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Campi di lavoro

In Armenia, dopo il terremoto

In seguito al disastroso terremoto che nel dicembre del 1988 colpì la Repubblica Socialista Sovietica dell'Armenia, Spitak, una cittadina di oltre ventimila abitanti situata sulla strada tra Erevan e Kirovacan, fu praticamente rasa al suolo: neppure un edificio sopportò la violenza del sisma e oltre metà della popolazione perì sotto le macerie.

Tra gli aiuti internazionali, immediatamente venuti ad alleviare le sofferenze dei sopravvissuti, quelli del governo italiano si sono materializzati nella costruzione del cosiddetto Villaggio Italia. Esso si compone di moduli familiari prefabbricati, in grado di ospitare alcune migliaia di persone, e comprende anche vari edifici di servizi comuni. Tra questi ultimi, un poliambulatorio e un asilo infantile, il cui allestimento è stato curato dall'Istituto per la Cooperazione Universitaria (ICU).

Per rendere operative queste strutture, l'ICU si è avvalso della cooperazione di numerosi volontari di diversi Paesi, tra i quali una ventina di universitari italiani, membri dell'Opus Dei o persone che frequentano i Centri della Prelatura. Giunti in Armenia la sera del 2 agosto a bordo di un bimotore turboelica dell'Aeronautica Militare Italiana, essi hanno trascorso oltre tre settimane delle loro vacanze in mezzo alla gente di Spitak, lavorando per sette ore al giorno nel montaggio degli infissi del poliambulatorio, nel riordino dei containers che avrebbero ospitato le famiglie terremotate e nel risolvere altre situazioni d'emergenza verificatesi via via.

Sotto il continuo stimolo della necessità di alleviare il dolore del prossimo, gli studenti hanno sperimentato subito il bisogno di consolidare la propria formazione cristiana. Appena arrivati, alcuni hanno subito cominciato ad allestire una piccola cappella, dove un sacerdote della Prelatura ha celebrato ogni giorno la Messa; il tabernacolo è così diventato fin dal primo momento il punto di riferimento costante per i partecipanti al campo. Molti di loro sono stati colpiti dalla sete di valori spirituali e di dottrina cristiana dimostrata dalla gente del posto.

Costruire chiese in Polonia

Per il quarto anno consecutivo alcune centinaia di giovani, che ricevono formazione cristiana attraverso la Prelatura, hanno voluto contribuire con il proprio lavoro allo sforzo che la Chiesa polacca sta sostenendo per la costruzione di nuovi edifici di culto. Tra i vari gruppi che, alternandosi in turni di due o tre settimane, si sono dati appuntamento quest'estate in Polonia, quello composto da dodici studenti britannici, tre statunitensi e uno del Canada ha operato a Jastrebie, una cittadina mineraria nei pressi della frontiera con la Cecoslovacchia.

Trasportare mattoni, collocare le travi dei ponteggio, impastare il cemento, condividendo la fatica con gli uomini del posto e sostituendoli durante le ore che essi dovevano dedicare al loro normale lavoro in miniera: un sostegno materiale e morale all'impegno profuso dagli operai polacchi, disposti a costruirsi la chiesa con le proprie mani, pur di garantire la fede dei figli. Per questi ultimi l'aiuto degli studenti ha rappresentato un'esperienza pratica di solidarietà cristiana, ma anche i giovani hanno dichiarato che i giorni trascorsi in Polonia sono stati una vera scuola di virtù.

Fra i ragazzi che hanno partecipato a questo campo, quattro non erano cattolici: l'amicizia con la gente del posto e la constatazione dell'impegno con cui vive la propria fede, malgrado tante contrarietà e tanta povertà, ha contribuito a suscitare anche in loro profonde inquietudini spirituali.

Nelle Isole di São Tomé e Príncipe

São Tomé e Príncipe sono due piccole isole, con una popolazione di un centinaio di migliaia di abitanti, situate nel Golfo della Guinea a ridosso dell'equatore. Dopo averne ottenuto l'indipendenza, esse hanno mantenuto stretti rapporti di cooperazione con il Portogallo: il portoghese continua ad essere la lingua ufficiale ed è frequente che i giovani isolani compiano in quel Paese i propri studi universitari. In considerazione di ciò e a seguito di un invito dell'Ordinario del luogo, alcuni Centri della Prelatura di Lisbona, Coimbra e Oporto hanno organizzato un campo di lavoro di due settimane in queste isole africane.

