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Dieci anni di pontificato

Fra gli avvenimenti ecclesiali più significativi di questo semestre, vogliamo ricordare qui il decimo anniversario dell'elezione di Giovanni Paolo II al soglio di Pietro: 16 ottobre 1988. E con tutti coloro che giorno per giorno hanno accompagnato con la preghiera il lavoro del Papa, sentiamo il bisogno di ringraziare il Signore per questi primi dieci anni di un pontificato straordinariamente denso di attività pastorale, di interventi dottrinali e di azione di governo.

Sul primo fronte, i 118 viaggi compiuti dal Santo Padre hanno rappresentato ovunque una semina apostolica i cui fermenti sono tuttora attivi e vitali: conversioni ed un deciso incremento nella pratica religiosa, nella ricezione dei sacramenti e nelle vocazioni sono state il seguito costante delle sue soste nelle più diverse località e delle frequentissime visite alle parrocchie romane. Al di là delle statistiche, resta per tutti i pastori l'esempio di una predicazione dalla vigorosa sostanza ascetica, di uno zelo infaticabile per le singole anime, di una profondissima pietà. E resta l'invito a promuovere l'unità nella Chiesa, lo stimolo ad un'evangelizzazione dalla forte accentuazione spirituale e dottrinale, l'esempio di un convinto impegno ecumenico. All'attività pastorale del Papa appartengono anche la sua incessante azione in favore della pace, la strenua tutela della vera dignità della persona umana.

Gli interventi dottrinali hanno offerto alla Chiesa una rimeditazione dei suoi misteri, in cui la capacità di incidere sulla realtà appare proporzionale al radicamento nel patrimonio rivelato. Il solo elenco dei titoli e delle date delle Encicliche sarebbe sufficiente per captare lo spessore del magistero del Santo Padre: Redemptor hominis (4 marzo 1979), Dives in misericordia (30 novembre 1980), Laborem exercens (14 settembre 1981), Slavorum apostoli (2 giugno 1985), Dominum et vivificantem (18 maggio 1986), Redemptoris Mater (25 marzo 1987), Sollicitudo rei socialis (30 dicembre 1987). Ma si pensi anche alla riflessione sul significato cristiano della sofferenza sviluppata nella Lett. apost. Salvifici doloris (11 febbraio 1984), in seguito all'attentato che tenne il mondo in ansia per tanti mesi. Né si possono trascurare altri documenti, che rivelano i punti sui quali si articolano le principali preoccupazioni pastorali del Papa, come l'aderenza della catechesi all'integrità del deposito rivelato (Esort. apost. Cathechesi tradendae, 16 ottobre 1979), la centralità dell'Eucaristia nel culto e nella vita della Chiesa (Lett. Dominicae Cenae, 24 febbraio 1980), la riscoperta del senso del peccato, del ruolo del Sacramento della Penitenza e delle sue implicazioni nella vita personale e sociale (Esort. apost. Reconciliatio et poenitentia, 2 dicembre 1984). Altri temi particolarmente cari al Santo Padre sono stati il sacerdozio (ogni anno egli ha indirizzato ai sacerdoti toccanti parole di solidarietà, di incoraggiamento e di sprone in occasione del Giovedì Santo), le vocazioni allo stato religioso (Esort. apost. Redemptionis donum, 25 marzo 1984), l'importanza di suscitare nei giovani generose decisioni di servire il Signore (Lett. apost. Parati semper, 31 marzo 1985). Nella proclamazione dell'Anno Santo della Redenzione (1983) e di un Anno Mariano (1987-1988) si coglie un ulteriore indice rivelatore del suo universale zelo pastorale, così come lo sono la sua insistenza sull'urgenza di avviare una nuova evangelizzazione dell'Europa (Lettera ai Presidenti delle Conferenze Episcopali Europee, 26 gennaio 1986, e Lett. Euntes in mundum, del 25 gennaio 1987, per il millenario della cristianizzazione della Russia).

Questa seppur sincopata enumerazione mostra come il magistero di Giovanni Paolo II abbia toccato uno per uno i punti nevralgici di quella crisi globale che ha investito la nostra civiltà e le ha fatto smarrire il senso della vita dell'uomo. A questo proposito appare pertinente e suggestiva l'osservazione secondo cui il processo di svuotamento avrebbe assunto dimensioni tali da esigere l'elaborazione di una nuova cultura saldamente fondata in Cristo. Ebbene, il saggio più compiuto di questo sforzo è venuto proprio dalla catechesi del Papa, con quel suo continuo e avvincente ritorno alla verità del "principio" sulla creazione ed elevazione soprannaturale dell'uomo, sottolineando così i punti fondamentali di una fede che è e genera cultura. Il nodo caratteristico di tale annuncio si ritrova nelle riflessioni sull'amore e sul matrimonio —cultura della fedeltà e della vita— che costituiscono forse l'argomento a cui egli ha dedicato più spazio nella predicazione: si vedano le catechesi del mercoledì sulla "teologia del corpo", la posizione del primato della famiglia nell'evangelizzazione e la riproposta di una pastorale familiare organicamente connessa con i principi della morale cristiana (Esort. apost. Familiaris consortio, 22 novembre 1981), la difesa della dignità della donna e del suo ruolo nel disegno della creazione e della redenzione (Lett. apost. Mulieris dignitatem, 15 agosto 1988).

