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IL MATRIMONIO, SACRAMENTO E VOCAZIONE

La dottrina sulla chiamata di tutti i membri del popolo di Dio alla santità, elemento centrale degli insegnamenti del Concilio Vaticano II[1], è stata oggetto di approfondimenti teorici sempre più attenti, che ne hanno messo in luce i seguenti nodi fondamentali: a) la santità è unica[2] e massima[3] per tutti i cristiani; b) ciascuno deve raggiungerla in conformità con i doni e le grazie che ha ricevuto[4]. Anche se il Signore è uno e l'unico Mediatore di ogni santità, la sua perfezione, in quanto infinita, può essere partecipata e imitata validamente in molteplici modi: tanti quanti sono gli uomini.

Il matrimonio è una delle modalità in cui si esprimono la sequela e l'imitazione di Cristo. Istituito da Dio[5] ed elevato da Cristo a sacramento della Nuova Legge[6], esso è una vera vocazione soprannaturale[7] e risponde mirabilmente alla struttura e alla condizione dell'uomo[8]. -Il matrimonio cristiano —scrive a tale proposito Mons. Escrivá— non è una semplice istituzione sociale, né tanto meno un rimedio alle debolezze umane: è un'autentica vocazione soprannaturale. Sacramento grande in Cristo e nella Chiesa, dice San Paolo (cfr. Ef 5, 32) e, al tempo stesso, contratto che un uomo e una donna stipulano per sempre, perché —lo si voglia o no— il matrimonio istituito da Cristo è indissolubile: segno sacro che santifica, azione di Gesù che pervade l'anima di coloro che si sposano e li invita a seguirlo, perché in Lui tutta la vita matrimoniale si trasforma in un cammino divino sulla terra-[9].

Orbene, se si vuole approfondire il senso vocazionale del matrimonio e definire la portata e la peculiarità della vocazione matrimoniale, occorre risalire alla sua realtà sacramentale. E' il sacramento, infatti, che determina in ultima istanza la vocazione dei coniugi nella storia e, in particolare, nella storia della salvezza[10].

Questa è la prospettiva in cui si pone la nostra riflessione, il cui scopo è di delineare un quadro generale di riferimento per l'individuazione di ciò che si considera come proprium della vocazione matrimoniale. La tesi di fondo si riassume nell'affermazione che la specificità della vocazione matrimoniale consiste nell'introdurre in una dimensione nuova le esigenze di santità proprie di qualsiasi vocazione cristiana. Il matrimonio indica il modo esistenziale e concreto —la vita coniugale e familiare—, nel quale e per mezzo del quale gli sposi devono vivere la propria vocazione cristiana, cioè quella chiamata alla santità che li ha già raggiunti con tutta la sua radicalità nel momento del battesimo.

1. Origine sacramentale della vocazione matrimoniale

Il ruolo decisivo svolto dal sacramento del matrimonio nella vita coniugale e familiare consiste anzitutto nel fatto che esso ingenera la vocazione matrimoniale nell'intera ricchezza dei suoi elementi: la determina nel suo "essere", cioè ne abbraccia tanto il sorgere come lo svilupparsi. Il momento della celebrazione delle nozze trasforma un uomo e una donna in marito e moglie, soggetti attuali della vocazione e della vita matrimoniale[11]. Il matrimonio è dunque il sacramento della vocazione degli sposi.

-Il Salvatore degli uomini e sposo della Chiesa viene incontro ai coniugi cristiani attraverso il sacramento del matrimonio-[12]. Il matrimonio fa parte del disegno di Dio sull'umanità "dal principio". Il piano divino originario, svelato nella storia della salvezza, è che l'"alleanza sponsale" tra l'uomo e la donna -sia segno ed espressione della comunione d'amore tra Dio e gli uomini-[13], la cui rivelazione giunge a pienezza nell'incarnazione e nel sacrificio di Cristo sulla croce[14]. Con la venuta di Cristo, il disegno di Dio sul matrimonio si arricchisce ed acquista un contenuto nuovo: l'amore degli sposi non è solo immagine e simbolo dell'amore e della comunione tra Dio e gli uomini, ma anche di quell'amore di Cristo per la Chiesa che si pone come espressione viva e realizzazione di quell'amore. In forza del sacramento, -l'intima comunità di vita e di amore coniugale, fondata dal Creatore, viene elevata e assunta nella carità sponsale di Cristo, sostenuta e arricchita dalla sua forza redentrice-[15]. In base a questo si può affermare che -la loro [degli sposi] reciproca appartenenza è la rappresentazione reale (...) del rapporto stesso di Cristo con la Chiesa-[16].

