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Cinquant'anni di Cammino

“Leggi adagio questi consigli. Medita con calma queste considerazioni. Sono cose che ti dico all'orecchio, in confidenza d'amico, di fratello, di padre. E queste confidenze le ascolta Dio. Non ti racconterò nulla di nuovo: intendo ridestare i tuoi ricordi per far emergere qualche pensiero che ti colpisca; così migliorerai la tua vita, ti avvierai per cammini d'orazione e d'Amore, e diverrai finalmente un'anima di criterio”[1].

Le parole con cui Mons. Escrivá introduce il lettore ai 999 punti di Camminone rivelano subito l'immediatezza dello stile. «La maggior parte di questo libro -ricordava l'Autore in un'intervista rilasciata nel 1966- l'ho scritta nel 1934, cercando di sintetizzare la mia esperienza sacerdotale per l'utilita delle anime di cui avevo"cura, fossero o no dell'Opus Dei. Allora non pensavo davvero che, trent'anni dopo, questo libro avrebbe avuto una diffusione così grande»[2]. Apparsa per la prima volta nel 1934 con il titolo di Consideraciones espirituales, l'opera venne successivamente ampliata e vide la luce a Valencia, con la denominazione definitiva, il 29 settembre 1939. In questi cinquant'anni se ne sono stampate duecentoventi edizioni in trentasette lingue, per un totale di circa tre milioni e mezzo di copie.

Qual è il segreto che ha fatto di questo libro un vero e proprio best-seller? Mons. Alvaro del Portillo, che per quarant'anni ha vissuto accanto al Fondatore dell'Opus Dei, sottolinea anzitutto l'esperienza diretta della vita spirituale che ogni pensiero rivela nell'Autore e la sua profonda conoscenza delle anime, dei problemi e delle aspirazioni di ogni uomo: “La dimensione umana di Cammino spiega la sua capacità di entrare in sintonia con le speranze e le aspirazioni di qualsiasi uomo o donna veramente consapevole della propria dignità e di destare nel lettore, anche indipendentemente dalle sue convinzioni religiose, desiderio e stimolo a vivere una vita umanamente più trasparente ed elevata”[3].

Il Card. Sergio Pignedoli aveva osservato che la straordinaria diffusione di Cammino “dimostra fino a che punto la dottrina e l'ascetica cristiana, così come scaturiscono dal cuore ardente di un santo sacerdote e direttore d'anime, possano svegliare, sorreggere e guidare quella sete di amicizia con Dio presente sempre nell'intimo di ogni vita umana, anche se vissuta in questi nostri tempi caratterizzati dall'eccessiva fretta e dalle costanti tentazioni secolaristiche”[4].

“Mons. Escrivá ha scritto di più che un capolavoro —osservava nel 1950 l'Osservatore Romano—. Un codice di santità è questo, al quale manca tuttavia la rigidezza di un "codice", nella calda, fraterna indulgenza dell'Autore, nella paterna sollecitudine con cui vede, comprende, corregge, persuadendo e non minacciando”.

Un libro che apre nuovi orizzonti

Molte personalità del mondo ecclesiastico, politico e culturale hanno riconosciuto di aver trovato in Cammino un importante sostegno spirituale.

“Di questo libro conservo una copia che ha per me un valore affettivo molto speciale —ha scritto su un quotidiano cileno Mons. Eladio Vicuña, Arcivescovo di Puerto Montt—: è quella che mia madre usò per tanti anni, con grande beneficio spirituale, come guida alla preghiera e che volle tenere con sé anche negli ultimi momenti di vita. Non saprei dire quante persone conosco che hanno scoperto Gesù Cristo seguendo i passi di quest'opera, così opportunamente chiamata Cammino[5].

L'On. Giulio Andreotti, Presidente del Governo italiano, ha dichiarato di considerare Camminocome uno dei propri livres de chevet[6]; in una recente intervista al Corriere della Sera, alla domanda “Quali libri ha comprato ai suoi figli?”, ha risposto: “Ho consigliato dei libri seri, come Cammino, del Fondatore dell'Opus Dei, Escrivá de Balaguer. Un libro straordinario”[7].

Un religioso benedettino, P. Manuel Garrido Bonaño, rievocando un ricordo degli anni quaranta, ha scritto: “Fu allora che lessi per la prima volta Cammino (...). La copia non era mia e conteneva una dedica autografa dell'autore. Da allora l'ho riletto moltissime volte e lo considero come un classico nella vita spirituale. Ne ho regalate dozzine di copie ai miei studenti e ho potuto verificare il bene immenso che hanno ricavato dalla sua lettura”[8].

Cammino —commenta lo storico tedesco Peter Berglar— ha in comune con le grandi opere della letteratura e dell'arte il pieno adeguamento a qualsiasi capacità intellettuale: se ci fosse qualcuno al quale "non dice assolutamente nulla", sarebbe sicuramente perché costui non dice nulla a se stesso”[9].

