sonsoles Summit

Academy, ha chiesto in che modo si possono superare i problemi che si vanno presentando. Mons. Ocáriz ha spiegato che «il primo mezzo da utilizzare è la fede. Poi non scoraggiarci nel caso di eventuali rifiuti quando si chiede una collaborazione per queste iniziative».

Fra un appuntamento e l’altro, mons. Ocáriz ha potuto salutare diverse famiglie che hanno manifestato la loro gratitudine per l’aiuto che ricevono dalle attività di formazione e di assistenza spirituale che si svolgono nei centri della Prelatura.

Il 3 febbraio, ultimo giorno a Portorico, il prelato ha celebrato la Messa a Monteclaro. Nell’omelia ha parlato sulla serenità che viene conferita dal sapersi figli di Dio. Successivamente ha avuto un incontro con i promotori e i consigli direttivi di varie iniziative. Alcuni gli hanno raccontato aneddoti relativi a diverse azioni umanitarie che sono sorte dopo il passaggio del ciclone María attraverso l’isola.

Nell’impartire la benedizione ha detto che «non ci separiamo mai, perché lo stesso Cristo ci tiene uniti». Uscendo da Paloblanco, ha trovato un bel gruppo di professori, alunne e famiglie che erano venuti a salutarlo.

Romana, n. 68, Gennaio-Giugno 2019, p. 72-74.

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