In primo luogo, dunque, il sacramento conferma il disegno originario di Dio; mantiene cioè integre tutte le proprietà volute da Dio "dal principio" come caratteristiche dell'unione coniugale: quello che era "alle origini", e non altro, è ciò che viene elevato a sacramento. In secondo luogo, esso inserisce tale realtà creazionale in una dimensione nuova, la cui specificità più alta sta nel far sì che -gli sposi partecipino e siano chiamati a vivere la carità stessa di Cristo sulla Croce-[17] in un modo particolare e proprio. Così, il matrimonio —dono della creazione— diviene dono e sacramento della redenzione. Nei battezzati la condizione sacramentale non viene introdotta come qualcosa di giustapposto o di estrinseco alla realtà naturale del matrimonio; la medesima istituzione creazionale viene penetrata ed elevata nella sua stessa interiorità e a partire da essa.

In riferimento alla vocazione matrimoniale sono diversi i punti che si possono porre in rilievo partendo dal rapporto sacramento-matrimonio. Innanzitutto, il sacramento costituisce il matrimonio nella sua origine e lo determina come vocazione: tutta la vita matrimoniale e familiare trova in esso il proprio fondamento e la propria giustificazione. Prima della venuta di Cristo ciò si poneva in relazione alla realtà della creazione e costituiva l'unione coniugale come riflesso e memoria dell'amore di Dio per l'uomo e, insieme, come annuncio e profezia della donazione di Cristo sulla Croce. Dopo la morte del Signore, tale relazione si è completata nel riferimento alla redenzione: il matrimonio è divenuto sacramento in senso stretto, in quanto realizzazione e attualizzazione di questo medesimo amore di Cristo e di Dio. La missione vocazionale, cui gli sposi sono chiamati in virtù del sacramento, è di rendere visibile l'amore di Cristo e di Dio: essere segni e testimoni viventi dell'amore di Cristo per la Chiesa, attraverso le vicissitudini della vita matrimoniale e familiare.

Ma bisogna anche sottolineare che la sacramentalità non dà luogo negli sposi ad una seconda vocazione, né cristiana né matrimoniale, la quale verrebbe ad aggiungersi a quella loro conferita dal matrimonio in quanto istituzione della creazione. Una simile tesi implicherebbe, tra l'altro, il non aver compreso sufficientemente l'identità e l'inseparabilità, nel matrimonio tra battezzati, di patto, o contratto, e sacramento. Si tratta, invece, di una sola e medesima vocazione, che scaturisce da un duplice fondamento e viene svelata in tappe o fasi successive: la creazione, appunto, e la redenzione. Sul piano pratico ed esistenziale ciò porta a concludere, da un lato, che per vivere la vocazione soprannaturale del matrimonio è assolutamente necessario valutarlo in tutta la sua profondità e la sua ampiezza, in quanto istituzione naturale; dall'altro, che la sacramentalità, lungi dal separare gli sposi cristiani dalle realtà e dalle incombenze nelle quali vivono immersi assieme agli altri uomini, li porta a modellarle secondo i disegni di Dio.

Ecco la ragione per cui l'Apostolo, nel testo classico di Ef 5, 21-33, rivolge ai coniugi cristiani l'invito affinché, come si è espresso Giovanni Paolo II, -modellino la loro vita coniugale fondandola sul sacramento istituito al "principio" dal Creatore: sacramento, che trovò la sua definitiva grandezza e santità nell'alleanza sponsale di grazia tra Cristo e la Chiesa-[18]. Nel grande sacramento di Cristo e della Chiesa gli sposi cristiani scoprono il fondamento e lo spazio sacramentale della propria vocazione e dell'intera vita matrimoniale