Come ha sottolineato Mons. Torelló, Cammino è “un livre de poche dei viandanti di questa terra, dei lavoratori della città terrestre, quale che sia la loro funzione sociale”[10]. Ecco perché le sue considerazioni riescono immancabilmente a suscitare un'eco profonda in gente di tutte le condizioni.

“Ho sempre tratto grande conforto spirituale dalla lettura e dalla meditazione degli scritti di Mons. Escrivá —scrive il Card. Jaime Sin, Arcivescovo di Manila—. E continuo a ricevere stimolo dal suo costante richiamo alla vocazione universale alla santità, dall'appello al valore santificante del lavoro ordinario e dall'affermazione che "è più accessibile essere santo che sapiente, ma è più facile essere sapiente che santo" (Cammino, n. 282)”[11].

L'On. Emilio Colombo, già Ministro e Presidente del Governo italiano, ha osservato: “In Cammino Mons. Escrivá aveva scritto "Essere cattolico è amare la Patria senza lasciarsi superare da nessuno in questo amore. E, allo stesso tempo, è fare proprie le nobili aspirazioni d'ogni paese. Quante glorie della Francia sono glorie mie! Egualmente, molti motivi d'orgoglio dei tedeschi, degli italiani, degli inglesi..., degli americani, degli asiatici e degli africani, sono, anch'essi, mio vanto. —Cattolico! Cuore grande, spirito aperto" (n. 525). Quest'apertura mentale e cordiale è stata diffusa e praticata dall'Autore anche combattendo quello che per un cattolico può essere uno dei maggiori pericoli: il clericalismo, cioè l'intruppamento sotto gli stendardi confessionali nei campi in cui un cattolico, come tutti gli altri cittadini, deve esercitare la sua libertà e responsabilità personale”[12].

Il rilievo che nelle pagine di Cammino acquista la responsabilità personale del cristiano, e che appare ancor più significativo se rapportato all'epoca in cui il libro fu composto, è messo in risalto anche da Maria Adelaide Raschini, Ordinario di Filosofia presso l'Università di Genova: “Pluralismo non dottrinale, ma personale, ossia "vocazionale". La strada maestra è una, ma grande tanto da consentire tutti i cammini; quanti ce ne devono essere "perché tutte le anime possano trovare il loro, in varietà ammirevole" (cfr. Cammino n. 964). A questo proposito si deve sottolineare come sia motivo di allegrezza constatare in Escrivá uno dei più lucidi sostenitori del cammino del laicato all'interno della Chiesa”[13].

Di fronte al dolore e alla morte

Molte delle lettere giunte alla Postulazione Generale dell'Opus Dei narrano di vicende dolorose, superate grazie al sostegno trovato nella meditazione di Cammino.

Un sacerdote racconta di un anziano, malato di cancro e reduce da una difficile operazione chirurgica, che fu chiamato ad assistere:

Si trovava prostrato a letto, in preda a dolori violentissimi. Scorsi sul comodino una copia di Cammino (...). Parlammo della sua malattia (...), del suo lavoro (...). Gli domandai come quel libro fosse giunto tra le sue mani. Rispose che era un regalo di sua moglie e aggiunse:

—Guardi, è un libro che dà consigli pratici per vivere la vita cristianamente. Lo sto leggendo e mi è servito molto. Per esempio, Cammino dice che è portare sempre con sé un crocifisso: io ce l'ho già. I miei dolori adesso sono sempre più forti, ma questo libro mi dice:Benedetto sia il dolore...

Una donna muore, dopo una lunga malattia, in un ospedale di Houston, Texas; accanto al letto una copia di Cammino, consunta dall'uso. Un'amica, che ha assiduamente pregato per la sua guarigione, scrive:

Prima di morire, mi parlò dell'immensa consolazione e della forza cheThe Way le aveva dato. Lo leggeva con tale godimento che dovetti procurarne una copia anche al marito, il quale, pur sentendone parlare continuamente da lei, non riusciva a farselo prestare neanche per un minuto. Parlava della propria morte come di un giorno di festa ormai vicino (...).

Il modo in cui trascorse gli ultimi giorni suscitò grande ammirazione in città: tutti le chiedevano da dove le veniva tanta fermezza. Il Vescovo, in via eccezionale, volle celebrare le esequie e accompagnare il feretro fino al cimitero. Non ho ottenuto il miracolo della guarigione della mia amica, ma sono felice di essere stata testimone della sua vittoria nel prepararsi alla morte con una fortezza cristiana che non venne mai meno negli oltre dodici mesi che durò la malattia.