L'attività di governo, infine, si è interamente imperniata sull'intendimento di dare esecuzione al Concilio Vaticano II. Basti accennare qui anzitutto alla promulgazione del nuovo Codice di Diritto canonico (25 gennaio 1983), contestualmente al quale fu varata la riforma delle procedure per le Cause di Canonizzazione (Cost. apost. Divinus perfectionis magister), alla riorganizzazione degli studi nelle Università e Facoltà ecclesiastiche (Cost. apost. Sapientia christiana, 29 aprile 1979), al rinnovato assetto della Curia romana (Cost. apost. Pastor bonus, 28 giugno 1988). Inoltre, ben quattro Sinodi generali si sono svolti in questi dieci anni (1980, 1983, 1985, 1987), oltre a diversi Sinodi particolari, fra cui ricordiamo quelli dei Vescovi ucraini (1980), olandesi (1980), peruviani (1984) e svizzeri (1985).

In particolare, è doveroso citare in questa sede la Cost. apost. Ut sit con cui il 28 novembre 1982 fu eretta la Prelatura della Santa Croce e Opus Dei.

Ripercorrendo queste ed altre tappe del decennio appena concluso, teologi e studiosi hanno colto l'occasione per tracciarne un bilancio, fornendo al mondo intero una nuova conferma del confluire verso la persona del Papa di una considerazione assai significativa. Anche coloro che ne ascoltano gli insegnamenti dalle sponde di culture assai distanti dalla fede in Cristo, si sono dimostrati coinvolti dalla profondità di un messaggio che sfugge, per eccedenza, alle schematizzazioni in cui il pensiero costringe se stesso quando separa l'uomo da Dio.

Si è parlato di un decennio caratterizzato da una sorprendente rinascita del senso religioso, da un nuovo bisogno di certezza che si sarebbe posto in una sintonia quasi istintiva con il Santo Padre. Ma un'interpretazione capace solo di registrare i labili sussulti degli stati d'animo non sembra in grado di attingere la realtà e di interagire con ciò che vorrebbe comprendere. La fede che Giovanni Paolo II incarna, infatti, si presenta come impegno radicale di rinnovamento della persona e delle strutture sociali; chiama in causa la realtà del peccato e la necessità della conversione. Di qui l'ambivalenza riscontrabile negli atteggiamenti di tanti, credenti e non, di fronte al magistero e alla testimonianza del Papa: rispetto, consenso e spesso entusiasmo; ma contemporaneamente imbarazzo, sconcerto, esitazione.

Un editorialista americano ha scritto: "Alla fine di un secolo segnato dalla secolarizzazione, l'uomo più popolare del mondo parla da un altare". Le diverse forme dell'umanesimo contemporaneo afferrano nelle sue parole bagliori sparsi di verità sull'uomo e sulla società, ma stentano a trarre le conseguenze dal fatto che è in Dio ove egli cerca l'uomo. Assistono al continuo scaturire di prospettive nuove da principi immutabili, e ritenuti perciò inattuali, e si arrestano dinanzi all'incomprensibile coesistenza di ciò che in lui giudicano apertura fino alla spregiudicatezza con quella che appare loro come ostinata chiusura nel passato. Ed è che la promessa divina[1] ha radicato per sempre la fede di Cristo nel cuore di Pietro e lì essa sta, ferma e feconda come la Croce.

Ecco perché più che prendere spunto da quest'anniversario per cimentarsi nell'improbabile operazione di "misurare" le dimensioni di un pontificato, un altro genere di bilancio si impone ai fedeli: un esame di coscienza personale che ponderi con franchezza la vitalità della Chiesa in noi stessi. Poiché è nella vita di ogni battezzato che la Chiesa trasforma il mondo. E tale incidenza santificatrice fluisce dinamicamente dal Capo alle membra, sicché la ricorrenza del decimo anniversario dell'elezione di Giovanni Paolo II contiene anzitutto un richiamo ad esaminare la reale consistenza della propria unione con il Papa.

"Amalo, veneralo, prega, mortificati —ogni giorno con più affetto— per il Romano Pontefice, pietra basilare della Chiesa, che prolunga fra tutti gli uomini, nel corso dei secoli e sino alla fine dei tempi, il lavoro di santificazione e di governo che Gesù ha affidato a Pietro"[2]. Queste parole del Fondatore dell'Opus Dei attestano con chiarezza che la fedeltà nella Chiesa non è solo piena adesione intellettuale, ma anche fattivo sostegno quotidiano, testimoniato nell'assiduità della preghiera e della penitenza.

Ciò richiede la presa di coscienza di un legame che si inquadra teologicamente nel rapporto di filiazione in Cristo fra l'uomo e Dio e va perciò espresso, sul piano esistenziale, attraverso un'identificazione che coinvolge non solo l'intelligenza, ma anche la volontà e gli affetti: "Il tuo più grande amore, la tua massima stima, la tua più profonda venerazione, la tua obbedienza più sottomessa, il tuo massimo affetto, devono essere anche per il Vice-Cristo in terra, per il Papa. Noi cattolici dobbiamo pensare che, dopo Dio e nostra Madre la Vergine Santissima, nella gerarchia dell'amore e dell'autorità viene il Santo Padre"[3].

Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa[4]; San Leone Magno commenta così le espressioni con cui Cristo conferì a Pietro la potestà primaziale che avrebbe fatto di lui il suo Vicario: "Sulla fermezza di questa pietra edificherò un tempio eterno e la mole elevata della mia Chiesa, chiamata ad innalzarsi fino a penetrare nel cielo, si fonderà sulla fermezza di questa fede. I poteri dell'inferno non potranno impedire la professione di questa fede, i vincoli della morte non la legheranno, perché queste parole sono parole di vita"[5].

[1] Cfr. Mt 16, 18-19.

[2] Josemaría Escrivá, Forgia, n. 134.

[3] Ibid., n. 135.

[4] Mt 16, 19.

[5] Sermo 4.

Romana, n. 7, Luglio-Dicembre 1988, p. 0.

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