2. Il proprium della vocazione matrimoniale

In forza del battesimo gli sposi cristiani sono già inseriti nel mistero dell'amore di Cristo per la Chiesa. Questa è una caratteristica propria di ogni sacramento; tuttavia tale partecipazione riveste una peculiarità specifica nel sacramento del matrimonio. In linee generali questa specificità consiste nel fatto che l'inserimento nel mistero dell'amore reciproco tra Cristo e la Chiesa si compie per mezzo della coniugalità, attraverso le realtà che scaturiscono dalla condizione coniugale. La corporeità, nelle sue modalità di mascolinità e femminilità, è allora il modo necessario e proprio in cui gli sposi, in quanto tali, si mettono in rapporto tra di loro e con Cristo. -Gli sposi —ricorda Giovanni Paolo II— partecipano [dell'amore nuziale di Cristo e della Chiesa] (...) in quanto sposi, entrambi, come coppia, a tal punto che l'effetto primo e immediato del matrimonio ("res et sacramentum") non è la grazia soprannaturale stessa, ma il legame coniugale cristiano [il vincolo indissolubile], una comunione tra i due tipicamente cristiana perché rappresenta il mistero dell'Incarnazione di Cristo e il suo mistero di alleanza. E il contenuto della partecipazione alla vita di Cristo è anch'esso specifico: l'amore coniugale comporta una totalità, nella quale entrano tutte le componenti della persona —richiamo del corpo e dell'istinto, forza del sentimento e dell'affettività, aspirazioni dello spirito e della volontà—; esso fa riferimento a un'unità profondamente personale, la quale, al di là dell'unione in una sola carne, porta a formare un solo cuore e una sola anima; esso esige l'indissolubilità e la fedeltà nella donazione reciproca definitiva, e si apre alla fecondità (cfr. Enc. Humanae vitae, 9)-[19].

Il sacramento del matrimonio rende possibile che gli sposi vivano il proprio rapporto con Cristo attraverso e nei loro rapporti coniugali. Il dialogo coniugale segna dunque il modo specifico nel quale gli sposi edificano la propria vita come "comunione interpersonale"[20], in quanto esplicazione e derivazione di quella profonda "unità nella carne"[21] che il sacramento ha posto in essere in loro. Della struttura di questa "comunione" fa parte essenziale, ed è criterio di verifica della sua autenticità, la disponibilità alla paternità o alla maternità.

E poiché il sacramento -accompagna sempre gli sposi nel corso di tutta la loro esistenza-[22], finché morte non li separi, la coscienza viva del sacramento ricevuto dovrà costituire il filo conduttore della spiritualità matrimoniale e familiare, fino a raggiungere il punto in cui non solo il momento della celebrazione sacramentale, ma l'intera esistenza quotidiana sia veramente un atto di culto a Dio: infatti, -tutte le loro opere, le preghiere e le iniziative apostoliche, la vita coniugale e familiare, il lavoro giornaliero, il sollievo spirituale e corporale, se sono compiute nello Spirito, e persino le molestie della vita se sono sopportate con pazienza, diventano spirituali sacrifici graditi a Dio per Gesù Cristo (cfr. 1 Pt 2, 5)-[23].

Valutare in tutta la sua portata il senso vocazionale del matrimonio significa anzitutto cogliere l'originalità della vocazione cristiana che ci viene conferita dal battesimo. E' questa, non altra, la vocazione che, dopo la celebrazione del matrimonio, informa la vita matrimoniale e familiare degli sposi. Di conseguenza, la radicalità è una caratteristica essenziale della vocazione matrimoniale, come di qualsiasi altra vocazione. Non si può dimenticare che i differenti modi di essere nella Chiesa sono sempre al servizio di ciò che è originale e primario e ne costituiscono la cornice: ci riferiamo appunto a quell'essere nella Chiesa, la cui porta è sempre il battesimo.

Il proprium del sacramento del matrimonio risulta quindi inserito nella dinamica della conformazione e dell'identificazione con Cristo, in cui si riassume la vita cristiana iniziatasi con il battesimo. Questo, lungi dall'attenuare le radicali esigenze originarie di santità, provenienti dal battesimo, da un lato le riconferma sotto un nuovo titolo (il sacramento del matrimonio) e, dall'altro, le specifica in forme esistenziali determinate (la vita coniugale e familiare).

