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Discorso del Gran Cancelliere del Centro Accademico Romano della Santa Croce, il 6 novembre 1989, durante l'inaugurazione dell'anno accademico.

Eminentissimi ed Eccellentissimi Signori, autorità accademiche, professori, studenti e personale non docente del Centro Accademico Romano della Santa Croce, Signore e Signori.

Sua Santità Giovanni Paolo II ha voluto concludere la sua recente e luminosa Esortazione post-sinodale Christifideles laici con l'argomento della formazione dei fedeli laici, quale perno fondamentale per rendere operativa la loro "chiamata a crescere, a maturare in continuità, a portare sempre più frutti"[1]. Tale richiamo appare in profonda sintonia con il tema della prossima assemblea del Sinodo dei Vescovi, dedicata per l'appunto alla formazione, questa volta dei sacerdoti. Viene così ribadito che la formazione di tutti i fedeli, adeguata alle loro singole vocazioni e missioni, costituisce uno dei più grandi bisogni del Popolo di Dio in ogni tempo.

Il Santo Padre ha messo in particolare risalto che i fedeli laici "devono essere formati a quell'unità di cui è segnato il loro stesso essere di membri della Chiesa e di cittadini della società umana"[2], riprendendo così e sviluppando l'invito conciliare a quella sintesi dell'esistenza cristiana che l'Esortazione denomina, con parole ben note a molti di noi, "unità di vita"[3]. In quanti abbiamo ricevuto la grazia di ascoltare direttamente, tanti anni or sono, le ampie prospettive che su questa unità di vita ha aperto il Fondatore dell'Opus Dei, Mons. Escrivá, sorge spontanea la gratitudine al Signore per quell'anticipazione degli insegnamenti del Magistero ecclesiastico, che Dio ha voluto dare alla Chiesa attraverso un Suo Servo fedelissimo. Ed è stata non solo un'anticipazione sul piano della dottrina, peraltro tanto ricca, ma anche sul piano della vita, anzitutto quella sua personale e poi quella di tanti, uomini e donne, che beneficiano del suo messaggio di santità in mezzo al mondo. In un'omelia nel campus dell'Università di Navarra nel 1967, egli esprimeva l'esigenza di quest'unità di vita con una di quelle espressioni tanto efficaci che amava usare nella sua predicazione fin dal 1928: "Non ci può essere una doppia vita —egli diceva—, non possiamo essere come degli schizofrenici, se vogliamo essere cristiani: vi è una sola vita, fatta di carne e di spirito, ed è questa che deve essere —nell'anima e nel corpo— santa e piena di Dio: questo Dio invisibile, lo troviamo nelle cose più visibili e materiali"[4].

Il suo sogno di stabilire a Roma un Centro come questo nasceva dalla sua preoccupazione per la formazione dei fedeli, e in particolar modo dei sacerdoti, essendo quella preoccupazione protesa verso l'unità di vita come orizzonte e meta. Ora, quando son già trascorsi cinque anni dall'inizio del Centro Accademico Romano della Santa Croce, possiamo considerare alcune caratteristiche della formazione che esso si è proposto di offrire, proprio per fedeltà al suo disegno fondazionale che si rifà allo stesso Mons. Escrivá.

Anzitutto, si tratta di una formazione che vuol essere aperta a tutti coloro che se ne vogliano avvalere. La missione formativa di questo Centro si estende in primo luogo a quanti costituiscono la sua comunità accademica —la quale, grazie a Dio, continua a crescere ogni anno—, ma ha di per sé uno slancio di apertura verso altre persone e comunità distanti, cui desidera prestare un servizio nell'approfondimento delle scienze sacre. In questo senso ci rallegriamo del collegamento istituzionale instauratosi tra l'Istituto Superiore di Scienze religiose del Centro "Ut unum sint" ed il nostro Centro Accademico. Collaborare in questo ampio progetto di formazione a distanza, promosso con lungimiranza dall'Em.mo Card. Pietro Palazzini, rappresenta una modalità singolarmente efficace di quel sempre auspicabile ampliamento del numero di persone che possano in qualche modo trarre frutto del lavoro scientifico e docente che qui si svolge. D'altra parte, iniziative come quella del primo Corso Internazionale di Aggiornamento Teologico che ha avuto luogo di recente a Bogotá, nella sede dell'Università della Sabana, che lo organizzò congiuntamente a questo Centro Accademico Romano, testimoniano la fecondità della cooperazione universitaria in tali progetti di formazione permanente.

Quest'ultima nota di permanenza, consostanziale ad ogni autentica formazione, deve farsi sempre presente nel lavoro universitario. I primi chiamati a viverla sono gli stessi professori, il cui impegno docente va nutrito da una ricerca incessante. Ne deriva la necessità di uno sforzo prioritario per arricchire i fondi bibliografici della biblioteca e per creare delle condizioni sempre più adeguate per il lavoro scientifico dei docenti, dei dottorandi e degli altri studenti. Constatiamo già con animo gioioso i primi risultati di questo sforzo, destinato ad incrementarsi nell'avvenire.

Un'altra caratteristica della formazione, particolarmente ribadita dall'Esortazione Christifideles laici[5], è quella dell'integralità. L'unità di vita richiede che vi sia un'intima connessione fra i vari aspetti della formazione: spirituale, dottrinale e nei valori umani. La formazione accademica d'indole dottrinale non può portare dei frutti di vera santità ed apostolato cristiano se non va accompagnata e in qualche modo animata dalle altre componenti, a cominciare dalla formazione spirituale. Perciò, l'organizzazione della Cappella universitaria, con le sue varie attività pastorali poste a disposizione dei membri di questa comunità universitaria, è uno dei fatti che più mi muovono a ringraziare il Signore e la Sua Madre Santissima. E con la gratitudine per tutta la protezione che ci hanno dimostrato durante questi ancora brevi anni di esistenza del Centro, unita alla fervida petizione dell'assistenza dello Spirito Santo per il futuro, dichiaro inaugurato il presente Anno Accademico.

[1] n. 57; il corsivo è dell'originale.

[2] n. 59; il corsivo è dell'originale.

[3] Ibidem; anche qui il corsivo è del documento, che si rifà, tra gli altri, a due passi del Concilio Vaticano II: la Cost. past. Gaudium et spes, n. 43; e il Decr. Ad gentes, n.21.

[4] Josemaría Escrivá, Omelia Amare il mondo appassionatamente, in Colloqui con Mons. Escrivá, Milano, Ares, 1987, 5ª ed., n. 114.

[5] Cfr. nn. 59 ss.

Romana, n. 9, Luglio-Dicembre 1989, p. 250-252.

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