Una trentina gli studenti universitari portoghesi che hanno preso parte al campo. Il programma era così articolato: al mattino, opere di restauro nella igreja de Nossa Senhora da Gloria, un edificio religioso del XVII secolo; al pomeriggio, lezioni di aggiornamento culturale per i giovani di São Tomé, lezioni di catechesi per centocinquanta bambini e programmi di assistenza medico-sanitaria a famiglie bisognose. Nei momenti liberi, escursioni alla scoperta del patrimonio naturalistico dell'arcipelago.

Le autorità locali hanno accolto l'iniziativa con gratitudine; la stessa Presidentessa della Assemblea del Popolo ha voluto ricevere i volontari, esprimendo loro la riconoscenza della popolazione. Il Vescovo diocesano, Mons. Abílio Ribas, ha celebrato una Messa solenne nel giorno del commiato.

Una scuola di campagna in Kenya

A sessanta chilometri da Nairobi, nella località di Githunguri, opera la Nyaga Primary School, una scuola elementare frequentata da un migliaio di ragazzi fra i sei e i quattordici anni. Ad eccezione dei pochissimi che accederanno agli studi superiori, la quasi totalità degli alunni è destinata, una volta concluso il ciclo didattico, ad occuparsi nelle uniche attività economiche della provincia, cioè la coltivazione familiare dei fondi agricoli e il piccolo allevamento. Recentemente le autorità del Kenya hanno inserito nei programmi didattici l'insegnamento teorico e pratico delle moderne tecniche agricole, rivolgendosi all'assistenza economica e tecnica della Comunità Economica Europea, che ha affidato il programma all'Istituto per la Cooperazione Universitaria.

La prima fase del piano, che prevedeva la costruzione, entro un mese, di capannoni per l'allevamento del bestiame, è stata portata a termine la scorsa estate grazie al contributo di una ventina di volontari spagnoli e kenioti, membri della Prelatura accompagnati dai loro amici. Essi hanno realizzato un vero e proprio "laboratorio" zootecnico, raggiungendo così un duplice risultato: da un lato, disporre di uno strumento indispensabile per la sperimentazione e l'applicazione delle metodiche insegnate; dall'altro, creare di una fonte di reddito che consenta alla scuola una certa autonomia finanziaria.

Con il progredire del lavoro, i rapporti fra i volontari e la popolazione è divenuto sempre più cordiale: mentre i primi lavoravano tra sabbia, cemento, pietre e assi di legno, gli alunni più grandi si offrivano a collaborare portando acqua dal fiume, mentre i più piccoli attorniavano il gruppo e lo rallegravano con canti e danze. Il giorno della posa dell'ultima pietra gli insegnanti della scuola e i genitori dei ragazzi hanno testimoniato al gruppo dei volontari la propria commozione.

Una piantagione tropicale nelle Filippine

Polomolok è una località della grande isola di Mindanao, all'estremità meridionale dell'arcipelago filippino. E' famosa per la sua sterminata piantagione di ananas, che negli ultimi anni ha richiamato nella zona alcune migliaia di lavoratori con le rispettive famiglie. In seguito a questa rapida e disordinata immigrazione sono sorte intere borgate, carenti dei servizi più elementari.

Alcuni Centri della Prelatura di Manila e Cebu hanno così scelto questa zona per offrire agli studenti che li frequentano l'opportunità di dedicare alcune settimane di vacanza ad un'opera di immediata rilevanza sociale. Il programma del campo di lavoro prevedeva la costruzione di un grande serbatoio d'acqua e di alcuni edifici d'uso pubblico, nonché il riassetto di strade e piazze, oltre all'organizzazione di corsi di catechismo per ragazzi in tre diversi rioni di Polomolok.

Le difficoltà tecniche, la fatica del lavoro, la precarietà della sistemazione logistica sono state esperienze che gli studenti hanno vissuto con entusiasmo e spirito di sacrificio, sorretti dal desiderio di sollevare in qualche modo le condizioni di estrema povertà della popolazione. Al termine della giornata, malgrado la stanchezza, nessuno di loro ha voluto sottrarsi all'impegno delle lezioni di catechismo: infatti a Polomolok la percentuale di animisti è piuttosto alta e l'indigenza spirituale ha profondamente colpito i partecipanti al campo.

Romana, n. 9, Luglio-Dicembre 1989, p. 276-279.

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