3. Il matrimonio, sacramento della mutua santificazione degli sposi

Ogni sacramento comunica la santità di Cristo all'umanità dell'uomo; penetra l'uomo —il suo corpo e la sua anima— con la forza della santità. Non vi è nulla di più contrario alla dottrina sacramentale autentica di una concezione manichea o dualistica del corpo e dell'uomo. Nel matrimonio la santificazione sacramentale raggiunge l'umanità dell'uomo e della donna precisamente in quanto sposi, in quanto marito e moglie.

Il sacramento come tale è un'azione transitoria ed avviene in un momento determinato, quando coloro che si sposano realizzano il sacramento per mezzo del mutuo consenso matrimoniale (il matrimonio in fieri ). Tuttavia rende possibile che l'alleanza iniziata allora si estenda, proprio in quanto realtà sacra e sacramentale, ad abbracciare tutto l'arco della vita: attraverso il sacramento, infatti, essa si innesta nell'alleanza di Cristo con la Chiesa. Effetto del sacramento è che la vita coniugale, cioè il rapporto interpersonale proprio del marito e della moglie, dal quale è inseparabile la disposizione alla paternità e alla maternità, si elevi ad una dimensione di santità reale e oggettiva. La corporeità, con il suo linguaggio, sta alla radice della vocazione matrimoniale alla santità, come ambito e materia della santificazione: -Tutti i fedeli —insegna in questo senso il Concilio Vaticano II— saranno ogni giorno santificati nelle loro condizioni di vita, nei loro doveri o circostanze, e per mezzo di tutte queste cose, se tutte le prendono con fede dalla mano del Padre celeste, e cooperano con la volontà divina, manifestando a tutti, nello stesso servizio temporale, la carità con la quale Dio ha amato il mondo-[24].

Il matrimonio è dunque fonte e mezzo originale della santificazione degli sposi. Ma occorre ricordare che lo è "come sacramento della mutua santificazione"[25]. Ciò significa fondamentalmente che: a) il sacramento del matrimonio conferisce a ogni coniuge la capacità di portare alla sua pienezza esistenziale la vocazione battesimale alla santità; b) appartiene all'essenza di tale partecipazione che esso sia, nel contempo e inseparabilmente, strumento e mediatore della santificazione dell'altro coniuge e di tutta la famiglia. Nella ricerca della propria santificazione, che in ultima istanza si risolve sempre nel dialogo della libertà umana e della grazia di Dio, il marito e la moglie debbono attenersi al fondamentale criterio ispiratore dettato dalla propria condizione di sposi e, pertanto, debbono assumere l'altro coniuge e la famiglia come punto di riferimento di tale impegno[26].

La rivelazione si serve delle analogie "marito-moglie" e "corpo-capo" per esprimere il mistero e la natura dell'unione di Cristo con la Chiesa. Queste stesse analogie, essendo segno e immagine della realtà rappresentata, contribuiscono a loro volta a rivelare la verità sul matrimonio[27], nonché la reciproca funzione santificatrice dei coniugi: -In forza del patto di amore coniugale, l'uomo e la donna "non sono più due, ma una carne sola" (Mt 19, 6; cfr. Gn 2, 24)-[28]. I due, pur conservando la propria individualità o singolarità —ciascuno degli sposi è in sé una natura completa e distinta—, formano un'unità in ciò che costituisce l'unione coniugale e che è strettamente legato alla mascolinità e alla femminilità, modalità in cui è inerente la condizione personale. E' sorto fra di loro il vincolo coniugale, in virtù del quale ed entro il quale essi costituiscono un'unità di natura tale che il marito passa ad appartenere alla moglie, in quanto sposo, e la moglie, in quanto sposa, al marito. Sicché ciascuno deve amare il proprio coniuge non solo come se stesso (cosa che per un cristiano avviene in rapporto a tutti gli altri uomini), ma con l'amore di se stesso. E questo dovere, essendo derivazione e manifestazione dell'"unità nella carne", trasformata a sua volta dal sacramento in -immagine viva e reale di quella singolarissima unità, che fa della Chiesa l'indivisibile Corpo Mistico del Signore Gesù-[29], comprende tutti i livelli dell'essere umano (corpo, spirito, affettività) e richiede di svilupparsi incessantemente. Appare ovvio, infatti, che gli sposi possano riflettere sempre meglio nella propria unione il legame tra Cristo e la Chiesa, di cui partecipano.

