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Omelia nella Santa Messa dello Spirito Santo, celebrata il 17-X-1988 nella Chiesa di Sant'Apollinare, in occasione dell'apertura dell'anno accademico 1988-89 nel Centro Accademico Romano della Santa Croce.

Carissimi professori, studenti e personale tutto del Centro Accademico Romano della Santa Croce,

abbiamo appena ascoltato nella prima lettura della Liturgia della Parola, la narrazione della venuta dello Spirito Santo il giorno di Pentecoste. Gli Apostoli furono ripieni dello Spirito e la moltitudine che si era radunata li udiva proclamare i magnalia Dei, le grandezze di Dio[1]. Questo è il motivo che ci suggerisce oggi di elevare il nostro cuore a Dio in rendimento di grazie, nel giorno in cui il Centro Accademico Romano della Santa Croce inizia il suo quinto anno di vita.

Pochi giorni fa abbiamo celebrato il sessantesimo anniversario della fondazione dell'Opus Dei. Il seme che Dio depose il 2 ottobre 1928 nell'anima del Servo di Dio, Mons. Josemaría Escrivá de Balaguer, è germogliato fino a diventare un albero frondoso. La frase che era solito ripetere ai primi che lo seguirono: "Soñad y os quedaréis cortos" —sognate e la realtà supererà i vostri sogni—, si è pienamente verificata.

Per volontà divina, una caratteristica fondamentale dell'Opus Dei è la sua "romanità". In un suo recente scritto, il Cardinale Ugo Poletti, Vicario Generale di Sua Santità per la diocesi di Roma, ha voluto "rilevare una volta ancora —sono le sue parole— questo tratto così caratteristico dell'Opus Dei: la sua romanità, che vuol dire anzitutto universalità, e poi anche (e per lo stesso motivo teologico) stretta unione con il Capo visibile della Chiesa, sintonia piena con la persona e gli insegnamenti del Papa"[2].

Come conseguenza della "romanità" dell'Opus Dei è sorto il Centro Accademico Romano della Santa Croce, frutto della grazia di Dio e dell'orazione perseverante e fiduciosa del Fondatore dell'Opus Dei, che desiderò profondamente l'erezione di queste Facoltà Ecclesiastiche a Roma, al servizio della Santa Chiesa e del Successore di Pietro.

Aiutatemi a ringraziare la Santissima Trinità per la continua espansione che si è verificata in questo Centro durante i suoi primi quattro anni di vita. Nato piccolo, come tutto quello che comincia in questo mondo, possiede la vitalità dello spirito che l'ha animato dall'inizio. Col passare degli anni, con l'aiuto di Dio e il lavoro abnegato di tutti, speriamo che i suoi frutti avranno fragranza e maturità nell'Urbe e nell'Orbe. Riferendosi a questo Centro, il Cardinale Poletti, diceva ancora che si tratta "di un'opera già importante adesso, ai suoi inizi, ma certamente destinata ad avere crescente importanza nel prossimo futuro"[3].

Abbiamo anche ascoltato le parole del Signore raccolte nel Vangelo di San Giovanni: molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera[4].

Desidero ora invocare lo Spirito Santo affinché illumini le vostre intelligenze e i vostri cuori nello studio delle scienze sacre che —come afferma la Costituzione Apostolica Sapientia Christiana— "convergano verso la conoscenza intima del mistero di Cristo, perché sia così annunciato con maggiore efficacia al Popolo di Dio e a tutte le genti"[5].

Unicamente lo Spirito Santo ci fa conoscere pienamente la "verità tutta intera", il mistero di Cristo. Vorrei, per questo, che meditassimo oggi sulla necessità di unire la riflessione speculativa sulla verità rivelata, alla crescita della propria vita spirituale, che è sempre vita "secondo lo Spirito".

La Teologia ed il Diritto Canonico non si possono considerare due tra le molte altre scienze. Un loro studio freddo o distaccato sarebbe un controsenso, giacché per loro stessa indole queste scienze sacre devono indirizzare ad un incontro personale con Dio, suscitando in chi le insegna o le studia uno stimolo a contemplare le realtà divine. La componente spirituale è come una dimensione interna di queste discipline. Così lo indicava il Fondatore dell'Opus Dei: "Il desiderio di acquistare la scienza teologica —la buona e sicura dottrina cristiana— è mosso, in primo luogo, dal bisogno di conoscere e amare Dio"[6]. D'altra parte, la vita di orazione, di rapporto personale con Dio, è imprescindibile per approfondire l'intelligenza dei misteri divini, dato che questi superano completamente la capacità della nostra intelligenza creata. A tale proposito commentava Sua Santità Giovanni Paolo II, riferendosi a Sant'Agostino: "Egli che si era elevato così in alto nella contemplazione della verità divina, ed era disceso anche profondamente negli abissi dei misteri di Dio e dell'uomo, aveva compreso la necessità assoluta della preghiera umile e totalmente fiduciosa: per quanto acuta possa essere l'intelligenza dell'uomo, il mistero sempre infinitamente la sorpassa, e la preghiera diventa un bisogno dell'anima"[7].