Un scrittore, ora in esilio, racconta la propria esperienza di prigioniero politico nelle carceri di un Paese a regime marxista-leninista:

Quando giungemmo alla prigione, Monsignore si trovava già lì. Lo conobbi in un piccolo quaderno in cui qualcuno aveva copiato febbrilmente, con una scrittura incredibilmente fitta, i bagliori luminosi dei suoi pensieri. Questo enorme tesoro di forza ci venne offerto fin dal primo momento della nostra prigionia. Il primo anno di carcere è il più duro. Qualcuno si arrampicò fino a me, al di sopra di un mucchio di stracci e di uomini, sul lettuccio che si inerpicava in precario equilibrio al di sopra di altri due giacigli, e mi mostrò quel libro dalla sconcertante chiarezza:Cammino. Non immaginavo allora che avrei passato altri quindici anni in carcere, ma fin da quel momento l'autore mi gridò: "Ti voglio felice (...), perché, mentre 'camminiamo', la felicità consiste proprio nel dolore". Ce lo avrebbe ripetuto altre miriadi di volte, perché volle rimanere in mezzo a noi, e solo noi sappiamo che fu un miracolo: il più bello di tutti i miracoli! Lo sentivamo lì, al nostro fianco, vessato ed umiliato anche lui (...). Il buon Padre stava quasi fisicamente tra di noi, come uno dei tanti prigionieri (...). Oggi, dopo tanti anni, mi affascina ancora la soavità di quella presenza quotidiana. Ogni notte ci sedevamo attorno a Mons. Escrivá e leggevamo nove massime per volta, assaporandole una per una, come i grani di un rosario che si susseguono lentamente. Le commentavamo, le sminuzzavamo e tornavamo a comporle. Di ciascuna facevamo un gradino, un frammento di speranza e di preghiera con cui ci aggrappavamo disperatamente a Gesù (...). E, siccome i giorni e gli anni trascorrevano lenti, ogni sera tornavamo a camminare su Cammino, a camminare con Cammino.

(...) Cento volte lo facemmo entrare clandestinamente, caparbiamente, in prigione e cento volte i guardiani ce lo strapparono. Un giorno me lo trovarono addosso in una perquisizione. Il custode non lo conosceva: "Che cos'è?". "Un libro di preghiera, più o meno". "E tu credi ancora in Dio e preghi?". "E tu ancora no?". Ecco perché preferimmo mascherarlo nei quaderni. Sulla copertina scrivemmo: GRAMMATICA. Nella prima pagina (le guardie controllavano sempre la prima pagina) si cominciava a leggere: "Linguaggio è il modo in cui un popolo esprime le proprie idee, la propria storia, i propri costumi...". E, pochi paragrafi dopo, irrompeva: "Che la tua vita non sia una vita sterile. —Sii utile. —Lascia traccia. —Illumina con la fiamma della tua fede e del tuo amore..."

Fu la voce che gridò in quel nostro deserto. Quando io uscii, essa restò con coloro che restarono: Monsignore è ancora prigioniero. Ed è esiliato, come noi; per noi oggi tutto è passato, ma non possiamo rinunciare a lui e continuiamo a pregare per coloro che tuttora laggiù si siedono ogni notte attorno all'amato Padre e lo ascoltano ripetere instancabilmente: "Ti voglio felice..."

[1] Josemaría Escrivá, Cammino, 23ª ed., Ares, Milano 1988, introd.

[2] Colloqui con Monsignor Escrivá, 5ª ed., Ares, Milano 1987, n. 35.

[3] AA. VV., Estudios sobre Camino, Rialp, Madrid 1988, p. 50.

[4] Mons. Escrivá de Balaguer: un'esemplarità spirituale, "Il Veltro", XIX (1975) 3-4.

[5] Mons. Eladio Vicuña, "El Mercurio", Valparaíso, 22-X-1980.

[6] Cfr. Ernesto Oliviero, Domande difficili, ed. Città Nuova, Roma 1981, p. 13.

[7] "Corriere della Sera", Milano, 13-XII-1989.

[8] Manuel Garrido Bonaño, O.S.B, "Hoja del Lunes", Las Palmas de Gran Canaria, 2-X-1978.

[9] Peter Berglar, "Mi encuentro con josemaría Escrivá de Balaguer", in. AA.VV. Mons. Escrivá de Balaguer y el Opus Dei, ed. Universidad de Navarra, Pamplona 1985, p. 361.

[10] Juan Bautista Torelló, "La espiritualidad deJos laicos", in AA.VV. La vocación cristiana, ed. Palabra, Madrid 1975, p. 61.

[11] J. Sin, "Philippines Daily Express", Manila, 23-VI-1979.

[12] "Corriere della Sera", Milano, 30-VII-1979.

[13] M. Adelaide Raschini, "Studi Cattolici", Milano, novembre 1988, p. 748.

Romana, n. 9, Luglio-Dicembre 1989, p. 262-267.

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