I rapporti tra gli sposi si pongono come riflesso fedele della verità essenziale del matrimonio solamente se scaturiscono dal comune rapporto con Cristo e adottano le modalità dell'amore nuziale con cui Cristo si dona alla Chiesa. Di conseguenza, solo a questa condizione gli sposi vivono il matrimonio in piena conformità con la propria vocazione cristiana. Nella peculiarità della loro partecipazione al mistero dell'amore di Cristo si trova la ragione per cui, in modo oggettivo e reale, il rapporto tra gli sposi diviene materia e mezzo di santità; parimenti in essa risiede anche il motivo per cui la reciprocità è componente essenziale di tali rapporti[30]. Grazie al matrimonio i coniugi, -in virtù di un particolare rapporto reciproco, diventano in certo senso un solo soggetto -[31]. E' chiaro che, come già detto, gli sposi continuano, dopo l'unione matrimoniale, a rimanere soggetti distinti. Tuttavia tra di loro è sorta una relazione di tale natura che la moglie vive la propria condizione di sposa in quanto è unita al marito, e viceversa.

Orbene, -l'amore di Cristo verso la Chiesa ha essenzialmente, come scopo, la sua santificazione: "Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso... per renderla santa" (Ef 5, 25-26)-[32]. Pertanto, dato che il sacramento del matrimonio rende gli sposi partecipi dello stesso amore di Cristo e li trasforma realmente in segni e testimoni permanenti di tale amore, i rapporti tra gli sposi sono in sé santi e santificanti; oggettivamente, però, lo sono soltanto se esprimono la realtà nuziale. Se quest'ultima venisse meno, essi non avrebbero alcun effetto in ordine alla santificazione e non si potrebbe parlare neppure di autentico amore coniugale. La sollecitudine per la santificazione dell'altro (con le sue esigenze di rettitudine e di fedeltà alla verità del matrimonio) è perciò esigenza intrinseca dell'amore matrimoniale come tale e, di conseguenza, costituisce parte eminente della santificazione personale di ogni sposo.

Fra le condizioni della santificazione degli sposi bisogna dunque annoverare la consapevolezza del carattere sacro, santo, dell'alleanza coniugale. Tale consapevolezza appare esistenzialmente connessa con l'esercizio delle virtù soprannaturali e di quelle umane, in un contesto di amore alla Croce, condizione indispensabile per la sequela di Cristo. L'alleanza coniugale, in se stessa santa, viene allora anche soggettivamente santificata dagli sposi e si pone al contempo come fonte della loro santificazione. Inoltre, essa mostra la propria fecondità in ordine alla santificazione altrui, poiché grazie alla testimonianza visibile della loro fedeltà, tra l'altro, gli sposi divengono di fronte agli altri testimoni vivi e visibili del valore santificante e profondamente liberatorio del matrimonio cristiano. Il matrimonio è il sacramento che chiama in modo esplicito un uomo e una donna determinati a testimoniare apertamente l'amore nuziale e procreatore.

4. Il sacramento del matrimonio come "dono" e come "ethos"

Quando l'Enciclica Humanae vitae ricorda che gli sposi cristiani devono vivere -la loro vocazione fino alla perfezione-, mediante il compimento fedele dei doveri coniugali, indica pure che a questo fine essi -sono corroborati e quasi consacrati- dal sacramento del matrimonio[33]. Il testo, oltre ad insistere sulla specificità della vocazione matrimoniale, pone in risalto l'aspetto su cui ora vogliamo riflettere: all'uomo -è dato nel matrimonio il sacramento della Redenzione come grazia e segno dell'alleanza con Dio, e gli è assegnato come ethos -[34]. Si ricordi che il matrimonio è un sacramento dei vivi e, come tale, produce l'incremento della grazia in coloro che non pongono obice; inoltre esso conferisce una grazia sacramentale particolare. Essa può essere descritta come il diritto a ricevere da Dio gli ausili specifici necessari per vivere il matrimonio in conformità con il disegno divino: una serie ininterrotta di grazie che abilita gli sposi a far sì che la quotidianità del loro matrimonio divenga immagine fedele dell'amore di Cristo e della Chiesa. Il fatto che, attraverso il sacramento, il mistero dell'unione di Cristo con la Chiesa si riproduca in modo specifico negli sposi cristiani è, pertanto, l'origine della grazia propria della vita coniugale. Altrimenti non si potrebbe parlare di sacramento: se esso non fosse segno efficace della grazia, ci troveremmo di fronte a semplici metafore, senza alcun'incidenza reale nella vita degli sposi; né si potrebbe parlare di un sacramento distinto dagli altri, se non producesse effetti specifici di grazia[35].