La tradizione patristica sottolinea unanimemente la profonda connessione tra la vita di orazione e lo studio delle scienze sacre. Per fare solo un esempio menzionerei la frase di un Padre della Chiesa di Oriente: "Si theologus es, vere orabis; et si vere oraveris, es theologus"[8].

Con il nostro sforzo quotidiano per diventare anime di orazione, per mantenere un dialogo continuo con Dio lungo la giornata, creiamo l'ambiente propizio perché lo Spirito Santo possa infondere nella nostra anima questa conoscenza cui fa riferimento San Paolo, quando dice: non cessiamo di pregare per voi e di chiedere che abbiate una piena conoscenza della sua volontà, con ogni sapienza e intelligenza spirituale[9]. Si tratta del dono di sapienza, questa sapientia —sapida scientia —, conoscenza amorosa delle realtà divine, scienza dei santi, che si ottiene con l'orazione, la contemplazione, mediante l'effusione del Paraclito nell'anima.

A voi, professori, propongo che meditiate di nuovo le parole che, due anni or sono, il Santo Padre Giovanni Paolo II —al quale rinnoviamo la nostra filiale unione di affetti e di preghiera, con occasione del felice decimo anniversario della sua elevazione alla Cattedra di Pietro— diresse a tutti i docenti degli Atenei Pontifici Romani: "Se qualsiasi tipo di insegnamento richiede una certa sapienza, si può affermare che per voi, docenti delle Facoltà e Università Ecclesiastiche, si esige una -sapienza che viene dall'alto-, una sapienza che si acquista mediante l'adorazione, la contemplazione, l'incessante invocazione dello Spirito Santo. Sarà questa sapienza che trasformerà giorno per giorno il vostro compito in -viva testimonianza-"[10].

E a voi, studenti, chiedo che, insieme all'impegno serio nello studio, vi sforziate di migliorare la vostra vita di orazione. La teologia si studia bene quando la materia di studio diventa materia di orazione. Così faceva certamente San Tommaso, di cui si dice che ritenesse suo libro il Crocifisso. Molti di voi venite da terre lontane, inviati dai vostri Superiori ecclesiastici, che si preoccupano non solo della vostra formazione intellettuale, ma anche della crescita interiore in tutti gli aspetti della vostra vita. Avete, pertanto, l'obbligo di essere leali alla fiducia che hanno riposto in voi, curando sia lo studio che la vostra vita spirituale.

Seguendo il consiglio dell'Apostolo Giacomo, chiediamo allo Spirito Santo che ci conceda la divina sapienza: se qualcuno di voi manca di sapienza, la domandi a Dio, che dona a tutti generosamente e senza rinfacciare, e gli sarà data; la domandi però con fede, senza esitare[11].

Rivolgiamoci, infine, a Colei che la Chiesa venera come Sedes Sapientiae, Trono della Sapienza Increata, per aver concepito il Verbo di Dio. Alla Santissima Vergine affidiamo i nostri propositi di essere più docili allo Spirito Santo in questo nuovo anno accademico e sempre.

Sia lodato Gesù Cristo.

[1] Cfr. At 2, 1-11.

[2] Card. U. Poletti, La "romanità" dell'Opus Dei, in L'Osservatore Romano, 2-X-1988.

[3] Ibid.

[4] Gv 16, 12-13.

[5] Giovanni Paolo II, Cost. Apost. Sapientia Christiana, 15-IV-1979, Art. 67 § 2.

[6] J. Escrivá, E' Gesù che passa, n. 10.

[7] Giovanni Paolo II, Discorso al Capitolo degli Agostiniani, 25-VIII-1983, in Insegnamenti, VI/2 (1983) 304.

[8] Evagrio Pontico, De oratione, 60 (PG 79, 1179).

[9] Col 1, 9.

[10] Giovanni Paolo II, Omelia agli Atenei Pontifici Romani, 24-X-1986, in L'Osservatore Romano, 26-X-1986, p. 5.

[11] Gc 1, 5-6.

Romana, n. 7, Luglio-Dicembre 1988, p. 282-284.

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