I doveri del matrimonio si riassumono nell'esigenza che i coniugi siano l'uno per l'altro e per i figli testimoni della salvezza[36]; essi vanno sempre visti come espressioni della vocazione. La relazione sacramento-vocazione aiuta a scoprire il carattere di "dono" e di "missione" inerente al matrimonio: il matrimonio è un dono affidato da Dio agli sposi come missione. La realizzazione della verità del matrimonio costituisce l'oggetto di tale missione, il cui compimento è anche compimento del progetto di Dio. La fedeltà alla vocazione rappresenta, dunque, l'itinerario dell'autentica libertà degli sposi.

Il matrimonio, concesso all'uomo come dono e come grazia, in quanto espressione efficace del potere salvifico di Dio abilita l'uomo a realizzare pienamente il piano della salvezza. In primo luogo, infatti, lo libera dalla "durezza di cuore" che proviene dal peccato originale e ostacola la corretta comprensione della verità del matrimonio stesso; in secondo luogo, comporta l'effettiva elargizione delle grazie indispensabili per superare le difficoltà pratiche di attuazione di tale verità. Con il sacramento i coniugi cristiani sono guidati dallo Spirito Santo, presente nella loro anima, alla scoperta della verità della vocazione matrimoniale, iscritta nell'umanità del loro cuore, e sono sospinti a configurare la propria vita secondo la legge di Dio[37].

Come "ethos" il sacramento del matrimonio pone, sinteticamente, -un'esortazione a dominare la concupiscenza -[38]; e quindi a vivere la virtù della castità secondo le modalità specifiche in cui tale dominio si prospetta nella situazione coniugale[39]. La libertà del cuore dalla concupiscenza nasce dal sacramento, come "dono" e "compito" che rende possibile e custodisce -l'unità e indissolubilità del matrimonio, e inoltre, l'approfondito senso della dignità della donna nel cuore dell'uomo (come anche della dignità dell'uomo nel cuore della donna), sia nella convivenza coniugale, sia in ogni altro ambito dei rapporti reciproci-[40].

Quando si afferma che uno dei fini del matrimonio consiste nel "rimedio alla concupiscenza" si dice semplicemente che al sacramento consegue la grazia particolare, e con essa il compito, di dominare il disordine delle passioni, stabilendo l'armonia e la libertà del cuore. In tale contesto, il matrimonio -significa l'ordine etico, introdotto consapevolmente in questo ambito. Si può dire che il matrimonio è luogo d'incontro dell'eros con l'ethos e del reciproco compenetrarsi di essi nel "cuore" dell'uomo e della donna, come pure in tutti i loro rapporti reciproci-[41].

La considerazione sacramentale del matrimonio richiede dunque che l'uomo e la donna "storici" non siano soltanto "uomini della concupiscenza", ma soprattutto uomini chiamati a vivere e camminare "secondo lo Spirito". Quantunque la "concupiscenza" possa, a volte, trascinarli al peccato, la chiamata ad abbracciare la verità e a tradurla nella propria vita non si cancella dalla loro interiorità ed è destinata a prevalere, con l'aiuto della grazia.

Il sacramento del matrimonio è, perciò, fonte della speranza che deve sempre contraddistinguere la vita degli sposi cristiani. Al di sopra di qualunque ostacolo o contrarietà, la grazia del "dono" che hanno ricevuto è sempre in grado di trionfare, perché l'amore sponsale di Cristo per la Chiesa vive in loro, in forza del sacramento.

Prof. Augusto Sarmiento

Ordinario di Teologia Morale

Facoltà di Teologia dell'Università di Navarra

[1] Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, n. 32. Molti e autorevoli voci hanno riconosciuto nel Servo di Dio Josemaría Escrivá un precursore del Concilio Vaticano II, soprattutto per quanto riguarda la proclamazione della chiamata universale alla santità. Per la sua applicazione al matrimonio è particolarmente significativo lo scritto Il matrimonio, vocazione cristiana, in E' Gesù che passa, Ares, Milano 1982, 3ª ed. it., nn. 22-30. Alla dottrina ivi esposta si ispira il presente studio.

[2] Cfr. Ibid., n. 41.

[3] Cfr. Ibid., n. 40.

[4] Cfr. Ibid., n. 41.

[5] Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, n. 48.

[6] Cfr. Ibid.

[7] Cfr. Ibid.

[8] Cfr. Ibid.

[9] Josemaría Escrivá, E' Gesù che passa, cit., n. 23.

[10] Cfr. Giovanni Paolo II, Omelia alle famiglie (12 ottobre 1980): Insegnamenti, III, 2 (1980) 842 ss. Gli approcci attraverso i quali si può giungere ad identificare la natura e la missione del matrimonio sono diversi; ma, come ricorda l'Esortazione Apostolica Familiaris consortio, essi vanno ricondotti alla considerazione sacramentale dell'istituzione matrimoniale: questa è la prospettiva adottata da Cristo nel dialogo con i farisei riferito da Mt 19, 10.

[11] Cfr. Giovanni Paolo II, Allocuzione all'udienza generale (5 gennaio 1983): Insegnamenti, VI, 1 (1983) 41.

[12] Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, n. 48.

[13] Cfr. Giovanni Paolo II, Esort. Apost. Familiaris consortio, 22-XI-1981, n. 12. Nella storia della salvezza il linguaggio e le vicissitudini dell'amore matrimoniale sono, specialmente nei libri profetici, mezzi espressivi attraverso i quali viene rivelato l'amore di Dio per il suo popolo; nel contempo, tale amore diventa segno e immagine dell'alleanza tra Dio e il suo popolo.

[14] Cfr. Ibid., n. 13.

[15] Ibid.

[16] Ibid.

[17] Cfr. Ibid.

[18] Giovanni Paolo II, Allocuzione all'udienza generale (27 ottobre 1982): Insegnamenti, V, 3 (1982) 937.

[19] Giovanni Paolo II, Discorso al CLER e al FISAP (3 novembre 1979): Insegnamenti, II, 2 (1979) 1032.

[20] Cfr. Giovanni Paolo II, Esort. Apost. Familiaris consortio, nn. 15, 18-20, passim.

[21] Cfr. Gn 2, 24. La Lettera Apostolica di Paolo Giovanni II Mulieris dignitatem (15 agosto 1988) approfondisce questa dottrina soprattutto attraverso la meditazione di Gn 1, 27-28; 2, 18-25; e di Ef 5, 25-32. Si vedano, tra gli altri, i seguenti testi: -La donna è un altro "io" nella comune umanità. Sin dall'inizio essi appaiono come "unità dei due" (...). Si tratta qui solo dell'"aiuto" nell'azione, nel "soggiogare la terra"? (cfr. Gn 1, 28). Certamente si tratta della compagna della vita, con la quale, come con una moglie, l'uomo può unirsi divenendo con lei "una sola carne" e abbandonando per questo "suo padre e sua madre" (cfr. Gn 2, 24). La descrizione biblica, dunque, parla dell'istituzione, da parte di Dio, del matrimonio contestualmente con la creazione dell'uomo e della donna, come condizione indispensabile della trasmissione della vita alle nuove generazioni degli uomini, alla quale il matrimonio e l'amore coniugali per loro natura sono ordinati- (n. 6). -Nell'"unità dei due" l'uomo e la donna sono chiamati sin dall'inizio non solo ad esistere "uno accanto all'altra" oppure "insieme", ma sono chiamati ad esistere reciprocamente "l'uno per l'altro" (...). Il testo di Genesi 2, 18-25 indica che il matrimonio è la prima e, in un certo senso, la fondamentale dimensione di questa chiamata- (n. 7). -Solamente in base a questo principio tutt'e due, e in particolare la donna, possono "ritrovarsi" come vera "unità dei due" secondo la dignità della persona. L'unione matrimoniale esige il rispetto e il perfezionamento della vera soggettività personale di tutti e due. La donna non può diventare oggetto di "dominio" e di "possesso" maschile- (n. 10). -Creati a immagine e somiglianza di Dio come "unità dei due", entrambi sono stati chiamati ad un amore sponsale. Si può anche dire che, seguendo la descrizione della creazione nel Libro della Genesi (2, 18-25), questa chiamata fondamentale si manifesta insieme con la creazione della donna e viene inscritta dal Creatore nell'istituzione del matrimonio, che, secondo Genesi 2, 24, sin dall'inizio possiede il carattere di unione delle persone ("communio personarum"). Anche se non direttamente la stessa descrizione del "principio" (cfr. Gn 1, 27 e Gn 2, 24) indica che tutto l'"ethos" dei reciproci rapporti tra l'uomo e la donna deve corrispondere alla verità personale del loro essere (...). Il testo della Lettera agli Efesini conferma ancora una volta la suddetta verità, e nello stesso tempo paragona il carattere sponsale dell'amore tra l'uomo e la donna al mistero di Cristo e della Chiesa- (n. 23).

[22] Cfr. Giovanni Paolo II, Esort. Apost. Familiaris consortio, n. 56.

[23] Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, n. 34. Il corsivo è nostro.

[24] Ibid., n. 41. Il corsivo è nostro.

[25] Cfr. Giovanni Paolo II, Esort. Apost. Familiaris consortio, n. 56.

[26] E' chiaro che le virtualità di santificazione proprie del matrimonio presuppongono il ricorso agli altri sacramenti.

[27] Cfr. Giovanni Paolo II, Allocuzione all'udienza generale (18 agosto 1982): Insegnamenti, V, 3 (1982) 245-247. La Lettera Apostolica Mulieris dignitatem, n. 23, dice al riguardo: -Nel testo paolino [Ef 5, 25-32] l'analogia della relazione sponsale va contemporaneamente in due direzioni, che compongono l'insieme del "grande mistero" ("sacramentum magnum"). L'alleanza propria degli sposi "spiega" il carattere sponsale dell'unione di Cristo con la Chiesa; ed a sua volta questa unione, come "grande sacramento", decide della sacramentalità del matrimonio quale alleanza santa dei due sposi, uomo e donna-.

[28] Giovanni Paolo II, Esort. Apost. Familiaris consortio, n. 19.

[29] Ibid.

[30] Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. Apost. Mulieris dignitatem, nn. 10, 14, 25.

[31] Giovanni Paolo II, Allocuzione all'udienza generale (25 agosto 1982): Insegnamenti, V, 3 (1982) 285-286.

[32] Ibid., 287.

[33] Cfr. Paolo VI, Lett. Enc. Humanae vitae, 25-VII-1968, n. 25.

[34] Giovanni Paolo II, Allocuzione all'udienza generale (24 novembre 1982): Insegnamenti, V, 3 (1982) 1434-1435.

[35] Il matrimonio in fieri (sacramentum tantum) produce il vincolo coniugale (res et sacramentum) e la grazia del sacramento del matrimonio (res tantum). Tuttavia, gli autori non sono unanimi nello spiegare in che modo le grazie specifiche determinate vengono di fatto concesse agli sposi nelle diverse circostanze. La risposta dipende dalla concezione della causalità dei sacramenti.

[36] Cfr. Giovanni Paolo II, Esort. Apost. Familiaris consortio, n. 3.

[37] Cfr. Giovanni Paolo II, Allocuzione all'udienza generale (28 luglio 1982): Insegnamenti, V, 3 (1982) 132-135. Parlare del matrimonio come sacramento equivale a situarsi nel quadro della storia della salvezza e contemplare l'uomo nella situazione storica di sottomissione alla "concupiscenza", ma alla luce del "principio", ovvero della situazione in cui venne creato, e nella prospettiva dell'"escatologia", cioè della realtà che lo attende nella risurrezione.

[38] Giovanni Paolo II, Allocuzione all'udienza generale (1 dicembre 1982): Insegnamenti, V, 3 (1982) 1485.

[39] Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, n. 51; cfr. Giovanni Paolo II, Lett. Apost. Mulieris dignitatem, nn. 14 e 17.

[40] Giovanni Paolo II, Allocuzione all'udienza generale (12 gennaio 1982): Insegnamenti, V, 3 (1982) 1485.

[41] Ibid., 1486. La verginità è l'altro "dono" che consente all'uomo di salvaguardare la rettitudine di quest'ordine.

(42) Cfr. Gal 5, 16.

Romana, n. 8, Gennaio-Giugno 1989, p. 169-176.

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